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Intervista sulla situazione italiana di oggi

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Thema
Siamo orgogliosi di essere italiani?

Questa domanda sorge in continuità con le difficoltà e i successi presenti nella storia
del nostro Paese emersi dalle riflessioni fatte in questo anno del 150° dell’Unità
d’Italia. La valenza storica di quest’anno e gli eventi promossi per evidenziarla hanno
infatti invitato al richiamo delle radici comuni sia dal punto di vista istituzionale che
da quello culturale, cercando di spingere ogni cittadino verso una maggiore profondità e
consapevolezza di cosa significhi essere italiani.
martedì 27 dicembre 2011
La voce dell'artista: la poetessa



NINNJ DI STEFANO BUSA' scrittrice, giornalista, critico, poetessa

D: Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come
l’Italia?
R: Essere italiano in questo periodo storico vuol dire “arretratezza strutturale,
formale, e di pensiero”: lo schema è piuttosto piatto, non si notano scatti d’ala, dovremo
aspettare i risultati di quest’ultima pletora di burocrati e tecnocrati per visualizzare
un qualche movimento che regoli il meccanismo inceppato. Troppo e per troppo tempo,
abbiamo sottovalutato le inadempienze, le incongruenze, la burocrazia, l’inefficienza del
sistema-Italia. Abbiamo perso il treno. Per il momento siamo fermi sul binario in attesa
che ne passi un altro. E questa volta, badare bene di non perderlo, perché sarebbe la
fine. La verità è che non si affrontano i problemi dal lato strutturale, non si aggiustano
le situazioni, non si effettuano tagli equi, si fanno arrangiamenti che toccano solo le
tasche dei poveri cristi, sempre gli stessi, in barba ai miliardari che hanno patrimoni
ingenti e godono anche dello “scudo fiscale”.

D: Che cosa ritiene identifichi l’essere italiano, l’appartenere ad un Paese come
l’Italia?

R:Il nostro è un Paese meraviglioso invidiato da tutti, (disprezzato, magari, dai più che
non hanno le nostre stesse qualità, fantasie, bellezze...): siamo un popolo grandemente
solidale, tollerante e generoso e su queste formule dobbiamo riappropriarci della nostra
vera identità, rifarci il buon nome sbiadito e tirare innanzi, ancora una volta, come se
fossimo usciti da un’altra grande guerra, questa volta quella economico-finanziaria fatta
di Btp di Bond, di Spread, una finanza in mano ai magnati, alle banche, ai grandi
speculatori, ai poteri occulti.

D: Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgogliosa di appartenervi?

R: Per me, l’orgoglio di essere cittadina italiana si è andato stemperando, ormai siamo
incorniciati come un popolo di mentecatti, di buonisti ad oltranza, di succubi. La parte
migliore di noi ci dice di non arrenderci, ma sarà sufficiente dire no e basta, ma poi a
chi lo gridi? Nessuno ci crede più, a chi rivolgere quindi il proprio NO?
Fin’ora ogni governo ha fatto la sua strage, il suo danno irrimediabile.Saprà questo
Governo provvisorio, fatto ad hoc per la circostanza, venuto dal nulla (alieno alla
politica ufficiosa e spocchiosa, alla casta disonorata e corrotta (molti deputati
inquisiti o finiti nelle maglie della giustizia) a programmare un capovolgimento di
situazioni ataviche, di immobilismi secolari, di veti incrociati, di congreghe
cronicizzate, di malavita, di corruzione, di malagiustizia?

D: Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare?

R:Molte, troppe cose deludono di questa Italia indolente, pasticciona, inerte, arretrata,
fatalista, che sembra aver sempre creduto che i problemi li risolvano gli altri o, peggio,
si risolvano da soli.

D: Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia?

R:Essere Italiani oggi non è un vanto. Ma dobbiamo sperare! sperare! La speranza non
muore, si piega, ma non si spezza. Traduciamo dunque il pessimismo in moderato ottimismo,
guardiamo al bicchiere mezzo pieno, anziché a quello mezzo vuoto. E che Dio ci aiuti, ce
la mandi buona. L’uomo poco prima di sprofondare ha sempre fatto un passo indietro per non
inabissarsi. Staremo a vedere.

D: Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono?

R: Una delle ricette possibili è quella di rimboccarsi le maniche, non essere schizzinosi
coi lavori più umili e comuni, amare la terra e i suoi derivati (quindi un ritorno magari
parziale a coltivare la terra degli antenati), per non farci sovraffollare il territorio
da una pletora sempre più enorme di immigrati, che aggiungono la loro miseria alla nostra,
portando i loro guadagni fuori dall’Italia, alle famiglie lontane. I tempi sono finiti: le
vacche sono state munte a tal punto da non avere più le mammelle. A buon intenditore!...

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