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La nave dei folli naviga su cattive acque

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EDITORIALE

La nave dei folli naviga su cattive acque

(Ivan Pozzoni)

 

     La strada dell’iniziativa culturale Limina mentis, iniziata dal riconoscimento, con l’antologia Retroguardie [2009], dello status di esercito in «[…] ritirata verso casa […]» all’arte contemporanea, attraverso l’affermazione dell’urgenza di riedificare una nuova nozione di comunità, contenuta nell’antologia Demokratika [2010], lo svisceramento della tematica civile della «marginalità» dell’arte, nell’antologia Tutti tranne te! [2010], l’ammissione dell’urgenza di un atto di forza, o di netta cesura, dell’uomo / artista, introdotta con Triumvirati [2010], l’esaltazione dell’ideale della frammentazione culturale, definito con l’antologia Frammenti ossei [2011], il desiderio di restaurare i «[…] mondi di carta […]» delle «voci» dei morti, nelle serie di volumi collettivi dedicati alla storia della cultura antica e moderna, o l’esperienza redazionale, comunitarizzante e militante, anti-sistema de L’arrivista, sbocca nelle conclusioni, mai definitive, della monumentale antologia seriale Labyrinthi. La zattera Limina mentis, come nuova forma di resistenza etica / estetica interessata a combattere vecchie e nuove forme di dominanza, naviga, come la Nave dei folli di Bosch, di città in città, di sanatorio in sanatorio, sulle distese marine della «liquidità» post-moderna, muovendosi nei limiti di una weltanschauung artistica totalmente democratica e attenta a sollecitare, nella vita di ogni uomo / artista, la fabbricazione di sistemi di valore idonei a rifondare un dialegesthai comune, nel momento in cui ogni occasione di dialegesthai sia caduta vittima dell’anti-etica concentrazionista di Auschwitz e dell’ideologia funebre della morte delle comunità tradizionali causata da shock anafilattico (su attacco di sciami anti-comunitari); sortendo da una visione della cultura come «costellazione di frammenti», ogni documento / manifesto di Limina mentis si reinventa manuale di astrofisica, orientato a disvelare ogni tentativo d’essere «voce» nell’accecante orizzonte artistico attuale, senza emarginazioni aristocratiche, o manuale d’archeologia, indirizzato a dissotterrare istantanei messaggi d’esistenza, come se fossero stati affidati a graffiti sui muri dei bordelli di Pompei o a commenti artigianali sui bordi dei vasi etruschi.

 

Perché il fatto che tutti scrivano, «andando a capo» o meno, è da considerarsi una cosa negativa? In un mondo senza fondamenta, delegittimata ogni forma di etica, non deve essere lo scrivere una delle àncore di salvezza della democrazia in crisi? Connesso con l’atto anteriore del teorizzare, lo scrivere, accessibile a tutti, stimolando la poiesis (fantasia – inventiva – costruttività) è uno dei modi di riedificare l’idea stessa di comunità. Lontana dall’essere museo, o collezione di quadri d’autore di fama internazionale, ogni iniziativa culturale deve essere incitamento al teorizzare e allo scrivere di tutti, senza concessione alcuna a formalismi elitaristi, nella certezza, tutta cinica, dell’inferiorità di ogni tipo di forma ai contenuti del narrare. Non rischiamo, con discorsi elitaristi, di assumere il ruolo del Vecchio Oligarca della Costituzione degli ateniesi che, in piena guerra del Peloponneso, ricordava con nostalgia i tratti aristocratici dei bei vecchi momenti andati, con l’unico fine di «[…] abbattere la democrazia in Atene […]»?

 

Svincolata da categorie critiche emarginanti, Limina mentis è un’iniziativa aperta ad ogni modalità stilistica, ad ogni esperienza culturale, ad ogni «voce», e, inoltre, forte di una concezione chorastica della cultura: cultura è lògos, area di connessione tra polis e orde barbare, di dialegesthai tra mura e monti, è confusione (cum-fùndere) tra polifonie cacofoniche; nelle abituali incertezze della «vita liquida» si affermano modelli antologici, e storiografici, post-moderni, vicini all’intuizione borgesiana dell’estrema difficoltà di ogni definizione critica («[…] gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche […]»). Limina mentis ha inteso creare un habitat rassicurante, libero dal rumore di fondo della cronaca e della necro-economia, in cui ciascuna «voce», messa a riparo dalle smanie classificatorie della critica, abbia il diritto di cantare, costruendo weltanschauungen etico / estetiche, nell’ostinato tentativo di dare un senso, vivente, alla vuota nozione moderna di «democrazia».

 

Ivan Pozzoni

[L'Arrivista, n.2/2012]

 

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