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Scrivi un commento al testo di Marco Banti
Dategli almeno un calcio

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Le sigarette al suo fianco, sul selciato; un pacchetto sopra l’altro, come in ordine, con cura.
Un cappello sporco, sgualcito, più lontano; forse il vento. C’è anche un soprabito, anche lui lercio; anche lui più in là.
Nel sole caldo di questo inizio Settembre, pomeriggio verso sera, quella figura a terra davanti al portone del duomo, i piedi ancora sull’ultimo gradino, il viso a pieno sole con le braccia distese, oltre il capo, verso la chiesa rimanda ad immagini da film. Tutto ricorda una esecuzione mentre lo sventurato cercava protezione e rifugio.

Calma!!! calma, non è un film. Nè registi nè set nè televisione di fronte alla quale posare, telefonino all’orecchio e manina alzata nel beota “ ciau ciau, mi vedete, sono in tivvi!!! "
Nulla di tutto ciò; è solo un ubriaco -brutto sporco cattivo ubriaco- ma niente film nè tele ed allora lo si può scavalcare senza nemmeno guardare od aggirarlo senza però dimenticare di farsi il segno della croce (siamo comunque davanti ad una chiesa).

C’è fretta;...non c’è tempo; c’è chi “...so come vanno queste cose” e chi “...ma lascia perdere”. C’è la mamma scandalinorridita che strattona lontano la figlia e chi ha lo sguardo “amico! ti conosco, non mi freghi!!!” chi scuote la testa, uno ride, un altro, a distanza, guarda e tace. Uno rallenta, butta un occhio e poi sgomma via. E poi...c’è lui! E’ lì, immobile; il cappello ora più lontano e quei due assurdi pacchetti di sigarette e il mondo passa

guarda
           giudica
                      ride
                            deride
                                      scavalca
                                                    aggira
                                                              scansa                                  ...non vede nemmeno.

Due cose di questo allucinante film breve, prima dell’arrivo della crocerossa, mi colpiscono:
nessuno! Proprio nessuno si ferma; a vedere se sta male, se ha bosogno di qualcosa.
Nessuno che gli dia almeno un calcio per almeno vedere se è vivo.
Rivedo, dopo tantissimi anni, un vecchio amico; amico di discussioni feroci, feroci litigate. Per lui il tempo non è passato, sempre bello come un dio, sempre dolce nella voce, sempre quei suoi capelli biondi e lunghi e lisci e con la riga in mezzo. Porta con se una grande valigia; chiedo “dove vai?” Lui vuole sapere dove è la stazione.
Vuole partire

Non vuole più tornare


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