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     Notte. Un albergo, un luogo senza tempo. Osservo.

 

     La luce del neon penetra ogni angolo della stanza, rivelando l'essenza nuda dell'arredo: l'armadio bianco panna alla mia destra, immenso e opprimente, la scrivania con i cassetti di fronte al letto, le gambe del letto a castello alla mia sinistra, di un nocciola chiaro, quasi irrealmente luccicanti. Un piccolo televisore appeso in alto domina la parete spoglia, proiettando immagini in bianco e nero di storie che non mi appartengono. Per un istante, mi perdo in questo teatro dell’assurdo, un gioco di ombre che dissolve al momento i ricordi di quel viaggio, della cena, dell’inutilità di quel tempo, delle chiacchiere ipocrite, di ogni frammento della giornata. Ma è un'illusione breve. La mente ritorna al suo vagare inquieto, alla ricerca di un tempo, di un significato in questo luogo sospeso tra il velo della realtà e la verità della solitudine.

     Scosto lo sguardo a sinistra, inciampando sullo spigolo della parete. Oltre la porta vetrata del balcone, il buio esterno si apre come un abisso, per poi arrestarsi contro l'ampia figura della luna. L'oscurità si ferma sull’uscio, respinta dalla luce artificiale della stanza. Fuori, nel silenzio della notte, le onde si infrangono sulla riva, un frastuono che si espande come un eco interminabile. Il suono dell’acqua che si abbatte mi riporta alla mente la vastità e la verità che solo il mare di notte può dare, la sua forza, un simbolo del moto perpetuo e dell'inquietudine che da sempre mi abita. Come un calice di vino bianco eternamente agitato, il mare riflette la mia stessa irrequietezza, una ricerca incessante di significato in un mondo in perenne movimento.

     La luna proietta il suo bagliore sul mare, creando una passerella che si snoda dalla riva fino all’orizzonte, dove sembra sospesa come un faro nell'oscurità. Su questo sfondo luminoso, una piccola barca con la vela mossa dal vento appare come un puntino solitario, aggiungendo movimento al paesaggio. Osservo questo spettacolo notturno nella sua semplicità, e la mia mente rallenta, i pensieri scorrendo uno ad uno, come onde su un mare interiore. Poi, inevitabile, emerge una domanda: lei dov’è? Ma subito mi rendo conto dell’insignificanza di questa inquietudine; è andata via da troppo tempo ormai, o forse non è mai esistita davvero. Mi chiedo se l'ho mai amata, se è stata solo un sogno o solo  un'illusione nata dalla mia solitudine.

     Le risate leggere e stanche dei miei amici mi raggiungono dall’interno della stanza.       Meglio rientrare adesso, prima che questo mare scuro, questo silenzio, questa notte fuori dal tempo mi porti via per sempre.

 -        2009   -

 

 Livia - 27/06/2024 14:53:00 [ leggi altri commenti di Livia » ]

Il tuo testo rasenta la malinconia tipica dei momenti in cui siamo di fronte a noi stessi e normalmente riesce più facile esserlo quando sei avvolto da qualcosa di più grande e aperto come il mare o la natura. Oppure quando nel silenzio, la velocità della vita diminuisce

-Come un calice di vino bianco eternamente agitato, il mare riflette la mia stessa irrequietezza, una ricerca incessante di significato in un mondo in perenne movimento-

Molto intenso, lo percepisco. Non tutti vivono di domande o sono alla ricerca di un senso ed oggi la velocità ne centrifuga persino le intenzioni

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