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Cervello e musica

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Guido Brunetti

Cervello e musica

 

Insicurezza, ansia, disagio, aggressività, individualismo sono i sentimenti che ci accompagnano in questa età dell'inquietudine. E' una società liquida, prevale l'anomia, l'assenza di norme, fatto che fa emergere le pulsioni primordiali e istintive dell'essere umano.

 

Abbiamo bisogno di risvegliare in noi emozioni e sentimenti. La musica è al riguardo un potente strumento capace di muovere l'animo umano e le grandi capacità della mente e del cervello.

 

La musica è l’arte più antica, un fenomeno ancora carico di mistero, che da sempre accompagna l’essere umano nella gioia e nel dolore. E’ un evento complesso che coinvolge sistemi neurali, aree cerebrali, sensi, emozioni e sentimenti.

 

Nella letteratura greca e latina, i riferimenti alla musica riguardano aspetti prevalentemente terapeutici. Gli effetti sedativi e curativi della musica vengono segnalati sin dall’epoca pre-omerica nel mito di Orfeo ed Euridice. Molte ricerche mostrano l’efficacia della musica nel trattamento della follia, della sciatica e dei morsi della tarantola. Altri studi sottolineano il tema sugli effetti positivi nei disturbi mentali, stati di melanconia, pene, paure, affanni e tristezze. Plinio parla del potere musicale nella cura degli strappi muscolari e della gotta.

 

Filosofi, teologi e musicisti hanno fornito dai tempi dell’antica Grecia con Platone e Aristotele molteplici teorie. Sant’Agostino ci ha lasciato un’analisi fondamentale dell’esperienza musicale. Le scienze neurologiche hanno esaminato gli effetti delle lesioni cerebrali nelle attività musicali, dando utili informazioni su aree del cervello implicate nella musica.

 

Il linguaggio musicale, a differenza di quello verbale, non ha alcun riferimento con la realtà. E’ il linguaggio delle emozioni e la sua forza simbolica, come hanno indicato autorevoli studiosi, è legata alla vita affettiva. La musica si riferisce all’essenza, viene prima delle cose, è l’universale anterem, la lingua primordiale che esprime un forte potere metaforico, la “terribilità” del mondo onirico, notturno.

 

E’ stato dimostrato che il suo ascolto può provocare una sindrome neurologica chiamata “epilessia musicogena”. Come abbiamo detto, la musica resta un evento carico di mistero e come tale “impermeabile” (Henson) ad ogni tentativo di analisi scientifica. Essa- ha scritto R.Hooker- è un fenomeno che “delizia tutte le età e si addice ad ogni ceto. Un fenomeno provvidenziale nella gioia e nella tristezza”.

 

Evidenze scientifiche rivelano che le esperienze emozionali suscitate dalla musica provocano variazioni della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca, della respirazione e di altre funzioni neurovegetative. Durante il suo ascolto inoltre si verifica un aumento dell’attività muscolare. Molto intenso è quindi il godimento ricavato dalla musica. “E’ un miracolo la musica, perché- secondo Heinrich Heine- sta tra pensiero e fenomeno, fra spirito e materia”. Essa si situa laddove “il linguaggio termina” (J.Westrup). Arriva ad esprimere “l’inesprimibile, cioè il silenzio” (Huxley). Quel sottile complesso di sensazioni che il linguaggio “non può nemmeno nominare, tantomeno esprimere” (Lauger).

 

Sotto l’impatto di stimoli musicali e delle loro proprietà evocative può accadere un insolito fenomeno: gli stati di estasi, un particolare stato trascendentale di consapevolezza cosmica (Critchley), una sensazione estatica che può comprendere la perdita del senso del tempo, la derealizzazione, la depersonalizzazione e alterazioni soggettive dello schema corporeo.

 

La musica muove i sentimenti e le emozioni. Essa è armonia. L’universo è tenuto insieme da “una certa armonia di suoni”. Aquieta lo spirito e dà sollievo alla mente da tribolazioni e inquietudini. Per Proust, essa esprime tenerezza, passione, coraggio, serenità. E’ il bene più grande che i mortali conoscono ed è, per Addison, “tutto quanto di celeste abbiamo in terra”.

 

Molti autori hanno esaminato gli effetti dei disturbi mentali sulla creatività musicale. L’ipotesi di una relazione in materia risale ad Aristotele, il quale osservò che tutti quelli che eccellevano in filosofia, poesia e in altre arti tendevano ad essere di temperamento melanconico.

 

Sappiamo che Strauss era affetto da ansia fobica, mentre Schumann soffriva di distimia. Beethoven, Berlioz, Lizst, Paganini, Wagner ed altri soffrivano di disturbi della personalità. Nella pratica psichiatrica e neurologica, la musica ha un valore profilattico e terapeutico.

 

A partire dai popoli primitivi, i guaritori usavano la musica per curare le patologie mentali. Si pensava che la musica avesse un’orine soprannaturale. La terapia musicale raggiunge il suo vero significato con Orfeo (1350 a.C.), un cantante-guaritore della Tracia, il quale lodava l’armonia cosmica e riusciva a trattare le passioni umane e curare i pazienti con la musica incantatrice.

 

Nelle teorie di Platone, Aristotele ed altri filosofi dell’antica Grecia, la musica aveva un ruolo importante nel campo dell’educazione, delle relazioni interpersonali, dell’arte, delle cerimonie religiose e della vita pubblica. Sia nell’antica Grecia che nell’antica Roma, i casi psichiatrici venivano trattati con il canto. La stessa medicina araba, a partire dall’ottavo secolo, fu influenzata da queste concezioni. La teoria di un’armonia onnipotente si diffuse nella comunità scientifica dell’antichità, rimanendo valida fino ad epoche recenti. Il principio è che la musica esercita un’influenza profonda sulla personalità dell’essere umano e particolarmente nella sua vita emotiva ed affettiva.

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