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al testo di Alessandro Vetuli
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L’esistenza una volta Era qualcosa che poteva essere raccontata Dal sassofono del musicista nero in fondo alla strada , Soffio di labbra lacerate che gridano dolcemente nell’ottone Sanguinando con calma , poiché sanno che hanno tutto il tempo per salvarsi. C’è un cappello vicino ai suoi piedi Un salvadanaio foderato che d’inverno tiene caldo , Ora preme i tasti , cambia nota , cambia vita I suoi occhi si venano d’oro e di bianco Mi sta guardando…Ora ha visto chi sono , sa cosa sono E cosa provo. Tu sei in grado di ingravidare il mare Con questi suoni , Con queste voci di orfani abbandonati Sotto un rosso cielo californiano Lui impugna il suo annaffiatoio dorato a bocca Fecondando l’albero immobile del silenzio Facendo crescere frutti Dentro ai quali possiamo vedere i corpi nudi di calde donne africane E possiamo vedere le nostre più intime concupiscenze Questa sfiatante narrazione Che parla dei fiori della notte Degli addii , della morte dei poeti Dell’orecchio di Van Gogh Della fame nel mondo Dei coralli , delle urla Dell’assistere a un parto , degli occhi dei bambini Della malattia , della fata dai capezzoli azzurri Della fede perduta , delle scarpe colorate con lo stesso colore delle foglie in autunno Della chemioterapia e del tramonto invernale , Guardato con chi si ama nella semplicità d’una tazza di cioccolata calda , Si conclude con una custodia che si serra Mani scure portate al petto per l’inchino E dita intorpidite per aver premuto troppo i tasti dell’angoscia Che hanno permesso a questi sogni Di fluire liberi nell’aria Credo di doverti se non dei soldi , Almeno una poesia per questo. |
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