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Napoli. Diciamo addio a La soffitta

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Napoli. Diciamo addio a “La soffitta”. Chiude, dopo ventisei anni, il luogo dove si acquistavano le cose degli altri, si chiacchierava, ci si ritrovava tra donne. Dopo 26 anni Olga, che è stata la creatrice de “La soffitta”, ha deciso di chiudere. Difficile spiegare cosa sia stata per tante “amiche” questo luogo. Il suo lavoro era definito di “intermediatrice”, difatti ogni oggetto o capo di abbigliamento, bigiotteria, libro, biancheria, utensile, e altro, che “passava per lei” e per il locale, non le apparteneva. Qualcuno glielo aveva consegnato con la speranza di un guadagno, a volte minimo. Inserito in una strettoia di Via Belvedere, per conoscerne la presenza non era stato usata la pubblicità, piuttosto una sorta di Tam Tam, sia per quanti desideravano liberarsi di qualcosa che per chi desiderava acquistarvi qualcosa. D’altra parte spesso la clientela che “lasciava” era la stessa che “prendeva”. Uno spazio non grande, tuttavia gremito, laddove ogni miracoloso ritrovamento era possibile. La prima stanza era, in effetti, anche un “luogo di ritrovo” laddove la nostra signora Olga dai riccioli biondi, si intratteneva con le clienti parlando un po’ di tutto. Penso che, nel tempo, sia diventata per tanti un’amica cui si raccontava molto di sé. Piccoli e grandi problemi, situazioni finanziarie, nascite, morti. Lo spazio era esiguo, però l’accoglienza sempre gentile e le cose da guardare e scoprire, tante. Nel locale attiguo c’era “la boutique”, laddove i capi di abbigliamento, fossero eleganti o semplici, non mancavano. Neanche le pellicce, i cappotti, le giacche, gli abiti per tante misure e le borse. Parlando con Olga ho avuto modo di comprendere come facesse a mantenere i conti con tanta maestria: in effetti, per anni, mantenerli era stato il suo lavoro. Precisissima: ogni cosa lasciata riceveva un valore e un foglio in doppia copia rendeva impossibili gli errori. Sospetto che per molte persone sia il liberarsi di qualcosa che l’acquistarlo fosse una facilitazione alla economia domestica. Tuttavia occorre dire che la decisione di acquistare il locale non sia stata una scelta semplice, anche perché all’epoca, è costato “un botto” e la decisione di fare l’acquisto ha messo in gioco un bel po’ del denaro guadagnato in molti anni. Quindi la simpatica Olga, per un sogno della giovinezza, ha comunque rischiato. Le ha detto bene, perché è riuscita a mantenersi in piedi e soltanto il lockdown dovuto al covid l’ha costretta a chiudere per un periodo. Riaprire, tenendo fede alle regole sanitarie, neanche è stato facile, però, aiutata da amici, è riuscita di nuovo ad aprire i battenti al suo salottino amicale. Lei ricorda che, nei primi tempi, si recava a casa delle persone che intendevano liberarsi di oggetti, a volte a causa di trasferimenti o per la fine di una vecchia zia. Nel tempo ha cercato di aggiungere esperienza alla capacità di valutare quello che le veniva proposto e anche nel sapersi comportare con “i clienti”, giacché non di tutti poteva fidarsi. Gli oggetti erano tanti e tante anche le mani che li toccavano, li spostavano e potevano portarli via. Il locale nei primi tempi non aveva neanche l’arredamento necessario a contenere le cose. Nel tempo qualcuno ha proposto un tavolo, delle sedie, le scaffalature, l’armadio, la vetrina. E Olga ha acquistato per sé. Divertente da annotare che nel mese di maggio, che ha dedicato alla restituzione, alla vendita sotto costo e al regalo di quanto era rimasto invenduto, una giovane donna ha ricomprato due scaffalature di forma originale che sua madre aveva venduto ad Olga, riconoscendole. Così, felicemente le ha portate via con sé. Lentamente, quindi ogni quadro, scaffale, gioiello, piatto, borsellino, e altro, ha trovato la sua strada. Abbiamo chiesto: “Non sentirai la mancanza del tempo passato qui?” In effetti la domanda aveva un senso: la bella signora in quel locale ha trascorso una vita, ha conosciuto persone, si è interessata di cose varie e certamente non si è mai annoiata. Però, ragionevolmente, avendo raggiunto i 76 anni, pare logico che volesse andare in pensione e godersi di più i nipotini. Di esperienze di vita (non sue e sue), ne ha viste tante da poter scrivere un libro che forse troverebbe anche gli acquirenti, però per tutto viene il momento di farsi da parte e lasciare il locale ad altri che diversamente l’useranno. Per le amiche del Vomero, occorre dire, un luogo in meno atto ad una chiacchiera, ad un acquisto che non pesi e faccia stare meglio, a quei dieci minuti per guardarsi intorno e scoprire l’oggetto che non si cercava ma piace. Non si può negare che la chiusura di alcune attività e l’apertura di altre possano essere significative anche del trascorrere del tempo, del mutare delle abitudini e degli stili di vita. Salutiamo con una punta di tristezza “La soffitta” dell’amica Olga. Inutile negare che ne sentiremo la mancanza. Bianca Fasano

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