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rapsodia

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tramonta d’angoscia

un’altra notte,

agli ultimi lembi di luce

m’aggrappo ma nulla 

tra le dita mi resta e già 

s’accendon le luci per strada. 

Nessun passo ancora su per le scale,

dove sei?

Lenivo un tempo il dolore

con rosse bottiglie

che poi nere ghignavano

vuote dal tavolo

ed era mio il teschio che tra le dita

stringevo, interrogavo, 

ma ghignando silenzio

non rispondeva.

Ne’ volean le stelle 

che con luci sfavillanti 

taceano se ebbro chiedevo loro

’chi Sono?’

Incombeva su di me cupo il cielo.

Poi Lei ha iniziato a cantare

e a dare voce al dolore, 

a rendere normale vedere e sentire

sempre un passo oltre

quello che agli altri era dato capire

e scrittore di nulla e di tutto

m‘ha fatto: così 

ho dato parole al mio canto. 

A me si è mostrata una sera

nel cuore del suo giardino segreto;

seduta al centro di un chiostro rosato

un’arpa tra le mani teneva

e con dita di seta suonava

nella brezza leggera. 

Occhi tagliati su labbra di rosa,

lunghi capelli neri ossidiana

a me sorrideva

la Musa vestale. 

Da allora mai più 

mi ha lasciato e ogni volta

che cala la sera

e melancolia sale

faccio di carta una vela

e con la penna timone 

per creare  un mondo

dove viaggiare,

con Lei come vento

Dell’immaginazione. 

Rapsodia. 

 

 

 

 

 Graced - 06/03/2020 10:02:00 [ leggi altri commenti di Graced » ]

Bella ed armoniosa nel suo incedere, anche se triste. Complimenti!

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