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Un cane morto

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Il mio cane è morto.

Lo sotterrai nel giardino
insieme ad una vecchia macchina ossidata.

Lì, non più sotto,
ne più sopra,
si unirà con me un giorno.
Ora ormai se ne è andato col suo pelame,
la sua maleducazione, il suo naso freddo.
Ed io, materialista che non crede
nel celeste cielo promesso
per nessun umano,
per questo cane o per ogni cane
credo nel cielo, sì, credo in un cielo
dove io non entrerò, però lui mi attende
ondulando la sua coda di ventaglio
perché io al giungere abbia amicizie.

Ahi, non dirò la tristezza sulla terra
di non averlo più per compagno
perché mai fu per me un servitore.
Ebbe verso me l’amicizia di un riccio
che conservava la sua sovranità,
l’amicizia di una stella indipendente
senza più intimità dell’essenziale,
senza esagerazioni:
non si arrampicava al mio vestiario
coprendomi di peli o di acari,
non strofinava contro il mio ginocchio
come altri cani ossessivi.

No, il mio cane mi guardava
dandomi l’attenzione necessaria,
l’attenzione necessaria
a far comprendere a un vanitoso
che essendo cane lui,
con quegli occhi, più puri dei miei,
perdeva il tempo, ma mi guardava
con lo sguardo che mi riservò
tutta la sua dolce, la sua pelosa vita,
la sua silenziosa vita,
vicino a me, senza mai importunarmi,
e senza chiedermi nulla.

Ahi quante volte volli avere coda
andando unito a lui per le rive
del mare, nell’Inverno di Isla Negra,
nella grande solitudine: in alto l’aria
trapassata di uccelli glaciali
e il mio cane che saltava, irsuto, colmo
di voltaggio marino in movimento:
il mio cane vagabondo e fiutante
inalberando la sua coda dorata
fronte a fronte all’Oceano e alla sua spuma.

Allegro, allegro, allegro
come i cani sanno essere felici,
senza nient’altro, con la tirannia
della natura sfrontata.
Non c’é addio al mio cane che è morto.
E non c’é né ci fu menzogna tra di noi.

Già se ne andò e lo interrai, e questo era tutto.

(tratto da Obras Completas, Editorial Losada, Buenos Aires 1973, traduzione di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli)


 Silvia Rizzo - 31/03/2014 13:33:00 [ leggi altri commenti di Silvia Rizzo » ]

Cara Loredana, grazie per averci fatto conoscere questa poesia: è perfetta. Silvia

 Giacomo Colosio - 31/03/2014 13:14:00 [ leggi altri commenti di Giacomo Colosio » ]

Grande Neruda...non conoscevo questa poesia, e ringrazio Silvia che me l’ha segnalata. Forse solo chi ama i cani può capirne l’essenza e può cogliere il grande rapporto di parità e di democratica convivenza che Neruda dimostra di aver avuto con quel cane.
C’è in questi versi una sorta di ineluttabilità sia nei riguardi delle vicende umane che in quelle dei cani, che pure hanno un’anima, come giustamente sosteneva Jung.
Ho provato le stesse cose per il mio cane, che anch’io ho sotterrato in giardino coprendolo di tutti i fiori che c’erano in quel momento...eppure la forza emotiva di questi versi non avrei saputo trovarla per descrivere il mio rapporto con Diana, una femmina di Breton che ho salvato dalla morte una ventina di anni fa. ne ho parlato anch’io, in prosa...ma la poesia è altra cosa, e non è da tutti riuscire a scrivere versi tanto belli per un cane. grazie a Silvia per la segnalazione e complimenti a Loredana per avercela fatta conoscere...holahola.

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