Il compito del poeta è superare l’incomunicabilità. La poesia è una sfida che chiede di superare il luogo comune per necessità “estetica”. Questa necessità nasce dall’insoddisfazione, l'idea che non sia tutto già detto.
E “il già detto” non è solo banalità ma è anche meraviglia, arte. Ma noi cosa possiamo fare? Possiamo cogliere nel “già detto” la trasparenza del nuovo. Se c’è un motivo per cui tutto sembra molto bloccato è nel tragico egocentrismo a cui ci spinge a società dei consumi. Non lo dico in senso morale, lo dico come autore. L’egocentrismo crea un inganno che impedisce la creatività, che blocca tutto sull’esistente, perché il “non ancora”, ciò che deve venire, potrebbe prevedere l’assenza di questo “io”, che comunque alla fine passerà. E questo per l’io è inaccettabile, indicibile. Ma proprio perché crea un qualcosa di “indicibile” blocca la creatività per rendere qualunque parola pallida riproduzione di una parola già detta.
Percepisco però nei testi che leggo ad esempio in questo sito, un anelito di superamento di questa realtà bloccata. E questo superamento ci sarà. Ci vuole la fame per spostare qualcosa. Ma fame di cibo noi non ne abbiamo. Allora quale fame ci potrà smuovere? Cosa ha cercato l’uomo subito dopo aver risolto i suoi problemi fisici? Credo che la prima ricerca sia la bellezza. È nata forse prima la poesia della prosa e prima di queste l’arte figurativa e prima ancora, forse la musica.
Volete che vi dica l’ultima volta che ho visto la bellezza? Sto sgombrando casa e sono venuti a vuotarmi l’appartamento dalle cianfrusaglie degli zingari, non dico nomadi, non dico Rom, voglio dire proprio zingari. Facce vissute, fuori dal nostro comodo mondo, cacciati fuori da tutti. Ma i loro sguardi, le loro risate, il loro modo di fare, tentando una cortesia che non gli è familiare perché gli è familiare in realtà una schiettezza tanto umana, erano belli. Non lo dico con invidia, la loro vita non è da invidiare, non so perché lo dico, perché rifiuto anche il mito del buon selvaggio, l’animo umano è uguale per tutti. Ma è proprio questo il fatto: la loro bellezza e il mio non saper dire perché mi ha dato il sentore che sia proprio lì dove bisogna andare a cercare il “non detto”. E anche se questa può sembrare una storia che si ripete, cercare la bellezza fra i “ragazzi di vita”, non è così. Fuori da noi stessi troviamo un mondo sempre diverso, cangiante, ma dobbiamo uscire perché altrimenti il nostro orizzonte si farà sempre più grigio e questo potrebbe diventare insopportabile.
Luca giordano.
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