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al testo di Caterina Davinio
Il libro delloppio
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* Era notte, notte fonda (perché la notte ha un significato) e io ero in alto e le automobili giocattoli punti sulla pista illuminata dalle luci gialle. Il tempo gettava sabbia fastidiosa sottile; al ventunesimo piano guardai la neve fioccare giù quasi in mezzo alle nuvole dove piccole stelle di neve si formano (nascono gemendo dal buio).
1983 *
Ritrovarmi con quelle pieghe ai lati delle labbra, con quell'espressione di vergogna, un'immagine umiliata fantasia di una bellezza offesa (svanita), ambiguità dello sguardo fuggente, desiderio che non si accontenta della vita degli altri. 1982 * Anorexia Dieci giorni, solo eroina, lunghi sogni stesa sul divano nel mio sacco di preziose ossa poi mi guardo spettrale specchio guardo che giorno è che ora è è luglio, luglio di sempre l'estate fila (filtra) abbacinante tra le fessure delle serrande e ho dormito per secoli in un abisso immaginifico mentre voi vivevate intorno ignari e oggi la casa è vuota raccolgo il mio adorato scheletro lieve come una piuma ed elastico nei pantaloni neri vestita di nero come un segno di cattivo potere. Venti giorni solo pasticche acqua, gocce, purganti, solo girare di notte solo polveri e una forza disumana dei nervi che scatta potente come una molla e fa correre, bruciare rincorrere tutto l'effimero della città-giocattolo tutto ciò che mi svuota
finché la vita sento più forte nel corpo flebile elastico come un giunco fino come un filo d'erba. 1981 [ Poesie tratte da Il libro dell'oppio, puntoacapo Editrice, postfazione di Mauro Ferrari ]
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Laura Niolu
- 29/11/2013 19:55:00
[ leggi altri commenti di Laura Niolu » ]
Immagini potenti temi scottanti duri interessanti trascinanti. Complimenti Caterina!
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Franca Alaimo
- 11/06/2013 22:17:00
[ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]
Sì, è vero quello che dice Loredana: lultima fra le tre poesie presentate è la più carica, la più più forte. Raccontare lesperienza della droga è sempre difficile perché in qualche modo le parole si sottraggono alle esperienze in cui il reale si eclissa: così è per le esperienze mistiche come per quelle che comunque hanno a che fare con particolari dimensioni esistenziali e psichiche. Lautrice ha raggiunto il suo scopo non attraverso la frantumazione della realtà, ma attraverso una sua osservazione obliqua e un suo allontanamento progressivo dal proprio mondo psichico. Algida e suggestiva, nel primo testo, la caduta della neve osservata da un luogo posto molto in alto (un ventunesimo piano), per cui si fa vicinissimo il buio del cielo e si allontana la città fino a sembrare un giocattolo assurdo con le sue macchine e le luci gialle. Negli altri due il linguaggio si tiene vicino alla metamorfosi del corpo, imbruttito e alleggerito, prossimo alla cancellazione, se non fosse per quella reazione abnorme della volontà di sfidare la morte che è un topos dello stato dei drogati. Qualcosa di simile al digiuno dei santi nel deserto, ma per questultimi si tratta di dilatare lanima e Dio, per i drogati di dilatare il proprio io come pura risorsa. Bella scrittura, efficace, asciutta e coraggiosa.
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Loredana Savelli
- 10/06/2013 20:53:00
[ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]
Le prime due preparano la terza che è la vera "bomba" espressiva, le immagini sono forti al punto da volerle dimenticare, invece si impongono e si torna a leggerle. Un saluto!
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