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Dicembre venticinque

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Dicembre venticinque giorni

a ritroso

contavo i chicchi di neve la somma

di zucchero spolverato sulle strade

asfalto il peso esatto catrame

un mucchietto di gelo montato

in spuma di ore venticinque

una di attese da raccogliere spillare

tra le luci intermittenti che schizzano

gialline tutt'intorno malinconiche,

il mio dono la tua barba bianca

- bianca o era nera o non era? -

Babbo Papà Natale

ti ho scritto venticinque letterine  - anni

(non) ti amo infatti non ho smesso di aspettarti

e di cercarti e di credere che esisti

in ogni uomo che mi stringe un fiocco

rosso nella carne

- sono io il giocattolo a buon prezzo il dono -

 

quest'anno quest'inverno

questo numero di ghiaccio venticinque

aghi di pino a pungermi le palpebre

regalami l'incanto d'un abbraccio

una carezza un passaggio - tienimi - 

sulle tue ginocchia

contami appesi alle dita della mano

venticinque desideri tutti uguali

- amami come sono

non sono stata buona forse, è vero

 

ma tu, Padre, tu nemmeno.

 

 

Silvia Rosa, da "Genealogia imperfetta", La Vita Felice 2014

 

 

 

 

 

 Loredana Savelli - 02/11/2011 15:23:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Veramente di classe questa poesia che "aggredisce" il senso comune della parola paternità, con la "p" sia minuscola che maiuscola. Veramente forte nel contenuto e ritmicamente mobile, sembra seguire la compulsione di ricordi dolorosi, di rimpianti, di recriminazioni. Inoltre nella figura del "padre" si intravede la figura maschile tout-court, e quindi la poesia affronta, sia pure di striscio, l’aspetto direi freudiano del rapporto uomo-donna.
L’ho intesa così.

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