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Pensiero moderno, scuola, valori, morte di Dio

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Guido Brunetti

Pensiero moderno, scuola, valori, morte di Dio

 

Viviamo in un’epoca di rapidi mutamenti scientifici, culturali ed economici, i quali hanno portato a considerare superati i valori tradizionali e a sostituirli con un insieme eterogeneo di riferimenti. Questa situazione ha generato una società e una scuola “disorientata”, e una profonda insicurezza nella persona, la quale ha perduto la certezza dei principi fondamentali sul piano culturale, morale e religioso.

 

La frantumazione e la crisi dei valori ha contribuito all’emergere di un pensiero filosofico moderno, che ci propone una concezione dell’esistenza che va nel senso inverso a quella di sant’Agostino.

 

Per il filosofo d’Ippona, la città dell’uomo stava crollando e invecchiando. Di qui, l’avvento della città di Dio. Gli studiosi contemporanei invece stanno rifiutando la città di Dio e il mondo di certezze eterne sotto il peso della scienza e della tecnologia.

 

La parola fondamentale della modernità è “Dio è morto” e nulla lo fa resuscitare. Siamo cioè nel regno dell’umano. Ci sono soltanto umani. Una società quindi secolare, desacralizzata, sdivinizzata. E’ l’abbandono di Dio, delle religioni, del trascendente, dell’anima immortale ed eterna.

 

Il mondo di Dio era un mondo sacro, intoccabile, sicuro. Quello del Dio morto è l’addio al passato, l’umanità si emancipa dal sacro e riconosce che non ci sono più “assoluti”, valori, principi, certezze eterne. Il progresso scientifico è l’obiettivo che si prefigge l’umanità impegnata in questa attraversata del deserto.

 

Con la morte di Dio, l’umanità scopre tuttavia di poggiare sul “nulla”. E’ la teoria del nichilismo, che non è solo la corsa dell’umanità verso il nulla, ma è anche l’emancipazione da un Dio “ingombrante”. Di fronte alla rottura violenta della morte di Dio, l’uomo è in crisi e si trova in una grave condizione di smarrimento, privo com’è di principi e di valori. In letteratura, poi, è emersa l’idea di una ribellione totale al vuoto spirituale e alla crisi della ragione di un mondo alienato a se stesso dal benessere materiale.

 

D’accordo con autorevoli studiosi, riteniamo che l’educazione ai valori sia una delle sfide più importanti per gli insegnanti, gli educatori e i genitori. Cosa allora si deve intendere per ‘educazione ai valori’? Quali sono le sue problematiche? Esistono metodi adatti per educare ai valori? In realtà, il termine valore indica cose molte diverse tra loro, come bene di carattere spirituale o di carattere materiale (la vita, la salute, la proprietà). Valori fondamentali sono la dignità della persona, la famiglia, il matrimonio, lo Stato di diritto, la democrazia, la giustizia. Il bene, il vero, il bello, i principi morali, gli ideali sono definiti “valori eterni”. Valori poi sono le qualità positive che rappresentano punti di riferimento fondamentali.

 

Il tema dei valori riguarda in sostanza un problema complesso e difficile, che è legato ad un intricato processo che il pensiero filosofico e pedagogico ha sviluppato nel tempo. Una prima questione concerne la risposta dell’educazione e della scuola alla crisi culturale moderna nella quale vive la società: crisi dei valori e della morale, crisi delle convinzioni di fede, delle norme e delle istituzioni, crisi soprattutto della coscienza dei valori individuali e sociali. Sono morte le antiche certezze, ma le nuove non sono ancora sorte. Eccessivo individualismo e collasso educativo delle famiglie e della scuola connotano l’epoca moderna.

 

In verità, lo sviluppo impetuoso della scienza e della tecnologia ha portato al riduzionismo materialista, una concezione che ritiene possibile fornire una spiegazione completa dell’uomo in termini puramente biologici e fisici. Il miglior indizio della natura dell’uomo non è la visione filosofica o religiosa o morale dell’essere umano, bensì quella scientifica.

 

Per secoli anima e corpo hanno indicato l’esistenza di due dimensioni (dualismo). Oggi, la scienza sostiene che corpo e anima (mente) sono la stessa cosa, soni identici. La mente è un’espressione del cervello (monismo). Il sapere scientifico è convinto che le antiche concezioni del mondo, la dimensione del trascendente e del sacro, Dio, anima, religioni non sono “indispensabili”.

 

L’aumento del benessere poi “sovraccarica” il nostro potere critico, provocando malessere esistenziale, fragilità interiore, rotture dei legami affettivi e sociali attraverso un incessante bombardamento di stimoli e di messaggi edonisti e narcisisti. C’è dunque l’esigenza dell’educazione ai valori, un nome nuovo per “compiti educativi antichi” (Brezinka). L’educazione ai valori indica una nuova definizione dei compiti educativi, come educazione morale, religiosa, civica, politica, sociale, estetica. Educazione ai valori è educazione ai principi. La scuola non deve soltanto trasmettere conoscenza, ma deve formare i sentimenti, le emozioni, gli affetti, le capacità intellettive, ossia la personalità dell’essere umano, la sua formazione morale. Concetto che sta ad indicare l’insieme delle qualità che abilitano ad agire moralmente bene. Oltre alla formazione morale, occorre tenere presenti le inclinazioni, il senso dei valori, gli interessi della persona, la forza spirituale, i legami emotivi, i bisogni, le convinzioni. E’ il percorso idoneo a superare il razionalismo, la corrente di pensiero che ritiene che la ragione, le capacità intellettive e il pensiero razionale siano sufficienti per vivere bene la propria vita.

 

In questa dimensione, è fondamentale l’influsso esercitato dalla famiglia. L’educazione ai valori da parte dei genitori si basa sui seguenti presupposti: 1. avere una scala di valori chiara e condivisa dai genitori; 2. avere una cultura familiare adeguata e coinvolgente; 3. creare gruppi genitoriali, che abbiano idee e interessi comuni. 4. Purtroppo, è molto diffuso il “lasciar fare” acritico. C’è l’idea sbagliata di “tolleranza”, atteggiamento che è legato all’indifferenza, alla mancanza di legami affettivi, all’assenza di convinzioni morali e spiritual.

 

Base di partenza, valutare le condizioni della personalità e poi creare e perseguire strategie adeguate. Queste devono essere adattate agli obiettivi educativi, all’età e allo sviluppo emotivo e intellettivo del bambino. Autorevoli studiosi inoltre indicano che l’educazione “indiretta” è più efficace dell’educazione “diretta”. Quella indiretta consiste nell’organizzare la vita dell’educando in modo da favorire esperienze ricche di valori positivi. I modelli più importanti sono le figure parentali e gli educatori. L’attaccamento ai valori nasce nei primi anni di vita e prosegue nell’adolescenza. Sta di fatto che in una società pluralista, i valori non possono essere gli stessi per tutti. Tuttavia, è necessario un minimo comune denominatore di ideali e di principi fondamentali da trasmettere ai ragazzi. Promuovere questo obiettivo resta la funzione principale dell’insegnamento”.

 

Finora, non sembra che il nostro Paese abbia trovato la formula della ‘Buona scuola’, i cui problemi (antichi) non sono stati mai esaminati a fondo e che sono esplosi in tutta la loro drammaticità con la pandemia.

Sta di fatto che la scuola proietta un'immagine di vera emergenza sociale. 

 

La diagnosi di molti esperti, docenti compresi, è severa: parlano di "sfascio", "disastro", "degrado". Un decadimento culturale, didattico e metodologico.

Una scuola che ha rinunciato a formare i ragazzi con contenuti e metodi adeguati, snaturandosi e subendo una crisi di identità allarmante. Essa si regge sull'abbassamento drammatico del livello di preparazione, sull' innalzamento artificioso dei voti di profitto e su riforme scriteriate e demenziali, scimmiottando modelli anglosassoni.

La povertà educativa, per molti pedagogisti, è arrivata a livelli inaccettabili. 

 

 

 

 

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