La lettura di questo romanzo è coinvolgente e appassionata, e induce a riflettere, a elaborare commenti per esprimere ciò che si prova.
La veste editoriale del libro è molto curata, con una copertina satinata dalle calde sfumature ramate, piacevole al tatto, e con l’emblematica immagine femminile pensosa, che ben rappresenta lo spirito di questa nuova produzione di Patrizia Pallotta.
Prefazione di Mirella Triboli e postfazione di Valter Casagrande incorniciano e suggellano il romanzo, inquadrandolo compiutamente, facendone emergere l’essenza profonda.
La scrittura si presenta suddivisa in 27 capitoli, che definirei piuttosto paragrafi, nel senso di titoli consoni a ciascun momento narrativo.
La storia si svolge al termine dell’assedio di Sebastopoli, durante la guerra di Crimea, iniziata nel 1853 e conclusa nel 1856, il primo febbraio.
Gli eventi si svolgono negli ultimi giorni, ai quali segue la pace, e sembrano proseguire nel periodo presumibile di circa due mesi successivi, in base allo sviluppo delle vicende.
Il romanzo si impernia sulle storie di tre ragazze ormai già donne, che diventano amiche, in maniera del tutto casuale, nel periodo in cui l’assedio volge al termine, pienamente coinvolte nella sofferenza, nel travaglio bellico, interpreti di una più generale disfatta materiale e umana dei luoghi, della città, delle persone.
Sveta (diminutivo di Svetlana), Oksana, Ekaterina, tre donne diverse, con storie diverse, che si ritrovano nell’amicizia a percorrere strade parallele, a vivere e partecipare assieme le novità che si affacciano, a condividere timori, perplessità, speranze, delusioni, e infine decisioni, quelle che il titolo anticipa, e che si collocano fra due possibilità, fra le quali deve determinarsi la “scelta”.
Una scelta di natura esclusiva, di cui l'autrice sottolinea la traccia identificativa, e rivela il vero ed essenziale contenuto del romanzo nella parte finale, dove il dubbio, peraltro rappresentato in copertina dalla mano sotto il mento della donna, viene svelato. È dal dubbio che nascerà la scelta per le tre protagoniste.
Il primo personaggio, Sveta, ricalca lo spirito e una sintesi in pochi tratti essenziali dell’esperienza di vita dell’autrice, sia in campo artistico che umano. Sveta, che si interroga sulla propria esperienza di vita, in rapporto al matrimonio, soppesandone i risultati, cercando di bilanciare aspettative iniziali frustrate e i frutti ancora non realizzati; Sveta che ancora si interroga sulla possibilità di recupero di un rapporto che si è andato stemperando scialbamente, ma che rivolge attorno la speranza per percorrere nuove strade al proprio bisogno d’amore. Sveta, che scrive per passione, a volte all’aperto, in un parco verde dove ha l’occasione di incontrare l’infanzia, nella persona di un bambino, con il quale ella conduce un rapporto affettuoso, teso a rassicurare pensieri e dubbi che in tenera età emergono, specialmente in un contesto duro, quello bellico, fra i quali quello della morte ha bisogno di un conforto.
Accanto le è Oksana, donna impegnata in ospedale, che cerca di lottare contro i danni ai corpi di quanti hanno subito le conseguenze dirette delle armi, Oksana che si prodiga sacrificandosi nella propria missione, ma che sogna una sua storia in cui ritrovare l’identità di donna, in cui realizzare un rapporto di coppia che la appaghi.
Infine Ekaterina, ragazza travolta dagli eventi, che ha fatto del proprio corpo, per necessità, uno strumento per ricavare da vivere, nel solco del mestiere più antico del mondo.
Ekaterina che vive con disagio questa condizione, che attraverso il dialogo con le altre due nuove amiche, vuole riscoprire una normalità, poggiata su un nuovo obiettivo di vita che il destino le offre per un possibile riscatto.
La mano dell’autrice conduce sapientemente i tre personaggi, rivelandone la psicologia più intima in questi momenti decisivi, dipingendone incertezze, indecisioni, speranze, delusioni, e mostrando una completa conoscenza dell’anima, della sfera femminile.
L’autrice prende il lettore per mano, amichevolmente e saldamente, e lo guida con premura alla comprensione delle situazioni, degli stati d’animo, delle emozioni dei personaggi.
E ogni tanto ferma il lettore, lo rivolge verso di sé, e gli parla con linguaggio diretto, edito in caratteri corsivi, attraverso una nuova forma letteraria, staccata dal racconto, decontestualizzando la narrazione e traslando su un piano simbolico concettuale il proprio pensiero, elevato in uno spazio ove esprimersi liberamente, in maniera concisa ma incisiva.
La scrittura di Patrizia risente inevitabilmente e piacevolmente della sua matura provenienza di matrice poetica, in cui il linguaggio è carico di contenuto, ben oltre la pura espressione verbale, lessicale. Il lettore non può percorrere queste pagine distrattamente, o sviato da sottofondi mediatici o di vita quotidiana, in quanto è indispensabile la concentrazione, per afferrare e godere appieno la parola, che non è semplice contorno o descrizione strumentale del fatto, ma è essa stessa protagonista, esplosione concettuale che apre continui sipari emotivi, che conduce la mente e l’attenzione del lettore in miriadi di riflessioni parallele. Questa è la potenza della poesia, mentre si trasferisce in prosa, non solo nella sua connotazione estetica.
E questo riesce agevolmente a Patrizia, attenta e partecipe fin nei minimi particolari nel racconto, come se vivesse un totale coinvolgimento esistenziale con i propri personaggi, con le proprie scenografie narrative.
Al lettore uomo si presenta un’occasione straordinaria per avvicinarsi alla comprensione del pensiero femminile, dato che il romanzo è propriamente tutto al femminile, precisamente nella forma espressiva, nell’anatomia dei personaggi e nello stile narrativo.
La lettrice invece ha modo di ritrovarsi agevolmente, in un clima di totale intimità, entro la sfera della propria sensibilità di donna, quella in cui spaziano emozioni, pensieri, protagonisti, sentendosi vicina alla scrittrice, potendone percepire appieno il respiro espositivo ed esistenziale.
Nella lettura assorta ma attenta, lasciando che le emozioni ricreino uno specchio in cui intravedere riflesse le immagini degli scenari, gli eventi, le inquietudini dei personaggi, a volte è come respirare un’aria, una velata atmosfera proustiana, rinfrescata da sbuffi di una sottile impalpabile brezza brontiana.
“ Ad hoc “ le brevi citazioni dell’opera di Tolstoj tratte dai “Racconti di Sebastopoli”, inserite volutamente, a volte al termine d’un capitolo, che cercano di fungere da àncora nel solco del romanzo storico, omaggio al grande autore che ha vissuto personalmente la disfatta di Sebastopoli, e con maggiore maestria ha saputo scavare nel dolore di quella tragica vicenda, con lo scopo di far rivivere nel lettore sprazzi di una realtà dolorosa e tragica, come una immagine fotografica, un fotogramma, uno stringato “reportage” di guerra.
In definitiva, una esperienza letteraria da percorrere con consapevolezza, come per inerpicarsi su un erto sentiero di montagna, superando gli ostacoli per raggiungere quella cima dalla quale estendere la visione di un panorama spettacolare.
Libro da leggere non solo una volta, ma ancora due o più volte, perché ad ogni rilettura le parole rivelano nuove sonorità, accompagnate da più intense interpretazioni del pensiero dell’autrice.