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al testo di Emilia Filocamo
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Ricordo quando chiamasti la nera signora per sverminarmi dalla paura dal ventre e lei, sotto i tre nodi, trovò le tre urla ed i bordi esplosi della culla che non sarebbe arrivata. Ricordo il bastone e la spola- cantilena del fruttivendolo, Don Paolo dimenticato al sonno, ciliegio da marciapiede e la testa ottanta spaiata dalla smemoratezza: anestesia da morte, gatte sorelle. E la Messa pomeridiana nel forno di Via Magenta e l'incontinente colata appiccicosa dei passeri sui marmi del bar e Pippo, silenzioso quanto un nano. Ricordo la bionda signora della farmacia, le gambe bambù sotto il camice bianco, lische senza peli, pali spenti. Ma da notizie sicure, so che la sera è arrivata pure là, strattonando il sole, rovesciando il secchio, pittura buia. Mentre un geco risale la catena dei muri, scalatore upside down, tutti credono di vedermi ancora chiaramente semplice nei miei ritmi blu. Forse anche tu mi credi così, collezionabile fra la caldaia ed il terrazzo, la margherita stizzosa e lo strofinaccio: ma proprio io sono cento volte più spaventosa. |
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