e ci parlò di dio, delle sue leggende. ma non siamo riusciti ancora a chiudere la bocca al sacrestano? - sacro st'ano-
andammo via, e mangiammo veloci la nostra cena.
nelle bottiglie polacche. nei frammenti di sosta, il mio respiro si muove come quel 464, - è l'ora della resa- è così vecchio? non sapeva, joseph- un passante- il perché della nostra scelta: il vento.
la foschia, la brina, i capelli sparsi di lei. sono anni che vivo in questa strada, fredda come l'alba che un cielo ha trattenuto in gola.
e le tue labbra, asia, infuocate dal mio sesso che continui a guardare, cosa sarà per noi il domani, si chiedono quelli che continuano a passarci accanto, e ridiamo che non sappiamo quel che sarà
per noi l'adesso. mostra il grembo di lato la luna, mentre una rondine sembra essersi stampata sul tuo petto. e sento dietro di noi i gradini stupirsi ancora del tanto silenzio. giorni andati
mai visti, mai salutati.
perché enumerarti i paesi stranieri?
io non ho mai calpestato invano. posso dire di aver visto cieli che prima confondevo con i mari. è all'orizzonte che vedi l'aurora
tirar via le lenzuola, distesa, sulla paglia degli astri, mentre ancora continua a raschiare la sua gola. guardami ora, guardami adesso
ora che la luce, fioca, ha mostrato il mio specchio. e c'è una morsa che non mi blocca ma m'assale, nel bianco vermiglio- sai che noia mortale?
non avevamo da sempre cercato di immergerci nella fiamma più alta?
gli opuscoli li compreremo più avanti, andiamo a visitare la cella dell'ade. i suoi spazi, il suo altare.
io non ho mai pianto. ho succhiato le ossa di tutti i vigneti, e sputato l'avena dai miei occhi rossi
con cui guardo ancora, per fondere il vetro della mia pena. voglio sentirlo
entrarmi dentro il suo fiato. e ci sarà un giorno, forse, in cui più non sento il rimbombo dei miei passi.< come un tonfo che riecheggia al matrimonio in una chiesa.>
solleticatori d'arpa! le mie dita conoscono altra musica, altro tema. non potrei mai vestirla di bianco, quali sono i miei pascoli, quale l'arena? i memorandum, i disertori d'ortega?
voglio vederlo sgorgare di sangue quel giorno. voglio il sudore, l'ardore di un'impresa. d'inverno la quercia stende bene i suoi rami.
io, che dipinsi di nero il mio mondo, fino a che non finii i pennelli. poi andai a sparare a flegonte, un colpo solo, alla testa,
e vidi gli altri stalloni , ubriachi d'ambrosia venirmi a sbarrare la strada di fronte.ma le mie scarpe come marca hanno il cielo, che avrebbero mai potuto fare,
se non disperarsi e sgroppare e poi brucare nei pascoli del vento?
ed ora sono qui, con joseph e qualche smargiasso di strada. di fuori piove, ma fa nulla, ché spero ancora di vedere la madonna
venirmi incontro con la sua sottana color brace. pelle scura, capezzoli rosa, la sintesi unificativa- unitiva ai lati della fica- che solo può portarmi lontano,
e allora soltanto ti chiederei, asia, di concederti a me come sposa. e poi
di nuovo via, lontano, di buona lena, continueremo a parlare di dio, e a ricordarci che il vero amore mai la conoscerà, un'ultima cena.
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Adielle
- 20/01/2013 00:59:00
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Sfolgorante! complimenti, letta a voce piena, a modo mio, ignorante di punteggiatura e versi a capo,pane al pane e vino al vino è una goduria per il palato e tutti i sensi,grazie!
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Stefania Stravato
- 06/01/2013 23:42:00
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La Poesia, renderla compiuta/entrarvi - è un momento improvviso, una folgorazione. Unesperienza unica che pure si rinnova. Così è leggerti, consapevolmente più ricchi e vicini e allo stesso tempo così distanti da questa maturità della parola.
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Amina Narimi
- 06/01/2013 16:15:00
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Una lente per sopportare il ghiacciaio,occhiali neri per leggerti. ma quanta voglia di lasciarsi accecare e saperti leggere come gli anelli ai miei alberi!
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cristina bizzarri
- 06/01/2013 13:00:00
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Una scrittura vibrante di vita non incanalata in strettoie, ma che trasformi in poesia, grido e misticismo della carne, del sangue e della mente. Così per me questo splendido testo. Grazie della scossa non omologante.
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Franca Figliolini
- 06/01/2013 10:24:00
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lamore come una unica verità, unico luogo in cui lio e la circostanza arrivano a sintesi? gran bel lavoro, vlad, gran bel lavoro.
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Giorgio Mancinelli
- 06/01/2013 08:30:00
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Scusa, ho dimenticato di chiederti chi sono i disertori di ortega, è un pezzo di storia che non conosco, o forse solo perché non ci appartiene. Comunque è molto intrigante. Ciao!
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Giorgio Mancinelli
- 06/01/2013 08:26:00
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Solitamente non leggo chi è lautore o da dove viene ma osculto tra le parole il suo respiro poetico che mi soffia sul collo e dietro la schiena se nella vibrazione cè lafflato dellautore sincero che, se è autentico, entra in comuncazione con il mio sentire e mi suggerisce le parole efficaci su cui impiantare il nostro rapporto autore/lettore/uditore/commentatore. Sempre che mi si chieda un commento, come in questo caso, in cui capire è più forte del sentire. E, onestamente devo dire che la vibrazione è qui insita nelle parole utilizzate nel componimento, come a formare una sorta di mitologia personale, di grande portata e sicuramente usata ad effetto. Ma, appunto usata seppure con tenacia veritiera da Vlad. In quanto a capire il messaggio risulta sincretico, cioò conglobante diverse sfaccettature e diverse situazioni che sono perciò precluse al lettore, per cui viene tagliato fuori da un mondo mitico che non è suo e che non gli appartiene. Stravolgenti risultano così i concetti, un poco fine a se stessi, di un dramma personalistico, che non si riesce a condividere, per quanto possa essere autenticamente vissuto. Ma forse la mia è solo presunzione di lettore abituato a capire. Ottima la struttura compositiva, e mi raccomando Vlad continua pure a stupirci con i tuoi scritti, penso convintamente che valga la pena di leggerti.
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