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al testo di Benny Nonasky
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Dopo le nuvole deflagra il sole deflagra il sole ed è nitidezza.
Certo: basterebbe sfiorarti con gli occhi, immaginarti in una scheggia di vetro, costringere Omero alla computa direzione, valicando onde e superflui assassini e consegnarmi a te, da nome a nome; sostanze che si avvolgono alla sera e piangono.
Piangiamo piccoli rospi e sentimenti. Piangiamo.
Una volta, quando gli ingranaggi non si perdevano tra le voci, c’era luce nella stanza. E nella foresta dietro la finestra dei bambini. E nei bambini un continente. E quando i fiumi scendevano a valle: ecco il Pianeta verde, ecco il Pianeta mare nell’incastro d’un bacio; quasi come sfiorarsi; quasi averti.
In questo tripudio di elementi semplice si è accasciato corposo il buio. Costruisce ciminiere intorno al corpo il buio. E la foresta collassa. Senti che sta salendo destabilizzando la meccanica cardiovascolare: ogni ordine, ogni sussurro nel castello sospeso – entrare nelle tue camere, ascoltare il tuo sonno dirti a mezza voce che sto cadendo se sono nel vuoto se non accendi il fuoco dei tuoi occhi sto cadendo dov’è corposo il buio e sale fumo a nascondere il cielo così dissolto in altro e altrove furioso, criticando il dolore del rimpianto salivando odio sulla mia bocca livida divorata da ciò che sei e non ho se non accendi il fuoco dei tuoi occhi.
Mi sarei dovuto soffermare di più sui dettagli e impazzire: distruggere la stanza, motivare qualsiasi dialogo assopito nella vita. Correre tra gli scogli. Non irrigidirmi. Galleggiare pur sentendo il silenzio che falcia intorno un’eternità e noi. Disperato. Piangendo.
Piangiamo piccoli rospi e sentimenti. Piangiamo.
Io asciugo il tempo e deflagra il sole sui corpi infelici.
Tu apri ogni via di fuga. Tu chiudi ogni via di fuga. Tu abiti in me. Tu abiti oltre.
Non sei penna o luna: mi sto stringendo al petto un’assenza.
Salite. Salite bambini e portate in cielo il fuoco dei suoi occhi. Lasciate che incendi qualsiasi artificio e sia alimento per ogni strato comportamentale. La foresta deve tornare a parlare. La foresta deve continuare ad avvolgerci.
Bambini, c’è sempre la sua voce a trafiggere gli ingranaggi del cuore. Lei non conosce malinconia. Le sue foglie sono montagne innevate che il vento sconvolge e armonizza e tremo.
Bambini, io faccio fatica a non impazzire:
ho visto ogni giorno il mondo accasciarsi davanti ai suoi occhi e piangere. |
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