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Il capanno

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Nel capanno modesto della vigna
ho allestito uno studio di fortuna
dove inseguo le mie frasi, le parole.

E prima che nei templi o nelle chiese, 

è là che mi ritrovo con gli dèi

sacri della mia fede: in quella stanza


scabra; onesta; desueta; occasionale, 

che assiste alla scrittura e la protegge
con il manto segreto dell'ardore,

 

che mi separa ancora più dal mondo, 
dalle sue trame infide, dalle brame;
dalle miserie, dalla vanità.

*

 Antonio Ciavolino - 15/09/2018 17:41:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Klara Rubino, mi lasci senza parole e ringraziati mi risulta veramente poco, dopo quanto hai scritto di me. Baci Baci Baci <3

 Klara Rubino - 15/09/2018 13:51:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Grazie a te per questa poesia che esprime pienamente tutto il tuo ardore e la tua maestria, grazie inoltre e assai per la tua capacità di ascolto, di dialogo e di scambio.
È stato un piacere "rincontrarti" da queste parti, non dico dio, ma eroe così consonante alla mia fede! :-)

 Antonio Ciavolino - 15/09/2018 13:05:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Laura, il suggerimento sul dodecasillabo che insegue le parole lo terrò in alto conto, mi pare ottimo del che te ne ringrazio assai. Stai bene!

 Klara Rubino - 15/09/2018 11:28:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Buongiorno Antonio, visto la stima che mi accordi mi permetto di approfondire ulteriormente.

Nella prima versione si sente maggiormente il senso di contrasto, separazione e protezione di questo tuo rifugio rispetto al mondo esterno: "capanno" è la parola più forte delle due del titolo; nella seconda versione è come se avessi fatto una scelta superando il conflitto con un passo ulteriore verso la poesia, il mondo interiore, omaggiando quasi la stessa con una riscrittura in endecasillabi.( "in endecasillabi" è l’espressione più forte nel titolo )
L’unico passaggio che si avverte un po ’ forzato o meno naturale è questo:

ed avanti che nei templi 
o nelle chiese, è là che mi rincontro.



Inoltre secondo me è un peccato rinunciare al dodecasillabo che insegue le parole ( un’eccezione che confermerebbe giustificatamente la regola)

Ti propongono:


Nel capanno modesto della vigna
ho allestito uno studio di fortuna
dove inseguo le mie frasi, le parole.

Non nelle chiese, né nei templi, è là
che incontro dèi, alla fede mia assai consoni:
in quella stanza scabra, occasionale
che assiste alla scrittura e la protegge

con il manto segreto dell’ardore,
che ancora mi separa più dal mondo, 
dalle sue trame infide, dalle brame;
 dalle miserie, dalla vanità.

Buona giornata!

 Antonio Ciavolino - 14/09/2018 22:42:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Che intervento straordinario, Lauretta. Esaustivo, illuminato, esatto. Come ho confessato nel post precedente, la mia fissazione per gli endecasillabi a volte mi fa strafare ed esco dal seminato, come si dice. La versione originale, per così dire, convince di più anche me, sebbene non del tutto, come quella in endecasillabi che acquista in metrica quel che perde in spontaneità. Ma quando mai un artista è completamente soddisfatto dalla sua opera? Sì, lo so, accade pure, ma di rado, molto di rado - almeno a me. In tutto ciò, il tuo commento, con la metafora indovinata dell’abito, così come la nota di Ferdinando, sono confortanti, per il sottoscritto e - magari in arbitrio- per la Poesia. Grazie, grazie, grazie.

 Klara Rubino - 14/09/2018 17:03:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Guarda caso Antonio nella versione originale gli endecasillabi ti sono usciti per via naturale, istintiva, quando parli e si sente l’amorevolezza, della poesia, di quell’aura riservata del capanno, del tuo ardore:

Nel capanno modesto della vigna
ho allestito uno studio di fortuna
dove inseguo le mie frasi, le parole.

e l’ultimo ne ha dodici come davvero stessi inseguendo la parola "le parole"!
Fantastico!

Prima ancora che nei templi o nelle chiese,
là mi incontro con gli dèi della mia fede,
in quella stanza scarna, desueta, occasionale
che assiste alla scrittura e la protegge

Anche qui, dopo esserti come distaccato ed aver osservato dall’esterno te e la tua stanza, ritorna nell’ultimo verso l’endecasillabo a ricongiungerti col tuo mondo interiore.

con il manto segreto dell’ardore,
separandomi dal mondo: dalle infide malizie,
le miserie, la sua vuota vanità."

E qui al centro allontanandoti dalla poesia, pensando alla realtà del mondo, dall’endecasillabo ti allontani
per poi riavvicinarti, ma ancora turbato, basterebbe un’inversione di vocaboli per renderlo tale.

Quello che voglio con ciò dire è che la metrica tradizionale è UNO STRUMENTO DELLA POESIA, NON LA POESIA.

E guarda caso il libro da me citato s’intitola GLI STRUMENTI DELLA POESIA.

Immaginiamo la poesia un essere vivo, una donna, se è bella è bella, come la vesti la vesti.
Certo ci sono occasioni ( espressioni di stati d’animo) in cui è più adatto un abito anziché un altro, non c’è dubbio, è anche una questione di gusti, chi la preferisce al naturale, chi elegante e curata in ogni dettaglio, chi nuda, chi stravagante ed eccentrica.

Ma una donna si ama davvero al di là di come essa appare, per la sua più intima e profonda essenza ed in quello non va mai influenzata e condizionata.
E’ invece divertente provare abiti diversi per scegliere il migliore, come in fondo hai fatto tu!

Un caro saluti a tutti!

 Antonio Ciavolino - 14/09/2018 15:08:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Nando, il tuo intervento non fa una piega e personalmente lo condivido in toto. Manco a farlo apposta, il testo non è nato in endecasillabi: soltanto dopo, per una mia piaggeria, forse, l’ho risistemato. Tuttavia, come perfettamente chiosavi, il senso del testo è rimasto immutato e con esso, il rapporto col lettore.

In origine il brano era così e così l’ho pubblicato altrove:

"Nel capanno modesto della vigna
ho allestito uno studio di fortuna
dove inseguo le mie frasi, le parole.

Prima ancora che nei templi o nelle chiese,
là mi incontro con gli dèi della mia fede,
in quella stanza scarna, desueta, occasionale
che assiste alla scrittura e la protegge

con il manto segreto dell’ardore,
separandomi dal mondo: dalle infide malizie,
le miserie, la sua vuota vanità."

Grazie a tutti.

 Ferdinando Battaglia - 13/09/2018 13:44:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]

Trovo interessante questo confronto - un particolare grazie a Klara, sia per il libro citato sia per questa sua ricerca, mi sembra stia mutando anche la sua scrittura, poiché pone, a mio modesto parere, una questione non secondaria: se anziché perfetti fossero stati irregolari ovvero non tutti endecasillabi, la lettura del testo che ha preceduto il conteggio metrico sarebbe mutata? Voglio dire: di là delle misure, l’esperienza del testo è sempre quella non cambia; la formazione, il possesso degli strumenti tecnici, più che la produzione dei versi ne condiziona la letture, influisce sul gusto, ma non stravolge l’essenza della Poesia che resta un altrove non raggiungibile con il "centimetro", questo, semmai, valuta e coglie altri aspetti, non certo l’essenza della relazione tra il lettore ed il testo.

 Antonio Ciavolino - 13/09/2018 12:44:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Antonio Terracciano, non occorre che si scusi. Ha detto la sua e poi, come conviene, s’è corretto. La ringrazio per l’attenzione e per i commenti.

- Ringraziamenti ulteriori a Klara che ha inteso, giustamente a mio parere, puntualizzare e con cognizione di causa.

 Antonio Terracciano - 13/09/2018 11:53:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Chiedo umilmente scusa all’autore e alla commentatrice: hanno ragione, e la poesia è perfetta. (Ieri sera ero, per motivi miei, un po’ nervoso: ecco gli errori che fa commettere la scarsa lucidità! )

 Klara Rubino - 13/09/2018 10:27:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

da "Gli strumenti della poesia" di Pietro G. Beltrani; il Mulino , Universale Paperbacks, febbraio 2017;

I nessi di voale tonica+atona in fine di parola( mai e mia, lei e mie,voi e io, reo, sua, sue, fui, suo ecc.) valgono due sillabe alla fine del verso, una sillaba all’interno.

dal-le- sue-trà-me in-fì-de-dal-le- brà-me

io ne conto undici, accenti su quarta sesta e decima.

 Antonio Terracciano - 13/09/2018 00:11:00 [ leggi altri commenti di Antonio Terracciano » ]

Dato che l’autore si è con modestia dichiarato disposto ad essere corretto, mi permetto di osservare che il penultimo verso, "dalle sue trame infide, dalle brame" , mi sembra più un dodecasillabo: suggerirei di sostituire "dalle" con "da" (anche chi non conta le sillabe, come la commentatrice che mi ha preceduto, dovrebbe accorgersi della differenza di suono) .

 Antonio Ciavolino - 12/09/2018 22:35:00 [ leggi altri commenti di Antonio Ciavolino » ]

Klara, ti ringrazio per la lettura, il commento favorevole e per la fiducia a priori che mi accordi. Davvero. Vorrei che tuttavia ci fosse qualcuno che li controllasse, ’sti benedetti endeca e mi suggerisse, ove fosse il caso, modifiche, aggiustamenti, migliorie.
Gli endecasillabi, come tutti i piedi metrici, sembrano facili facili ma la realtà è diversa, come ben sai. Ti ringrazio ancora. Ciao :)

 Klara Rubino - 12/09/2018 21:21:00 [ leggi altri commenti di Klara Rubino » ]

Hai dichiarato che sono endecasillabi, gli endecasillabi veri, i ben riusciti, gli esatti, sono questi; quelli che non hai minimamente voglia di controllare perché sai che vanno bene così, anche se non fossero undici le sillabe metriche.
Spero che qualcuno o magari tutti riescano a comprendere quello che intendo.
Bellisssima poesia.

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