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al testo di Romana Ricciardi
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Oggi le pareti della stanza sono fredde da morire. Mi appoggio come al solito - le gambe, a volte, non bastano - ma sento il sangue gelarsi nelle vene e il freddo irradiarsi e diffondersi, lento e doloroso - ostile, sì- fino alla più desolata delle mie periferie. Allora forse, i muri non gradiscono il contatto del mio corpo. Sono calda. È la mia natura di essere vivente. Più o meno umano. A volte più. A volte talmente meno, che dubito. Allora mi appoggio. Non è facile, all'inizio. Mi respingono, le pareti. Almeno così io credo. Sembra che non vogliano saperne di me. Eppure anche io, come tutti, immagino, vorrei sentirmi sempre a casa, tra le mura domestiche. Domestiche in effetti, ma non addomesticate, fin tanto che io, la mia permanenza di corpo irradiante a temperatura costante, diciamo trentasei gradi su per giù, fintanto che... O io scaldo il muro o il muro gela me. Devo confessare però, trattarsi di lotta impari. Io ho un vantaggio, assolutamente non trascurabile, e cioè le gambe di cui sopra-sopra nel testo, sotto nel corpo, e nel corpo del testo, a testa in giù- . "Saran belli gli occhi neri, saran belli gli occhi blu, ma le gambe..", ma le gambe mi permettono di spostarmi. Allora è semplice. Io posso decidere se restare attaccata a sto' muro di ghiaccio, o andare in qualunquealtropostomiaggradi. Nel frattempo, mentre rifletto sulla scelta da fare, rimango nell'usata condizione ancora un po', perché mi sento stanca, alquanto - ché altrimenti non avrei avuto bisogno di appoggiarmi-. E poi, a dire il vero, c'è sta' strana sensazione. O la parete si è scaldata, o io mi sono abituata , perché non riesco mica più a percepirla tanto bene, la differenza di temperatura... |
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