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al testo di Gerardo Allocca
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L’alba è lo stesso, che non puoi toccare, l’onda che sempre si disfa e mai regge o il rondò impossibile a trattenere. Lo stesso quell’odore che le piogge sempre ai prati regalano e poi rubano, il chiar di luna che mai può comprare la notte per quanto il forziere pieno, il pupazzo di neve che di sciogliere, pur ad arte, non manca il primo sole. A curare poiché i nostri gerani nella nostra assenza nessuno volle, ci bruciò il lampo cavi e capannoni, provvide il vento a strappare rabbioso le nostre tende da sole al balcone, saccheggiarono a noi, varcato il passo alle Alpi, le are, i fori ed ogni bene i vandali, con le legioni in fuga. Dei nostri legni al rientro dalle rotte dell'Indie nient’altro sul bagnasciuga che rottami ed armature distrutte ai Caraibi, che la burrasca ai gorghi sparse, salpati per le colonie, ori, spezie esotiche, brillanti, quei carghi, per il trono a esigere e i suoi splendori. E’ lo stesso ora che una scala in pietra antica, a un portale che mai si vede eretta, e che sale, sale senz’altra scelta che salire né scorge il piede.
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