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Odio Mishima e Majakovskij

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La lettera che ti ho spedito ieri

non è mai arrivata a destino

era la più triste dei canzonieri

sarà la sfiga, sarà il declino.

 

Odio Mishima e Majakovskij

hanno avuto il coraggio, la nostalgia

il nichilismo di Bukowski,

di non ricoverarsi in cardiologia.

 

Lombardia mia, Lombardia in fumo

respiri Tavor Valium e Serenase

che fanno bene all’epitalamo

sempre presenti nei nostri beauty-case.

 

La lettera che ti ho spedito oggi

non so se è arrivata a destinazione

l’ho cercata invano tra i necrologi

dei morti vittima di distrazione,

l’ho cercata tra le lapidi mortuarie

tra i morti senza informazioni intestatarie.

 

Odio Majakovskij e Mishima

hanno avuto la forza e le mani

senza alcun filosofema

di scrivere la lettera di domani.

 

[inedito, 2024]

 Ivan Pozzoni - 09/06/2024 00:35:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Cara Danielith,

Io SONO entrato nella storia della letteratura e vorrei rimanerci. Il destino è nelle mani di Visnu e, sinceramente, non so, magari sarò dimenticato in vent’anni e riscoperto tra duecento. L’importante è tentare. Poi, io sarò morto, si spengono le luci, gli amici se ne vanno, e tutto ciò che ho fatto non avrà significato alcuno.

La mia strategia è semplice: essendo io, di natura, molto complesso - come uomo, come artista, come storico della filosofia- scrivo versi e saggi molto complessi, dedicati ad interlocutori molto abili a decodificare la complessità. Chi - da mille anni- decide cosa è arte e cosa è De Girolimoni? L’università, accompagnata dalla critica letteraria. Non il <pubblico>. Il <pubblico> non è mai contato niente dalla Grecia antica a ieri sera. Pregasi di leggere un testo assolutamente indispensabile a comprendere il concetto di morte e inutilità del <pubblico>: <Bruno Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Laterza, 1995>. Quindi, il <pubblico>, che tra l’altro nel Tardomoderno ha smesso di esistere, non decide cosa è arte. Le grandi case editrici? Producono testi di consumo, che saranno dimenticati tra dieci anni. Rimane l’Università, accompagnata dalla critica letteraria. L’accademia, di cui mi onoro d’essere parte, decide cos’è arte e cosa non è arte. Le biblioteche universitarie conservano i volumi che rimarranno nella storia (a meno che non brucino tutte contemporaneamente).

Io ho centinaia di menzioni in volumi, manuali universitari e volumi di critica letteraria. Ho avuto centinaia di recensioni da artisti/critici/docenti come Spagnuolo, Rizzacasa, Damiani, Tedeschi, Alaimo, Piselli, Linguaglossa, Troisio, Pieri, Passini, Benassi, Melillo, Pardini, Piazza, Festa, Pirrera, Apolloni, Contiliano, Montagnoli, De Palchi, Ranieri, Villalta, Pontiggia, Langella, Arminio, Anelli, Fontanella, Palladini, Kemeny, Saveriano, Bettarini, Amorese, Ruffilli, Attolico, Panetta, Lagazzi, Éderle, Romano, Ferrari, Calamassi, Vaccaro, Bolla, Soldini, Guarracino, Bertoni, Papa Ruggiero, Onofrio, Almerighi, Balestriere, Panetta, Fresa, D. Alvino, G. Alvino, Seri, Ramberti, Ladolfi e Manzoni.

I miei volumi stanno in tutte le biblioteche universitarie italiane e nelle biblioteche straniere di Harvard, Yale, Oxford, Cambridge, Princeton, Eaton, Stanford, Berkeley, Sorbonne, Zentralbibliothek Zürich, New York University, Bayerische Staatsbibliothek, Universität Erlangen-Nürnberg Bibliothek, Bibliothèque nationale de France, Bibliothèque interuniversitaire Sainte-Geneviève, Staatsbibliothek zu Berlin, New York Public Library System, University of Toronto Library, Library of Congress, University of Michigan, Marquette University Library, University of Chicago Library, Cornell University Library, Northwestern University, University of Minnesota Twin Cities, University of Illinois, University of Georgia, University of California Los Angeles, The British Library, Universitätsbibliothek Universität Hamburg, Sistema Bibliotecario Ticinese, Weimar Bibliothek, Württembergische Landesbibliothek, Universitat de Barcelona, National Library Information System of Slovenia, Universidad de Navarra, Utrecht University Library, University of Notre Dame, University of Cincinnati, Defra, The American College of Greece di Atene, Universität Konstanz, Université Grenoble Alpes, Universitätsbibliothek Freiburg, Université Lumière de Lyon, Universität Augsburg Bibliothek, Universitätsbibliothek Heidelberg, Universitätsbibliothek Koblenz, Université de Reims Champagne-Ardenne Bibliothèque universitaire, Université d’Orléans, Maastricht University Library, Universitätsbibliothek Leipzig, Royal Library of Belgium, Universiteit Antwerpen, University of Twente Library, Bibliotheek Universiteit van Amsterdam, University of Westminster Library, Universidad del País Vasco, Universitat de València, University Library of Southern Denmark, Universidad de Alicante, Cardiff University, Royal Danish Library Copenhagen, Biblioteca de la Universidad Complutense de Madrid, University of Manchester Library, University of Edinburg Library, University of Skövde Library, Lebanese American University Libraries Beirut, National Library of Israel, American University of Kuwait, British University in Dubai, Bibliothèque de l’Université de Montréal, Stony Brook University, Biblioteca di Helsinki.

Il mio Anti-Manifesto è stato firmato da trecento intellettuali, incluso Umberto Eco. I movimentisti della mia NeoN-avanguardia sono un migliaio.

Io direi che la strategia è in atto: non mi è dato conoscere i risultati futuri.

Serenase/beauty case - come mi scrisse una volta De Palchi- è semplicemente geniale. Trovami una rima con Serenase che rappresenti, meglio di beauty/case, il bersaglio della mia critica: Lombardia mia, Lombardia in fumo, cioè la Brianza delle ciminiere e delle aziendine, la Milano dello star system. Cosa c’è meglio di beuty-case a rappresentare la vanità della Milano da bere? Il beauty-case, simbolo della bellezza, del fascino, dell’attrazione, di una Milano fatta di escort e discoteche, è condannato a contenere il Serenase, sinmbolo del dolore, della malattia, della disgrazia. Tu come avresti dipinto questo concetto? La rima non è mai a caso, deve rappresentare una continuazione del messaggio.

Poi,

ieri/canzonieri
destino/declino (avevi ragione tu)

Majakovskij/Bukowski
nostalgia/cardiologia

fumo/epitalamo (spezzo la gabbia rimica del testo)
Serenase/beauty case (geniale)

destinazione/distrazione
mortuarie/intestatarie

Mishima/filosofema
mani/domani

Direi, una gabbia rimica, spezzata al cento, abbastanza normale. Poi, certo, trovare rime con Mishima, Serenase, Majakovskij è da coglioni. Mi ci metto io in queste situazioni folli. Per questo sono un grande artista. E io godo immensamente a ripetere: sono un grande artista. Perchè fa incazzare disumanamente i colleghi e i poeti mediocri che, di nascosto, leggono questi miei interventi. Le visualizzazioni della pagina sono 1325. Io so chi spia e che scrive commenti negativi su altri cento siti su cui sono stato ospitato, beccando immediatamente una serie di jab destro, jab sinistro, uppercut e ko alla I ripresa.

Perchè siete solo in cinque a commentarmi? Perchè molti altri mi conoscono da anni, e evitano di commentare, in vista di evitare di ricevere la scarica di jab/jab/uppercut che hanno beccato anni fa. Moltissimi, non capiscono mezzo verso di ciò che scrivo. L’unico in grado di commentarmi è l’amico Raffaele Piazza, che noto assai attivo con le sue Alessie nel sito, e che mi ha recensito molte volte in rivista. La recensione in rivista è un commento interessante. Il commento su un blog o su un sito mi acchiappava a trent’anni.

L’irriverenza di un’intera vita culturale: cambia moltissimo...

 Lilith50 - 08/06/2024 19:00:00 [ leggi altri commenti di Lilith50 » ]

Quindi fammi capire, vuoi entrare nella storia della letteratura? Il mio discorso era molto più semplice. Ho letto la tua poesia una prima volta e mi sono detta che c’era qualcosa che non andava. Allora l’ho riletta una seconda volta ad alta voce e al mio orecchio suonava stonata per via di alcune rime. Serenase beauty- case è bruttina anche se, come l’hai messa giù tu, trovare una rima con serenase era un’impresa. Mi chiedo, a questo punto, se la rima sia tutto in poesia. Io sono una che, in questo caso, legge. Poi i riferimenti e le citazioni nel tuo testo non mi sono sfuggite, sia chiaro. Non sono laureata in lettere, sebbene figlia di un’insegnante di lettere, ma qualcosina la so. Scrivi per quel 0.001% ma quel 0.0…che tu dici è presente in questo sito. Perché, allora, siamo solo in due a commentarti?
Poi, ripeto, apprezzo l’irriverenza di alcune tue poesie.

 Ivan Pozzoni - 08/06/2024 03:01:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Male,
nella canzone Morire, Giovanni Lindo Ferretti ripete il mantra

<Lode a Mishima e a Majakovskij
Lode a Mishima e a Majakovskij
Lode a Mishima e a Majakovskij
Tu devi scomparire anche se non ne hai voglia
E puoi contare solo su te>

Io odio Mishima e a Majakovskij, perché hanno avuto coraggio, col suicidio di mettere fine alla loro carriera artistica e letteraria. Il suicidio come forma di dichiarazione della morte dell’arte, della scrittura, dell’inesistenza del <pubblico>. Odio Mishima e Majakovskij. Loro hanno avuto il coraggio di chiudere definitivamente con l’arte. Questo coraggio io non ce l’ho avuto.

La lettera di oggi è una A, una B, una C. Sono le lettere della <forma-poesia>, travolte, all’insaputa del 99% di voi, dal cambiamento di era e dalla krisis del mondo occidentale (<la crisi del mondo occidentale/è crisi del mondo occipitale>). La lettera di domani è il famoso linguaggio <alieno> che condurrà la <poesia> contemporaneissima dall’evo moderno, all’evo Tardomoderno. La costruzione di un linguaggio <alieno> è stata tentata in Italia da Luciano Troisio (+) e da Stefano Amorese (Faraon Meteoses).

C’è il mio solito modo - amato dai critici- di utilizzare termini di ambiti totalmente diversi, con molta competenza. <Tavor Valium e Serenase>. <Epitalamo>. Sfido chiunque a riuscire ad inventarsi la rima Serenase/beauty-case.

Odio Majakovskij e Mishima
hanno avuto la forza e le mani
senza alcun filosofema
di scrivere la lettera di domani.

Io odio Majakovskij e Mishima: col loro suicidio hanno messo fine all’arte moderna e, con la morte, hanno avuto <forza> e <mani> di scrivere la lettera di domani (il linguaggio <alieno>). Avrei voluto essere riuscito io. Che, a differenza loro, non sono un eroe. Sono un Guastatore: il mio compito è fare tabula rasa della <forma-poesia>, annientare <dilettanti> e <mestieranti>, segnalare l’inesistenza di un <pubblico> della poesia e del romanzo, e altre cose (ricordate nel mio Anti-manifesto). Scrive Linguaglossa: <Ennio Abate pone il problema della continuità / discontinuità? Penso che Pozzoni non si ponga nemmeno questo problema; il problema della tradizione e dell’antitradizione? Pozzoni non se lo pone nemmeno. Vuole fare il guastatore, va con le cesoie per spezzare il filo spinato che il Novecento ha posto a difesa dei fortilizi della Tradizione e del Canone, tutte parole grosse che designano un significato preciso: i rapporti di potere che sotto stanno e sottendono i rapporti di produzione tra le istituzioni stilistiche maggioritarie. Pozzoni, a mio avviso, fa bene a buttare tutto all’aria e a carte quarantotto. Non ha nulla da perdere perché non c’è nulla da perdere>.
Questo è stato il mio compito, e coi miei versi l’ho condotto a termine. Io ho <tagliato il filo spinato della tradizione>, adesso sono altri grandi poeti che dovranno uscire dalle trincee e andare alla carica.

Questa è un’<anti-poesia> che affronta i temi del suicidio dell’arte, della morte del <pubblico>, dell’importanza di costruire un linguaggio <alieno>, dato che, nel Tardomoderno, è saltato il trinomio soggetto/verbo/complemento oggetto.

La lettera che ti ho spedito oggi
non so se è arrivata a destinazione
l’ho cercata invano tra i necrologi
dei morti vittima di distrazione,
l’ho cercata tra le lapidi mortuarie
tra i morti senza informazioni intestatarie.

La <forma-poesia>, la lettera della modernità, non è arrivata a <destino> e si riconnette a termini mortuari <necrologi>, <morti>, <lapidi>, La scrittura moderna, fondata sul trinomio soggetto/complemento oggetto/verbo è deceduta.

Questa <anti-poesia> - che non è una delle mie migliori (a mia opinione un grande poeta scrive 500 testi di merda e 10 testi indimenticabili)- dichiara chiaramente che il neo-capitalismo nomade utilizza ogni mezzo utile a neutralizzare la <forza> e le <mani> che dovranno scrivere la lettera di domani (linguaggio alieno):

Lombardia mia, Lombardia in fumo
respiri Tavor Valium e Serenase
che fanno bene all’epitalamo
sempre presenti nei nostri beauty-case.

La rima è anomala: epitalamo/fumo non è rima Serenase/beauty-case è rima geniale. Giorgio Linguaglossa scrive:

<Pozzoni riesce meglio quando abbandona la griglia in rime che non riesce in quanto troppo telefonata, mentre riesce molto meglio quando si libera della forma-poesia […]>.

E io, alternando rima a non rima, mi libero della <forma-poesia>.

L’<anti-poesia> non deve essere passione. L’etimologia del termine passione è molto chiara: esso è riconducibile sia al participio perfetto del verbo latino pati, passus che significa letteralmente sofferto, sia al greco πάθος (pathos) che racchiude anch’esso il senso della sofferenza, ma indica inoltre una forte emozione.
Per tale motivo passione indica sia un momento di profonda sofferenza, contrapposto al λόγος (logos). L’<anti-poesia> deve essere eversione/sovversione, lontana ad ogni forma di sofferenza leopardiana - Leopardi fu un mediocre <poeta> e un grandissimo filosofo-, deve essere categoricamente λόγος. La fuzzy logic deve guidare la scrittura malata terminale. Quindi è una <anti-poesia> con fortissima dimensione culturale (λόγος). La <pseudo/poesia> fondata sull’emozione, sul pathos, e svanita da trecento anni, col romaticismo, sotto l’attacco dell’Illuminismo e delle neo-avanguardie di ottocento, novecento, e duemila (nel duemila c’è anche la mia NeoN-Avanguardia). Io non scriverei mai minchiate come:

Per gioco sfioro
le campane dell’uscio:
fruscio d’assenza.

Niente traspare
questa notte nel buio:
solo un respiro.

Piccole mani
muovono nella notte
luci segrete.

Non scriverei mai minchiate di questo genere, che sono scritte dal 90% dei <dilettanti> della scrittura. Che scrivono haiku, che non significano un cazzo.

Io faccio arte. L’arte non è <improvvisa illuminazione>: è fonte di studio serrato, di analisi delle moderne teorie dell’argomentazione, della comunicazione, della interpretazione, della neuroestetica/psicoestetica, della sociologia dell’arte di Lipovetsky, della new sociology, delle new epistemology, della semiotica pragmatica, dell’estetica di Baudrillard e di Debord. Se non fai questo, non fai arte. Scrivi a cazzo: e, stranamente, sono tutti in grado di scrivere a cazzo. Ma chi entra realmente nella storia della letteratura sono lo 0,001% dei <poeti>. Gli altri hanno scadenza: mai letti, macerati e dimenticati.

Cosa significa <avere un rapporto carnale con i miei versi>? Che te li scopi? Beati loro. Non è arte: è pathos. Patetico [der. etimologica].

Io ti ho chiesto di spiegarmi la mia <anti-poesia>, che non ti era molto gradita, e tu avresti dovuto scrivere ciò che ti ho scritto io, con una interpretazione dettagliata di ogni singola stanza. Semplicemente non ci sei riuscita. Perchè? Perchè non avevi compreso il significato dei miei versi. Succede col 99% della popolazione mondiale. Perchè? Perchè io, facendo arte, scrivo all’1% della popolazione in grado di comprendermi (accademia e critica letteraria). Sinceramente del <pubblico> non me ne frega niente, perchè è morto il secolo scorso. Quindi non scrivo ai morti. Parlo coi morti, come filosofo. Ma non scrivo ai morti. Io, dei miei tredici libri, ho venduto circa 25.000 copie, con case editrici secondarie. Sinceramente non so come io abbia fatto: il mio obiettivo era stampare 200 copie e distribuirle a docenti universitari e critici letterari. I 25.000 non hanno capito niente (salvo alcune eccezioni, immagino). Chi ha il diritto/dovere di stabilire cos’è arte e cosa non è arte, fortunatamente, rimangono accademia e critica letteraria. Non lettori o followers. Quindi io mi indirizzo esclusivamente alla accademia e critica letteraria: e mostro, con estrema antipatia, <ostentazione della cultura>. Perchè <poesia> è arte, e arte è cultura. Se non sei all’altezza c’è un metodo efficace: studiare, studiare, studiare (<Studiuj, studiuj, studiuj>, mi raccomandava Bauman come conclusione costante delle sue lettere/email). Con l’emozione, il pathos, vai a San Remo o diventi un trapper.

 Lilith50 - 07/06/2024 19:17:00 [ leggi altri commenti di Lilith50 » ]

Non mi servono gli aiutini. Majakovskij mi piace, i CCCP un po’ meno.
“La lettera di oggi e la lettera di domani” mi fa pensare all’almanacco. C’è ostentazione della cultura nel tuo testo. La stessa rima gli fa perdere di forza. Sarà che sono passionale, non ci sento passione. Io ho un rapporto carnale con i miei versi. Magari è un mio limite.

 Ivan Pozzoni - 07/06/2024 15:21:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Non decolla.
Spiegami - la tua opinione- il significato nascosto sotto il formato multilevel dell’<anti-poesia>. La rima è tutto, se non usi una gabbia metrica: deve dominare il ritmo, che, se usi un endecasillabo o un settenario, che contengono il ritmo in se stessi. Il verso libero senza rima è - come l’ho definito in alcuni miei versi- <verso libero/liberi tutti>. Di Majakovskij non mi preoccupo: un critico letterario - non mi ricordo chi, sinceramente, forse l’ordinario Nazario Pardini, mi equiparò a Majakovskij. Quindi siamo alla pari. Mishima - ammetto- come romanziere non è raggiungibile; come <poeta> e come saggista è di livello nettamente inferiore. Però - a prescindere da questo confronto - la mia <anti-poesia> non desidera confrontare i miei versi ai loro. Li usa come esempi.

Dai, spiega: ti anticipo tre aiuti: 1. Gli esempi di Majakovskij e Mishima hanno valore esemplificativo dello stato della poesia contemporanea; 2. Giovanni Lindo Ferretti; 3. La lettera di oggi e la lettera di domani.

Poi, mettiti il cuore in pace: il <pubblico> della poesia e venuto meno a fine secolo scorso. Quindi, coi miei versi, non dialogo con un <pubblico>.

 Lilith50 - 07/06/2024 14:53:00 [ leggi altri commenti di Lilith50 » ]

Danilith?! Cos’è? Una marca di yogurt?

Il palloncino sgonfio sta per “questa poesia non decolla”. Lo so che è una poesia triste ma la rima usata così la rende ancora più triste. Sarà che la rima a tutti i costi è sempre quella sbagliata. Io, poi, non scrivo in rima da un paio d’anni. E poi…mai nominare i mostri sacri. La poesia è tua. Che c’entrano gli altri Poeti.
Però mi hai risposto. E non dire che non ti frega niente. Arrivare a chi legge è importante. La poesia andrebbe restituita a chi la legge, altrimenti resterà una lucertola che guarda il mondo da un’intercapedine e nessuno riuscirà ad afferrarla.
Però mi hai risposto (sorrido).

 Ivan Pozzoni - 07/06/2024 12:28:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Non sono il leone feroce di otto anni fa/
che avrebbe recuperato la lettera incendiando con una bottiglia Molotov i depositi dell’SDA.

Ho scritto un haiku, come ogni <dilettante> che si rispetti.

In fondo, Danilith, che me frega: ho smesso di scrivere dal 2020. Ti sembra il caso che io riinizi ora.

Non mi è chiara la storia del palloncino sgonfio. Dici che è una <anti-poesia> profilattica?

 Ivan Pozzoni - 07/06/2024 12:28:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Non sono il leone feroce di otto anni fa/
che avrebbe recuperato la lettera incendiando con una bottiglia Molotov i depositi dell’SDA.

Ho scritto un haiku, come ogni <dilettante> che si rispetti.

In fondo, Danilith, che me frega: ho smesso di scrivere dal 2020. Ti sembra il caso che io riinizi ora.

Non mi è chiara la storia del palloncino sgonfio. Dici che è una <anti-poesia> profilattica?

 Ivan Pozzoni - 07/06/2024 12:19:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Sai che ci riflettevo ieri? Sì, in effetti la ripetizione di rime con lo stesso termine non "suona bene". Però: 1. Tendenzialmente me ne frego delle regole stilistiche e non mi interessa che i miei versi "suonino bene (non sono au accademico o un atelieriano); 2. I termini non sono lo stesso: a. <destino>, come destinazione; b. <destino> come sorte.
D’altronde non mi veniva in mente nessun altra rima con <destino> (che, chiaramente, si incastrasse nel significato del testo). Cestino? Bambino? Accendino? Bocchino? Tu cosa metteresti?
A me è venyuta in mente la locuzione, <il declino>. Cioè, intendo, siccome c’è il termine <sfiga> che possiamo identificare con <destino>, non mi sembrerebbe scorretta questa nuova stanza:

La lettera che ti ho spedito ieri
non è mai arrivata a destino
era la più triste dei canzonieri
sarà la sfiga, sarà il declino.

Nel senso: il mio messaggio è fermo nei depositi di Poste italiane, erano versi tristi. Sarà che sono stato sfortunato, sarà che non sono il leone feroce di otto anni fa (che avrrebbe recuperato la lettera incendiando con una bottiglia Molotov i depositi della SDA).

Suona?

 Lilith50 - 07/06/2024 07:02:00 [ leggi altri commenti di Lilith50 » ]

Un palloncino sgonfio non vola. E la ripetizione “destino” nella prima strofa è un graffio nell’orecchio. So che il tuo Ego potrebbe averne a male ma sono sincera.

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