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Scrivi un commento al testo di Silvia Gilardoni
Tragedia di Divin Commedia

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Sul germogliar di giovinezza in erbe
mi ritrovai in una nebbia fitta e scura
Qual la ragion di via era ostruita
Ahi quanto a dir è cosa dura
passar pei quei sentire senza un’unità di misura!
Di cieco passo seguiva l’andatura fragile e tremula
con la quale armeggiavo…

ombre tattile pareva quasi più vicine dopo un breve richiamo.
Un novo ticchettio scandiva il battito che rompeva il vuoto d’ogni silente pianto
dal quel echeggiava a mo’ di rantol
chin’sé rincara ogni paura e
da manforte prem frenando orsi ogni censura.
Al cader d’ogni barrirà umana il sentire m’apprese
come un animali branca la preda
e di quel che poi rimane niente fa più resa.

Né il fato né il destin
di pietà s’arreser nel veder cotanta ingiusta sorte
e nel non proclamar manforte
In beffa a tal io mi muovevo.

E la parvenza di scontar tutti i mali
ragion di grazia a me non rincorre
per chi vuol volar senz’ali,
in un miserabil cammin incorre.
In te non vidi misericordia
e non ti piegasti ad
asciugar codeste lagrime innocenti
pan della memoria
ch’io nascosi coi sorrisi vacui e latenti.
Intra i mortali non leggo il buono
né per chi professa nel decantato di’ di festa
né pel altri chi di carità non conoscon l’usanza.

Da quella region non più si torna
Ne fatal compianti ne preghiere
Servon.


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