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al testo di alessandro venuto
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Cala plumbeo il cielo sulla città
che a un tratto si fa silente. Ogni suono s'ottunde in piazzale Loreto. Fai piano, anche una brezza leggera può fare rumore. Cammina piano, la bellezza di ogni tuo passo fa male se non posso averlo. Esistevi prima che io ti volessi, Figlia del Tempo, eppure ti desidero da prima che fosse fatta luce, tu, unica testimone della creazione divina, a sua immagine ogni cuore richiami. Mi danzi intorno in mille occhi di mandorla, nei volti di porcellana vestiti di capelli come ossidiana. Sono tempesta mentre mi vivi intorno, respiri, parli e ti muovi come se non ci fossi che te, non io, e l'anima mia si fa mostruosa mentre tu ti espandi e io svanisco. Vajrayana. Potessi, come aria, respirarti. Potessi, come pioggia, scivolare sulla curva dolce del tuo naso fino alle labbra che simili a rosa si schiudono. Respirami. Ma tu non mi vedi nemmeno, distratta allontani con una mano una ciocca bruna di capelli, li sciogli e simili a cascata scivolano sulle spalle sottili, passa nei tuoi occhi distratto un pensiero che non mi riguarda. Aspetta. Sulla veranda simile a tastiera suona il cielo con le prime gocce. L'aria sa di terra bagnata e di asfalto mentre ancora ti guardo, mentre fuori il mondo piove e tutto ritorna nelle cuffie nere come il tuo vestito che leggero ti nasconde allo sguardo e ti esalta alla mente, è ambra e miele la tua pelle. Potessi assaggiarla. Ti muovi leggera nelle tue scarpe sportive, lento e pesante il mio sguardo dietro la barba di giorni. Mossa imprevedibile, mossa magnifica. Scacco al Re di una Regina inarrivabile. A che serve essere sole Se potessimo piovere insieme? Disseto di parole La mia sete di movimento Ma non mi resta che la pioggia per confonderci le lacrime e il canto di te, nascosto dal tuono che di qualche Dio riporta il colpo di martello supremo. Potessi essere folgore, risplendere in un attimo di eterno splendore e abbagliarti, anche solo per un istante. Io sono tempesta. |
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