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al testo di Amina Narimi
Tace le Rose e la cura
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Due lunghe strade due figure nell’erba “vai piano. Torna presto dove non sei mai stata” Non c’è casa sul monte Carmelo alberi di pioggia solamente fontane segrete . Seguono la rotta i piedi nel nome che cercava per le rose. Solo uno che non ha raggiunto che difende -Più lontano cuore - le nasce intorno trattenendo fame sulle ginocchia scorticate -il saper toccare insieme un significato che ci basti- a finir la notte. delle notti ad ascoltare dove niente è più visibile a chi viene dopo Rainer. Ha la fragilità che io immagino degli angeli quando spostano il buio dell’aria tra i fiori Là, dietro le palpebre, quel modo suo di venire profondo lo ricevi nel viso e ti chiama. Fa tanto rumore nel nome .. che tace le Rose. e La cura -ferma nel grido come un segno nel grano- impalpabile e chiara una crepa privata offerta a far sera viene splendida in dono posando la pace a chi ha dentro una spina. Le basta poco un nulla per vivere penetrata di luce.
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Leonora Lusin
- 02/07/2013 00:17:00
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Cullata da questi bei versi e dalla tua gentile lettura mi addormenterò più serena
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Ferdinando Battaglia
- 30/06/2013 20:26:00
[ leggi altri commenti di Ferdinando Battaglia » ]
Mentre ti leggevo, rimango sempre affascinato dalla bellezza delle Tue poesie (si sa che il mio non è un giudizio da esperto, ma da piccolo lettore), mi sono immaginato come nomade nel deserto e le Tue poesie come la sua acqua nella ghirba che diverrebbe così sorgente inesauribile, dove sempre dissetarsi. Senzaltro ciò può apparire unesagerazione, linfatuazione di un lettore che ha perduto la distanza critica, ma che importa seppure fosse così. Per me la Poesia è prima di tutto unesperienza quando accade, il resto è letteratura; che però richiede un minimo di cultura mentre larte è anche qualcosa di "primordiale", un sentire con lo anima il Reale. Perdonami Amina, per le troppe e inadeguate parole, solo ho voluto condividere con tutti i tuoi lettori quanto leggendoti mi accade (anche se poi ogni poesia di valore occorre leggerla e rileggerla, perché la si capisce meglio ma, anche, perché la parola, pure quella già nota, non diventa mai muta).
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