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Due vite

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 [ Recensione a cura di Roberto Biagiotti e Maria Musik ]

 

 

Due Vite di Fedele Mazzetti, registrato e mixato al Monkey Studio da Lucio Leoni e contraddistinto da un sound decisamente in controtendenza, non è solo un CD musicale.

Ascoltarlo, per chi se lo può ricordare, è come ritornare indietro di trentanni, a quella notte d’estate a Massenzio*, infilati nel sacco a pelo leggero, sdraiati sull’erba ormai secca dell’arena del Circo Massimo con una birra, le cartine, una scatola di svedesi e la busta del Drum accanto.

Il maxi schermo bianco, copriva come un lenzuolo da prima notte la sera azzurrina e dolciastra di fumo, che odorava di crema solare e pachiuli. Iniziava così la gara fra cinefili di periferia: vinceva chi rimaneva sveglio sino alle prime luci dell’alba, dopo aver vissuto, per quattro o cinque volte, due vite: la tua la mettevi in standby per accogliere, una dopo l’altra, quella di un altro che scorreva sul telone, fra una dissolvenza ed un effetto notte.

Quattordici pezzi, quattordici storie, quattordici corti d’autore. Non è solo un’esperienza d’ascolto: questo CD lo vedi, godendoti una colonna sonora raffinata e, a tratti, magistrale.

Si passa dal neo-realismo anni ‘70 del Pullman Gino, scandito dal ritmo serrato e spensierato delle spazzole dell’ottimo Salvatore Scorrano, alla scuola realista e tragica di Gabin che vede riemergere il fantasma, conturbante e triste, di Marlene Dietrich e ci fa attraversare l’Europa del nazismo e della seconda guerra mondiale attraverso i nomi dei registi più famosi che aprono il brano come se la vera storia di quegli anni fosse stata scritta da loro. Il sogno di Fedele irrompe nel racconto: novello Gabin passeggia sul lungomare di Cannes in compagnia di mitiche femmes fatales, al ritmo di swing tra le soleggianti e didascaliche incursioni della tromba di Giorgio Distante.

Da Gabin a Bogart: uomini duri dal cuore tenero ed il destino segnato da un tragico finale, che si rinnova in ogni film. Ed ecco Fedele che, con l’abiltà di un trasformista esperto, esce da dietro il separè indossando un trench. Quasi te lo vedi davanti, con la sigaretta che penzola dalla piega amara delle labbra e l’improvvisa voglia di compagnia, di una musica che irrompa a colmare una solitudine scelta. E il cantautore ci avverte: non è un Rick Blaine proprio perfetto ma, come il famoso protagonista di Casablanca, attende un ritorno sperato/negato. Questo brano, così apprezzato dai fan di Fedele, sottolinea la tensione del suo testo con la magia di un accordo diminuito sapientemente piazzato al culmine di una semplice eppur sofisticata armonia minore.

Come stessimo assistendo ad un melodramma, ecco che due storie, due opere buffe, vengono ad interrompere questo ciclo d’essay, o almeno così sembra. Natale fortunato e Assai lontano, uno dei tre brani più lunghi della raccolta. La prima canzone, uno scatenato gipsy-country innescato dalla irresistibile chitarra ritmica di Gian Paolo Morotti, ci racconta - fra reale e surreale, flashback e immaginario, cronaca e creazione di fantasia - la storia, ambientata nella Roma dei cavallari e degli squattrinati, di un improbabile rapinatore che viene tradito da un fucile a tappi, prezioso ricordo d’infanzia, che riecheggia i temi della Roma pasoliniana di Pullman Gino.

La seconda, invece, è imperniata sui temi del viaggio e del ricordo. Fedele dà in questo brano un saggio delle sue qualità di crooner latino; la sua voce calda e rilassata si distende in una cadenza, irregolare quanto basta, dove l’intenzione e il sentimento dell’interprete sono preponderanti rispetto alle esigenze di metrica e melodia e il respiro si fa canto.

Si riprende: Dopo Ellis Island ci riporta al passato, a quello degli immigrati italiani verso New York. E, ancora una volta, è impossibile non pensare al cinema con film come Récits d’Ellis Island, histoires d’errance et d’espoir, Il Padrino ed il nostro Nuovomondo. Ancora atmosfere serrate, marchio di fabbrica della produzione di Fedele (come in Pullmann Gino e in Natale fortunato), anche qui uno spaghetti-country con la sezione ritmica composta dal già citato Scorrano e dall’ottimo e puntuale bassista Maurizio Morelli che dà vita ad un tappeto ritmico, terreno fertile per la scorribanda solista della chitarra di Alessandro Pontesilli.

Il resto non conta, racconto intimista ed esistenziale, è forse il brano più moderno e jazzy del cd che si apre con una lunga nota di basso, messa lì dove non te la aspetti, come un volo in stallo e controvento come l’incursione di un deltaplano. E qui viene fuori la cifra compositiva dell’autore che scrive la musica con dentro le parole.

Veniamo, quindi, catapultati nell’arena dove, vestiti i panni di Luis Miguel Dominguín, mata la vita e ci mostra il “buco nel gilet”, cicatrice/foro nascosto sotto la giacca, segno indelebile che da certe battaglie non s’esce indenni. Come non pensare, mentre si ascolta Dominguín, al cinema, alle grandi attrici anni ‘50, a Picasso, ad Hemingway. Ancora un personaggio maschile segnato dalla sfida, dal pericolo, da passionali quanto eclatanti amori, ben sottolineati dalla splendida intro Flamenco e dalle relative fughe di chitarra classica – ancora Gian Paolo Morotti - e dal solo acustico di Alessandro Pontesilli.

Le ultime cinque canzoni sono un’alternarsi di ironia e malinconia, di quotidianità e pensieri ad alta voce..

Primavera in manicomio: ma siamo al manicomio o siamo con loro, con Fedele ed i suoi fidi moschettieri, i musicisti che lo accompagnano? Con il tocco di un inveterato prestigiatore, Fedele, elegantemente, trasforma le atmosfere malinconiche in ballade-rock omaggiando, forse, la sua “gang”, un’umanità fatta di “matti” che sanno sognare e sorridere in una primavera da annaffiare di musica e di complicità, una primavera “da giocare” e a partecipare al gioco siamo invitati tutti.

Con il contrappunto chitarristico in stile mandolino, Massimiliano Lalli - l’altro chitarrista - spennella di malinconia la storia di un amore complicato in una Roma stremata, stracciona seppur ancora ottimista di fine 2° guerra mondiale rafforzando il tema di Il radiogiornale.

A chiudere il cerchio, riagganciandosi all’intro del CD, ecco Un mattino cos’è. Ci sono la visione onirica e la Parigi dei bistrot, dei poeti maledetti. C’è la domanda, una sospensione che spezza in due la canzone: “Dov’è stato che ho sbagliato…”, ci sono il ritorno dal sogno e dal viaggio che si concretizzano, ancora una volta, nell’incontro. L’incontro/confronto con due mostri sacri della chanson: Jacques Brel, con cui Fedele ha in comune soprattutto la gestualità quasi selvaggia nel live e, ancor di più, Brassens, caposcuola di una tradizione oltralpe che ha poi influenzato la scuola genovese nel periodo ‘60 e ‘70, alla quale il nostro cantautore strizza l’occhio anche nell’ironica Una birra di Baviera.

Un sogno perduto nel risveglio: il timbro di un piano verticale, fumoso e dilatato ragtime e voce “incredula” tentano di descrivere l’amore, tema sfuggente e sfaccettato in una serie di continue soggettive. È l’impressionismo romantico di Fedele che, beffardamente, conclude il lavoro su un intervallo sospeso.

 

  

Fotografie di Roberto Biagiotti

Ascolta due brani dal CD

Pullman Gino

Dominguin


Notizia.
Fedele Mazzetti presenterà “Due Vite” sabato 26 maggio 2012 alle ore 21,30 presso la libreria Rinascita, Largo Agosta n. 36 – Roma.

È possibile acquistare il CD durante il concerto, oppure ordinarlo a questo indirizzo e-mail: maomorelli@yahoo.it

 


 

* Massenzio è una celebre rassegna cinematografica romana nata nel 1977. All’interno di questa rassegna, inserita all’interno delle manifestazioni dell’Estate romana, vennero proposte al pubblico alcune forme inedite di divulgazione cinematografica, tanto che l’idea venne replicata in numerose città italiane. Tra le sperimentazioni più ardite (per l’epoca) si ricordano la formula “maratona” (proiezione di una serie di film uno dopo l’altro) e la “serata degli Undici Schermi” del 1978 (proiezione simultanea su undici schermi di svariati materiali audiovisivi, con gran confusione di sonoro, di gente, di tematiche e di tecniche cinematografiche) – fonte http://it.wikipedia.org/


 


 davide - 20/05/2012 13:42:00 [ leggi altri commenti di davide » ]

gran bel disco!

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