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Grave disordine con delitto e fuga

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Il fulminante incipit «Da qualche tempo nella vita dell’ingegner De Rossi c’era un lieve disordine…», riassume la trama del breve romanzo di Ezio Sinigaglia che dal 1994 attendeva di essere pubblicato ed è apparso nel febbraio del 2024, con una bella copertina che porta direttamente il lettore nel punto culminante della trama, senza farsi notare e senza enfatizzarlo troppo. La narrazione ha sin da subito la caratteristica della dinamicità, ricorda quei cartoni animati del vecchio Carosello, con figurette un po’ squadrate che si muovevano in città, fabbriche e altri luoghi stilizzati e densi di colori primari. E questa è una connotazione assolutamente positiva. Ognuno dei personaggi ha in sé una forte caratterizzazione, la scrittura è talmente rutilante da apparire dotata di colori e luminosità. Si tratta di vere e proprie pennellate miscelate sapientemente: frasi che si inanellano in ellissi che riescono a contenere dialoghi, tic, analisi psicologiche e luoghi che sembrano proprio volare via. E, soprattutto, come dicevo, la narrazione è dotata di un dinamismo tale che rende il tutto rapido e quasi sfuggente, si sofferma sui particolari giusto il tempo di farceli vedere, e gustare, per poi ripartire come una macchina da presa montata su di un carrello molto veloce. Ed è proprio la presenza del bellissimo Jimmy, ultimo assunto nell’impero industriale del già menzionato ingegner De Rossi, a contribuire alla celerità. La bellezza del ragazzo, sempre saettante, rapido ed efficiente fattorino munito di vespino aziendale, è tale che chiunque lo veda ne resti soggiogato: «La bellezza di Jimmy era una di quelle bellezze invero rarissime, che non dipendono da nessuna condizione e che non presentano nessun limite, debolezza o difetto». Ecco, la perfezione del ragazzo che trascende generi ruoli e inclinazioni, la bellezza assoluta, potremmo dire. Tanto da diventare un tarlo anche per il De Rossi, abituato a risolvere qualunque cosa, capace di impensierirlo, in modo rapido ed efficiente. Invece, il bel Jimmy non si lascia intimidire dalla posizione del manager, né sembra mostrare un punto debole attraverso il quale l’ingegnere possa riuscire a tenere testa o, meglio, fare suo, il bellissimo. Le aziende del De Rossi producono caldaie, quindi non ci sono espedienti come per colui che sembra essere il predecessore del protagonista di questo libro, quel messer Landone di Lopezia che creò un marchingegno grazie al quale concupire il bel Nerino. Dunque, visti i tempi e l’ambientazione “industriale”, arrivano in soccorso all’impaziente ingegnere, dei documenti da leggere urgentemente e che gli vengono recapitati direttamente nel suo giardino da Jimmy. Forse, pensa De Rossi, è l’occasione per risolvere il lieve disordine rappresentato dal ragazzo. A questo punto la narrazione cambia registro, passa dall’esteriorità delle situazioni a una descrizione metaforica dell’animo dei protagonisti. Ci si trova in un giardino, il clima è torrido, vi è un fitto boschetto, sembra di scivolare all’interno delle ombre dell’animo umano. La temperatura elevata del desiderio, le ombre che celano o rivelano i lati nascosti, luogo che quasi esula dall’ordinario, liberando i protagonisti dalle regole imposte dalla società, un ritorno alle origini, alla fonte del desiderio. Ma anche luogo d’elezione nella narrazione di Sinigaglia dove i desideri hanno piena e valida cittadinanza, come la già citata Lopezia, o le rive del fiume in L’amore al fiume. Ma in questo caso sembra esserci un elemento in più, ancor più ombroso, rispetto allo scintillante prato arabescato di parole percorso sino a qui. Ho avuto la sensazione che a un tratto i protagonisti si fossero ritrovati nel labirinto di Cnosso in cui un uomo, la cui testa è ormai invasa da un istinto ferino, cerca la preda da divorare. Ma invece di trovarsi di fronte un’inerme vittima dei suoi appetiti, si trova di fronte a una copia di sé, o di un sé in divenire; infatti, Jimmy appare anch’esso come una sorta di mostro che ha già mietuto la sua vittima. Una vittima eccellente dal nome evocativo di Semien, nome mutuato dal francese c’est mien, ovvero che appartiene profondamente all’ingegnere. Va bene che ha un impero industriale, ville, soldi e tutto, ma solo Semien è intimamente suo. Dunque, due minotauri si fronteggiano, simili ma profondamente diversi e la soluzione al lieve disordine, al delitto conseguente, è un amplesso in cui uno dei due è ricondotto a essere la Pasifae che li generò e che ne uscirà sconfitto.

La narrazione è condotta con la mirabile maestria a cui Ezio Sinigaglia ci ha abituati, le descrizioni della bellezza di Jimmy sono dei capolavori in cui si fondono colori, armonie vegetali e animali:

«Aveva capelli lisci, decisamente più chiari che scuri, ma non banalmente e volgarissimamente biondi: di un cangiante, sfuggente, inafferrabile colore di campi nel sole, di mazzi di cereali mischiati, di arbusti indecisi fra siccità ed acquazzoni, un colore insomma incredibile di oro vegetale o animale ma comunque vivente».

Tanto più è variegata e movimentata la bellezza del ragazzo, tanto più appare monolitico tutto il resto, l’azienda, i dipendenti, il proprietario e la sua famiglia, inamovibili dalle loro posizioni e nel loro essere. Il bel Jimmy diventa così il catalizzatore di tutto ciò che lo circonda, dove passa lui, l’aria assume sfumature diverse, si magnetizza e produce in chi lo vede sintomi di cui è difficile liberarsi. Ricorda la celebre frase di Frank N Furter del Rocky Horror Picture Show: I’ll remove the cause but not the symptom: me ne posso anche andare ma i sintomi della mia presenza resteranno in chiunque. In fondo ciò che provoca il leggero disordine nell’ingegnere, probabilmente è anche dovuto al fatto che Jimmy gli è speculare, sebbene in posizioni così diametralmente opposte, i due sono così fortemente in grado di influenzare le vite di chi li circonda da essere simili nell’effetto che producono. Questo li lega indissolubilmente rendendoli inconciliabili ma profondamente attratti l’uno dall’altro.

Una lettura raffinatissima, che svela la famosa legge del desiderio, e che conduce il lettore in una narrazione fatta di numerosi rivoli che si intersecano, creando una tessitura gioiosa e sorprendente. Il romanzo, nella sua brevità, è portatore di letture e significati, oltre che rimandi e citazioni nascoste. Per esempio, la similitudine tra la famiglia De Rossi e i Guermantes, con una dama che ama circondarsi di personaggi noti e meno noti, «quelli che la madre dell’ingegnere De Rossi, donna di affascinante noncuranza e di un’ironia corrosiva, chiamava le medicine che prendiamo per gola». Come si nota il tutto permeato da una notevole ironia che rende il narrato aereo e suggestivo.

Si potrebbe dire che il lettore viene condotto per mano da Sinigaglia in una lunga e rilassante passeggiata in un giardino delle meraviglie, in cui siepi, fontane e statue creano un suggestivo panorama in cui ci si incanta. Nel giardino incantato trovano posto anche voliere e gabbie con animali esotici, il cui piumaggio o il pellame hanno i più sorprendenti colori. Ecco, immaginiamo, dopo questa passeggiata, di sdraiarci un attimo a riposare sull’erba. Gli occhi, piano piano, si chiudono e si scivola nel sonno. Il riposo viene interrotto da alcune voci, attoniti ci accorgiamo che dietro di noi vi è una stanza le cui persiane spalancate ci consentono di sbirciare all’interno. Improvvisamente siamo con il narratore a Montjouvain a osservare, non visti, una scena di profanazione, due persone che sono attratte l’una dall’altra, per poter rendere evidente il loro legame, devono recidere un legame profondo. Devono rinnegare ciò che li ha condotti sin lì e farsi beffe della posizione, le fabbriche, la bellezza, le conquiste e abbandonarsi esclusivamente al loro desiderio.

 

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