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Mamma, sono un autistico

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Mamma, sono un autistico, non un autistico dell’azienda trasporti municipale

so che nel tuo cuore di madre hai sempre sognato di sistemarmi da statale,

senza la preoccupazione del cartellino da timbrare e della disoccupazione

a fare diciotto ore a settimana, tre mesi in ferie, con l’ansia di defiscalizzare la ripetizione.

 

Mamma, sono un autistico, la sfiga ha deciso di incoronare, me, scrittore

no, ma’, non scrivo rimedi terapeutici, senza fattura, come il dottore,

ti ho spiegato cento volte che mi occupo di endiadi e allitterazioni

dialogo, ogni notte, coi fantasmi e comunico coi marziani,

e, oramai, come il Villa, no ma’, non il prestinè di via Mentana

mischio latino, dialetto, italiano medio da navigata cortigiana.

 

Mamma, sono un autistico, discetto in distico, o in anapestico,

ma va’, che hai capito, non sono mica diventato spastico,

al massimo flessibile ed elastico, lo dice anche la troika,

sbattuto nella vita con un razzo come fossi Laika,

vittima della mancanza di comunicazione dell’ambiente artistico

inchiodate, all’incontrario, sul mio cenotafio l’epitafio: «Qui giace un autistico»,

siccome nessuno riesce a prendermi in qualsiasi verso

o ma’, nun scassà o’cazz, sono un diverso.

 

[Cherchez la troika, 2016]

 

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