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Lavica

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Buie foreste

di rovi e piante orticanti

tra spine e arbusti ostacolanti

incedo

col passo lento

in un ascesa altalenante

tra un inciampo

e un rialzarmi costante.

 

Verso la cima del vulcano

del minaccioso veleno sovrano,

le strade

di lava solidificata,

rigonfiamenti di una terra

già bruciata,

sono promessa incerta

di una nuova eruzione.

 

Senza la solitudine

alcuni tratti

sarebbero di carboni ardenti:

essa è

l’antidoto che dal dolore fa redenti.

 

Pesante il mio passo

più solido della roccia raffreddata,

nell’affanno della speranza

si gonfia il diaframma esasperato:

senza urla

nell’eco del congedo

dalla luce stroboscopica

di quella gente, in tale città, da cui mi diseredo.

 

Nel buio alberga la quiete

con cui m’avvicino a una cima

visibile a uno sguardo a infrarossi

già allenato nelle notti insonni

a scorgere verità di bassa densità

nei panorami di sogni non più ignoti.

 

Mistica ascesa verso l’unicità,

irriducibile alle richieste della società.

 

M’affaccio al cono del vulcano

e l’oro che luccica di un’eruzione già pronta

assorbe dapprima lo sguardo e dopo sconquassa le membra.

 

Non ho bisogno di schivar la natura,

la sua violenza 

già mi appartiene nelle interiora:

sangue che scorre senza sosta nelle voragini

nell’attesa dell’ora

che mortifichi d'apparenza le immagini.

 

Calore e dolore non turbano la mia anima

che non si fa cenere, ma del corpo bruciato vapore:

essa s'invola in attesa di un ritorno migliore.


Non è ribellione ma appartenenza

a un destino di distruzione che m’afferra

e dilania

per ricucire l’anima all’elemento

che, per me, è veleno e pozione d’eternità:

rinasco di fuoco

di luce abbagliante,

mi rendo più forte

fatta di una nuova natura senza mandante.

L'anima mia torna ad abitare

in un morbido pezzo di carne

che cela una nuova ossatura di roccia vulcanica.

Nel suo ricreare,

ricreare a sua volta

la luce anziché andare distorta

ora squarcia l’anelito dell'antica sopravvivenza,

nel rinnovamento di una vita che ora si rende

nella più grande magnificenza

fedelmente autentica allla gnosi personale che lo spirito conosce silente.

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