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Bla, bla, bla la Nana di Picasso.

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Bla, bla, bla … la ‘Nana’ di Picasso.

Ogni riferimento è 'volutamente' casuale.

 

Può sembrare strano (ma non lo è affatto) come certe somiglianze si protraggono nel tempo da farle sembrare redivive nei lineamenti, nei gesti, finanche nei modi che accompagnano il proprio dire. Per quanto l’autenticità in un ritratto è tutt’altra cosa, oggigiorno la trasformazione è accessibile a tutti, per non dire il mascheramento, grazie al quale si può addirittura assumere un’altra identità da quel che si è, e che poi ha la stessa funzione del travestimento tout court. Allora i capelli da bruni diventano biondi, il colore degli occhi da gialli diventano celesti, si ritocca la bocca il naso e gli zigomi, il seno così come le cosce e non solo, dacché le gambe a X stese e coperte da pantaloni palazzo (case basse), finanche si rivede la mancata crescita in altezza che tacchi da 18/21 danno maggiore slancio alla figura, per quanto se si è quel che si è, c'è poco da fare. Del resto “Ognuno ha il suo destino nell’attuale società, terra di metamorfosi, come il presente si infiltra nel passato nessuno mai conserva la sua immagine” – scrive (più o meno) C. Ransmayr. Ma, come in tutte le cose c’è sempre un ma che và  ad aggiungersi ad un voluto non-essere quel che si è. Per quanto, vorrei qui sottolineare che se è pur vero che guardarsi allo specchio può far male, ogni tanto fin troppo male a chi pensa di poter mentire a se stessa, rimane che se sei nana comunque manchi di personalità e non basta alzare il tono di voce per sentirsi importante davanti allo specchio. Come non basta fuorviare lo sguardo ad ogni interrogazione e/o sorridere (niente di più falso) quando si è toccati nel vivo, allorché si è smentiti dai fatti sulle parole pronunciate, o contestati di aver fatto delle scelte sbagliate, falsamente convinte di pronunciarsi in favore degli altri, quando, invero, si fanno solo gli interessi del proprio gruppo famigliare, e/o della propria fazione, diffidente e facinorosa di rivincite settarie semplicemente scandalose. Ma l’elenco non finisce qui, non può finire, sono certo – io che scrivo – che ne dobbiamo ancora vedere delle belle, di fatto il crollo di una personalità così artata prima o poi arriva alla fermata di arrivo, come dice un risonante proverbio : “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, l’ebollizione comunque sborderà, come di fatto ha già cominciato a fare. Allora non basteranno i trampoli a tenere su la fatiscente architettura di un non-essere mai stati veri, di essersi appropriati di un ruolo che si vuole credere di ‘étoile’, quando altro non si è che una ballerinetta di terza fila, e/o una ridicola freak da circo equestre, con rispetto per l’arte circense che pure mantiene una sua dignità. Ma questo ormai non scandalizza più nessuno, piuttosto è il senso perduto della vergogna, il disagio odierno di quanti applaudono, e che senza imbarazzo alcuno sono pronti a negare di aver applaudito, davanti alla scempiaggine che si consuma. Ma (e questo è un altro ma) è alla mancanza di dignità personale cui va il palmares di una manica di inetti senza amor proprio, (che occupano gli scranni del nostro parlamento), dotati di una incompetenza che dimostra mancanza di educazione  a riguardo e di rispetto per l’esperienza maturata da predecessori che hanno faticato, lottato, costruito con lacrime talvolta di sangue, l’attuale società che oggi viene calpestata da un manipolo spregevole d’incolti. Capaci solo di svendere la propria madre al miglior offerente, o quanto meno per quei fatidici 40 denari (10 in più per via della svalutazione) per i quali oggi sono asserviti a multinazionali senza scrupoli, a imprenditori cui ogni giorno vanno a leccare il culo con la furbesca velleità di accaparrarsi quanto più è possibile, in barba alle malattie incurabili (degli altri), alla denutrizione di milioni di bambini nel mondo, alle guerre fratricide, quando ci sarebbe bisogno di qualunque cosa decisamente più necessaria. Allora la salvaguardia di tutto, quanto fra poco non sarà più disponibile per nessuno, per cui la terra, l’acqua, le risorse nutritive, il clima, saranno indubbiamente primarie, come si pensa di sopravvivere al prossimo cataclisma che segnerà la fine di tutto. È questo il punto assertivo della mia modesta chiusa, cercare e trovare nella comprensione dei diversi linguaggi un comune denominatore di 'collaborazione', onde restituire al genere umano l’indissolubile connessione che ci accomuni tutti nella costruzione d’una 'pace duratura', in grado di trovare unicità nella ‘comunicazione globalizzata’, quella visione pur esemplificata del ‘migliore dei mondi possibili’. Siamo ‘nani’ davanti alla supremazia del creato, nessuno si salva da solo, tantomeno chi oggi spensa di essere superiore ... sì da credersi imperituro, immortale o stupidamente eterno.

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