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al testo di Bianca Mannu
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Una folla di io sono i poeti. Una folla sparsa e persa dentro chiuse stanze su spianate di carte su telecanali a bordo di velieri nominali di virtuali scaffali di doleances di minimali gioie di virtuose paranoie.
Assiepati stanno nelle antologie come invenduti pomi nelle ceste dei fruttaioli di periferia scandendo stagioni scoprendo meteopatie verbali proponendo meteo terapie in rima e in libera caduta. Ivi la poesia – un fumo o forse meno – traversa i versi con un vago sentore … di scansia.
Una folla di io sono i poeti. Ciascuno è solo - per costituzione - dentro la vescica del suo Sé a gestire il demone del canto a grufolare tra l’erba delle parole/pianto a ruminare sulle pampas letterarie dove Natura Bella e umanità meschine fioriscono in pascolo ferace.
Questi gli alimenti da metabolizzare con i fluenti enzimi del desiderio e della frustrazione di modo che il Sé - nato piccino - prenda statura da Dio e per modestia prenda nome di io– magari sottinteso nella persona del verbo contemplante che funge da occhio universale.
Un io– quello dei poeti – dallo sguardo ipermetrope e molti libreschi sensi molto cuore e altri debordanti sentimenti. E piangono i poeti la loro sublime solitudine i loro oltretombali amori i loro feroci e denegati odi.
Spiano quel tu che a loro manca. E – quando non usabile a guisa sgabello – lo stringono – in effigie – nel cerchio della loro flebile lucerna.
Il/la poeta! Dopo aver sperimentato e pianto ogni specie – consentita! – di emozione … Dopo molte dichiarate antalgiche passioni e ogni conclamata smania - regolamentare! – avendo percorso clivi di personale scoramento e averli estesi a modelli universali di catasto e di visura …
Dopo aver dipinto in fregi neri - per lungo per largo e per traverso - le più colorate sensazioni – raccolte in forza della specifica entratura dell’Io poetico nei misteri della Natura e nell’ascesi della Psiché - lecito è domandarsi
"Ma perché risulta così inusuale che l’Ego esistenziale del Poeta si scopra e si dichiari – magari in forma antipoetica - parcella solidale e sindacante di quel noi meno formale – senza di cui bene ci campa alcuna gente - ma senza di cui si è … niente?
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