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Il cenno di speranza che non dico

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Come cosparsi da una grazia lieve
io e te, due corpi
sotto cieli disuguali,
mentre ti leggo alcune frasi
da "Le Milieu divin"
e con la voce medico distanze.
Teilhard è qui con noi
sub specie æternitatis
e tracce sulla carta.
Voci disseminate intorno
come soffioni a dire primavera -
e biciclette - incidono percorsi
confusi sulla ghiaia.
"Ego sum, noli timere"
è scritto a pagina sessantasette
delle Éditions du Seuil
dove lui dice che, nella "détresse"
di "atome perdu dans l'Univers"
"la voix évangélique m'a sauvé".
Fa parte del disegno di un mattino -
ormai con noi -
la pagina ingiallita che non toglie
la voglia appena stanca di tornare,
il cenno di speranza che non dico.




 Giacomo Colosio - 19/02/2014 14:34:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Ecco...ora è tutto più chiaro...grazie Cristina...capita la stessa cosa a me...a volte in una notte di stelle e luna piena, fermo a dondolare in mezzo al mare, guardando in su...stessissima esigenza. E dirò di più: quanto invidio chi ha fede...ma prima o poi la troiveremo pure noi. ciaociao.

  Cristina Bizzarri - 19/02/2014 14:21:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Io come te Giacomo. Ma a volte provo nostalgia per la religione cristiana, le nostre redici. E quando vado a leggere, timidamente, un autore come questo (o anche qualcosa di Giovanni Papini!), questa nostalgia diventa desiderio di approfondire.
Nostalgia di un luogo in cui entrare per pregare. Tutto qui, senza altra spiegazione. Grazie della tua lettura.

 Giacomo Colosio - 19/02/2014 13:55:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Diciamo la verità: una poesia molto complessa...il verso finale, che richiama il titolo( strano...di solito è l’incipit)è molto azzeccato e per dirla tutta obbligato quasi come per le poesie ermetiche di ungaretti che senza il significato pregnante del titolo potrebbero pure essere mal interpretate o addirittura esserne travisato il significato.
La chiave di tutto è in questo filosofo scienziato evoluzionista che diventa pure credente, addirittura gesuita...ed io da agnostico invece lancio il mio grido di dolore e di curiosità: e ditemela questa speranza, dov’è, cos’è...la poesia?...la fede?...l’amore universale...quanto mi sento ignorante in materia...no, a me è piaciuta la poesia in sé, come costruzione, con le sue metafore che servono come chiave di lettura di vari misteri...boh, forse mi sono pure incartatato...ciaociao.

 Cristina Bizzarri - 17/02/2014 15:46:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Vero Ferdi Nando. Cogli nel segno. Oggi sono al n.12 e il tacchino in me fa glu glu, è dispettoso, divertito, e non si sente anziano ma giocoso. Grazie a te, a voi. Giocoso in questo "diavolo" d’un Grand Jeu che è la vita, come mi (ci) ha insegnato Domenico attraverso René Daumal et Gilbert Lecomte. Una delle (in?)-finite interpretazioni possibili. Ma non commento più ora! promesso. :-)

 Ferdinando-Nando - 17/02/2014 15:36:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando-Nando » ]

Sì, cerchiamo una salvezza, anche nella Poesia, quando la scrivessimo con la "P" maiuscola; anche chi non la cerca la salvezza invero sta cercando di salvarsi la pelle, se non altro nell’oblio della domanda sul senso di questo esistere. Leggere - e scrivere - è un modo di salvarsi la vita (di salvarla dalle contingenze; certo non è solo questo, è anche altro), solo che vorremmo forse una speranza trascendente l’orizzonte in cui anche la lettura e la scrittura accadono. Cristina, a parer mio, tutta la tua bellezza poetica o la maggior porzione di essa, è proprio in questo tuo "dispettoso sperare", è questo "ostinarti" nel cercare una bellezza e un’armonia che intanto ci sazi il cuore e ne scrivi ancora perché, come formulò argutamente un professore di filosofia(ora non ricordo i dettagli del libro), anche lo spettacolo più sublime è doloroso se non condivisibile con qualcuno .

Ciao Prof e grazie, per il cenno di speranza che non dici.

 Cristina Bizzarri - 17/02/2014 15:32:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Grazie Lorenzo, sai, può capitare che io mi gonfi come un tacchino se mi si buttano troppi chicchi ... sono solo una prof di francese in un istituto alberghiero ...
Gluglu

 Lorenzo Mullon - 17/02/2014 15:13:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Perché, non potrebbero essere metafore anche le trivelle?

E invece no, la poesia non conosce metafore, è tutto vero, vero vero, che stiamo qui alla Ruota della fortuna? No, a quella di Borges!

Baci antistorici antisociali e antimetaforici

 Cristina Bizzarri - 17/02/2014 14:28:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Jacob e Lorenzo: e chi ha parlato di salvare o di divinizzare il quotidiano? Di trivelle? Io ho solo, timidamente, detto:"il cenno di speranza che non dico". E, quanto a buchi, orti, sono solo metafore, simboli per dire un vuoto, una ricerca sempre aperta. Insomma, per dirvela alla marchigiana: ’emmelo lasciate almeno dì?! Ecché sarrà ’mmai?!

Un bacio a voi due ... e agli altri commentatori! Cin cin! :-D

 Jacob l. - 17/02/2014 14:17:00 [ leggi altri commenti di Jacob l. » ]

Magari la voix evangèlique salvasse anche me, invece la mia vie intèrieure non ha la vocazione di diviniser le quotidien. Non so se dire purtroppo o per fortuna.
A parte tutto. E’ molto bella, però, l’immagine di due corpi che leggono il Milieu di Chardin tra le dita della primavera.
Quel... cenno di speranza che non dico... vale tutto. E poi?

J.

 amina narimi - 16/02/2014 23:25:00 [ leggi altri commenti di amina narimi » ]

l’amore ci fa uscire da noi stessi senza "ritorno",
questo mi dice la tua voce che medica distanze
sotto cieli disuguali eppure uniti nell’assorbirsi
Mi hai invaso di dolcezza nel cenno che non dici
ampliando la coscienza del "sentire" la speranza

Ti abbraccio nella noosfera, dove sempre m’innamora leggerti

 Lorenzo Mullon - 16/02/2014 21:58:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Sì, trivelliamo gli universali

  Cristina Bizzarri - 16/02/2014 21:09:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

Loredana, Cristiana, Lorenzo: grazie delle vostre letture. Questa mattina una bella passeggiata sul percorso che costeggia il Chienti. Poi, seduti su una panchina, ho letto qualche riga ad Andrea (anche se lui non è particolarmente interessato all’argomento - credo per una sua concezione dell’onestà intellettuale nel senso dell’impossibilità di parlare di quello di cui non si può sapere ... comunque ha apprezzato l’autore). Mi ha commosso leggere alcune frasi di questo scienziato e religioso. Ho pensato come te, Cristiana, che forse è davvero necessario andare a scavare nel nostro orto. Certo, Lorenzo, millenni e millenni. Ma possono uscire anche dal buco che ho scavato io. ;-)

 Lorenzo Mullon - 16/02/2014 19:54:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Nostra tradizione?
A Menfi il dio Path medicava distanze. Con la parola? No, con la voce.
Un cenno di speranza che si perde nei millenni

 Loredana Savelli - 16/02/2014 19:50:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Molto bella, e col commento di Cristiana ho colto alcune sfumature non esplicite.
Ciao Cristina, un gioiello.

 cristianafschr@gmail.com - 16/02/2014 19:40:00 [ leggi altri commenti di cristianafschr@gmail.com » ]

cara Cristina, tutti in fila a rivisitare la Tradizione cattolica (un po’ ampliata... ma prima o poi ci arrivano), me inclusa, sarà anche ora: come dire che abbiamo una tradizione di pensiero che va scavata e compresa, piena di frutti, e poi... vedremo

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