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al testo di alessandro venuto
Tebe
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Silente Tebe si stringe ai suoi figli; tragedia senza coro che narri son le strade vuote che collegano le piazze deserte di un mondo senza gente, fioriscono gli alberi tra semafori ammiccanti di luci: Mi chiedo per chi. Granelli di sabbia si fanno i pensieri sul fondo del tempo perduto. Attende Telemaco Sulla riva del Naviglio Un padre, forse nessuno, Un segno; È forte in lui Il bisogno di aspettare. Con occhio vigile scruta verso l’orizzonte di significato. Ma una nivea farfalla si tuffa nel volo a sfidar l’immenso, sola fa vela nel blu infinito; e io con lei. Aedo bardo si risveglia Che in me cieco Dimora.
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alessandro venuto
- 20/03/2020 12:11:00
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Hai colto perfettamente lo spiritus loci del componimento nei vari topoi di riferimento. Un attesa di Godot e di un limite incerto insperato desiderato e inatteso a un tempo. Ti ringrazio
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Arcangelo Galante
- 20/03/2020 09:56:00
[ leggi altri commenti di Arcangelo Galante » ]
L’opera pubblicata mi è piaciuta tanto, anche perché adoro i racconti epici. Essi possiedono un fascino assai coinvolgente, non solamente per chi la storia ama, ma, in special modo, per la stimolante capacità riflessiva di mostrare aspetti umani, forse modernamente tenuti in poco conto nelle narrazioni di certi scrittori. Eppure, la parte sensibilmente ammirevole dello scenario descritto dall’autore, riguardante Tebe, con l’accenno a Telemaco, figlio di Ulisse e Penelope ed il cui nome, letteralmente, significa “che combatte lontano”, con riferimento al padre che combatteva a Troia, rende ancor più preziosa la pubblicazione. Ovviamente, i riferimenti storici, sono volutamente stati adoperati dal poeta, con l’intento di esprimere quell’attesa sospirata dell’uomo, affinché tempi migliori potessero affacciarsi all’orizzonte. Un’analogia davvero calzante col messaggio racchiuso nella poesia, nonché originale nell’effetto visivo scaturito dalla lettura. Complimenti!
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