LaRecherche.it
Scrivi un commento
al testo di Maria Pina Ciancio
|
|||
Memoria e verità di un plurale femminile nella poesia di Rosa Rivelli
E’ dedicata alle sue sorelle, donne come lei, più o meno fortunate e dalle piccole gioie desiderate o derubate questa raccolta poetica, con cui Rosa Rivelli inizia il suo cammino poetico condiviso. La sua poesia germoglia tra i tanti silenzi di vita, tra quei graffi dell’interno che tante donne mogli/madri/bambine si portano dentro, in questa società in cui vive imperante il mito carnefice del “maschio” (del dio Maschio) inventato dai maschi perché “non c’erano donne/ quando un’allucinazione concepì/ senza orgasmo il suo condannato”, colui che con l’imbroglio e la menzogna, con la prepotenza e la forza ha derubato per sempre la loro gioia del cuore “mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie,/ nessun essere si immagini/inchiodato nudo di abbandono”. Resta in ascolto Rosa Rivelli. In ascolto di un mondo che la circonda fatto di storture e sofferenze, mancanze ed assenze, imparando a riconoscere “l’odore della belva/ pronta ad azzannare”, senza dimenticare “la luce del sole nell’azzurro/ che si è appena svuotato di neve”. C’è denuncia dentro i suoi versi, richiesta di attenzione e di rispetto per quella dignità “femminile plurale” presa a morsi dalla vita, ma anche bisogno forte di sorellanza, di richiamo alla tenerezza, alla bellezza rarefatta e onirica del sognodai gesti semplici e rari, come semplice e raro è il titolo altamente poetico che dà voce all’intera raccolta.
* Neppure un titolo
Tragica castità vestita di nero spinge artigli su corpi bambini.
Infuria la pazzia del possesso che uccide, spaccato d’obbedienza coatta.
Orfani di rivolta tacciono i burattini del solo dio maschio inventato da maschi.
Non c’erano donne quando un’allucinazione concepì senza orgasmo il suo condannato.
Mai più infanzia, mai, muoia nelle sacrestie, nessun essere si immagini inchiodato nudo di abbandono.
E fate e incantatrici e primule tornino a spuntare nelle aurore rosate degli incavi di donna.
*
Sorridile ancora salice
Imparò a riconoscere l’odore della belva pronta ad azzannarle l’anima inquieta, e a decifrare indizi di realtà e maschere del desiderio fatuo. Rimestò fango in un acquitrino muto e prestò occhi alle mani che avevano pescato fiori di loto. E pianse quando si accorse che non era inverno ad abitarle il cuore. E così piantò un ramo di biancospino nel corpo rugoso di un vecchio albero e attese senza fretta il cambio di musica. Aveva raffinato i sensi e colto la sonata dei salici che ridono
Rosa Rivelli, Luna bianca al mattino, Collana di Scritture clandestine stampate a tiratura limitata e numerata, a cura dell’Associazione Culturale LucaniArt, Ottobre 2012 |
|