:: Pagina iniziale | Autenticati | Registrati | Tutti gli autori | Biografie | Ricerca | Altri siti ::  :: Chi siamo | Contatti ::
:: Poesia | Aforismi | Prosa/Narrativa | Pensieri | Articoli | Saggi | Eventi | Autori proposti | 4 mani  ::
:: Poesia della settimana | Recensioni | Interviste | Libri liberi [eBook] | I libri vagabondi [book crossing] ::  :: Commenti dei lettori ::
 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Sei nella sezione Recensioni
gli ultimi 15 titoli pubblicati in questa sezione
Pagina aperta 2034 volte, esclusa la tua visita
Ultima visita il Sat Nov 23 12:34:00 UTC+0100 2024
Moderatore »
se ti autentichi puoi inserire un segnalibro in questa pagina

Finché dura la colpa

Romanzo

Crocifisso Dentello
Gaffi editore

Recensione di Maurizio Soldini
[ biografia | pagina personale | scrivi all'autore ]


[ Raccogli tutte le recensioni scritte dall'autore in una sola pagina ]

« indietro | stampa | invia ad un amico »
# 0 commenti: Leggi | Commenta » | commenta con il testo a fronte »




Pubblicato il 11/12/2015 12:00:00

 

Una storia avvincente, ben architettata e scritta bene e con leggerezza. Quella leggerezza che Italo Calvino invocava nelle sue Lezioni americane.
A Dentello va dato atto di essere molto abile nella scrittura. Crocifisso è giovane, ma si sente che di libri, come il protagonista del romanzo, ne ha macinati davvero tanti. E alla fine il mestiere lo ha davvero imparato. Il suo linguaggio è fluente, accattivante e semplice, come semplici sono i personaggi del suo romanzo. Romanzo costruito nello scenario della periferia urbana della Brianza, ma che potrebbe essere la medesima periferia di ognuna delle città italiane, al nord come al sud. Là dove, semplicemente, alligna la miseria di chi lotta costantemente con la sopravvivenza attraverso il lavoro. Ed è proprio il lavoro che Domenico, il protagonista del romanzo, detesta. Facendo entrare in crisi i rapporti con la famiglia, già di per sé precari, a causa di vicissitudini, che, guarda caso, attanagliano sempre e sempre più i meno abbietti. Il padre di Domenico è immigrato dalla Sicilia proprio alla ricerca di una sistemazione economica attraverso il lavoro. E vorrebbe che anche il figlio potesse attraverso il lavoro trovare una qualche realizzazione, oltre che portare un aiuto economico alla famiglia. Ma Domenico non ne vuole sapere. Perché in fondo Domenico è un diverso. E la diversità è uno dei fili rossi di questo romanzo. Domenico è un solitario, un asociale, una persona senza amici, che detesta la scuola, non approva la mentalità dei suoi coetanei, non ama fare quello che solitamente amano fare i giovani, andare a rimorchiare, andare in discoteca, parlare sempre di sesso e di sport e di macchine, di sbornie, di fumo etc. Domenico ha un solo interesse, un solo amore: i libri. Le sue amicizie sono tra le pagine e le righe dei tantissimi libri che legge e in particolare tra i numerosi libri c’è un grande amore: Pier Paolo Pasolini, che a un certo punto farà da galeotto alla vera svolta della vita di Domenico, quando, underground, incontrerà Anna, anche lei innamorata di Pasolini.
Domenico è una mosca bianca come per lo più sono mosche bianche coloro che amano leggere, che amano i libri. Solo chi è in qualche modo come Domenico, e non siamo pochi, può capire che cosa significhi rubare del tempo alla lettura al profumo dei libri…
In Domenico scatta quel meccanismo che porta all’eremitaggio sociale, in qualche modo all’emarginazione nella diversità. Diversità in qualche modo voluta, anche narcisisticamente, con consapevolezza e determinazione, diversità da tutti gli altri, la maggior parte, che mirano all’utilità, al profitto economico, alla carriera, al potere, al prestigio, o più semplicemente, come si diceva una volta, al posto fisso. Ma uno dice a se stesso che è contento così e si sente realizzato. Ma tutti gli altri non potranno mai capire che significhi stare con un libro e godersi la lettura, al punto che ti bollano come diverso.
Uno dei tratti, e ve ne sono tanti, a far di questo romanzo 'un grande romanzo' è la costante nota di realismo. Senza troppi fronzoli. Senza iperboli. Si dice pane al pane. E in molti tratti sembra di rispecchiarcisi dentro, in tante situazioni, in tanti personaggi della storia. Che non è altro che storia impregnata di vita. Quando la letteratura si fa vita e la vita diventa letteratura. Una vita, quella vita, attraverso le vicende del protagonista, che sembrerebbe voler rifiutare la vita “pragmatica” per volersi rifugiare nel mondo dei libri e della fantasia, come dicevo, - in quella che sembrerebbe essere per Domenico ed è, mi sia consentito, la vera vita “attiva”. Ma alla fine Domenico si ritrova suo malgrado imbrigliato in vicissitudini e in una vita, non voluta né desiderata, in cui viene gettato a forza e senza volerlo, come la 'gettatezza' heideggeriana ci lancia nostro malgrado nell'esistenza.
Romanzo vero, aderente alla realtà, giocato nella periferia, tra persone umili e semplici, che arrancano non per vivere, ma per sopravvivere, fino a trovarsi in una vera e propria lotta tra poveri.
Sulla falsariga della stravagante diversità di Domenico, che più che definire psicologica mi sentirei di dire spirituale (perché qui c’è un discorso fine e di fondo che inerisce la libertà), si innesta l’altro caposaldo del romanzo che è il tema della colpa. E dobbiamo essere grati a Dentello per averci regalato Finché dura la colpa, che con la sua lievità, ma nello stesso tempo profondità, ci immerge in una temperie realistica tutta contemporanea, ma con radici affondate nella classicità. Come dicevo, uno dei temi forti del romanzo è appunto la colpa, che viene affrontata in modo da richiamare tutta una tradizione a partire dalla tragedia greca e passando per Fëdor Dostoevskij. E ancora una volta ci viene fatto assaporare il mistero della colpa, da cui non se ne esce e non se ne può uscire, finché dura la colpa stessa, dacché è difficile renderla manifesta nella sua genesi e rimane sempre al di là del bene e del male o se vogliamo al di qua...
Altra nota positiva del romanzo sono i frequenti sprazzi di poesia (del resto Pasolini docet e non per niente il poeta friulano è nelle corde non solo di Domenico, ma anche di Crocifisso) e allora troviamo nell’intelaiatura del romanzo un uso molto frequente di metafore, delicate e forti nello stesso tempo, a seconda delle circostanze.
Anche la trama e l'intreccio del romanzo sono da manuale. Nella misura in cui non vi è quell’appesantimento ormai quasi fatale (e inutile) che ritroviamo in molti romanzi. Ma chi ha detto che un buon romanzo non debba essere agile e snello, e invece piuttosto un polpettone o un mattone, come oggi spesso ne troviamo? Alla indigeribilità e alla pesantezza, preferisco l’agile, snella e poetica allusività del dire, del narrare e scrivere quanto basta. ed è questa la cifra della scrittura poetica di Dentello: agile, snella, lieve nella sua efficace profondità.
Alla fine una constatazione su base comparativa. Se letto in concomitanza o in vicinanza con altri libri (come ad esempio il libro La ferocia di Lagioia (vincitore dello Strega di quest'anno), Finché dura la colpa fa perdere ancor più i punti a quei libri, dacché ci insegna, insegna a molti, come si scrive un romanzo.
Per essere opera prima, questo romanzo fa intravedere un bel percorso di Crocifisso come romanziere. Bravo Crocifisso Dentello!

 

 

 




« indietro | stampa | invia ad un amico »
# 0 commenti: Leggi | Commenta » | commenta con il testo a fronte »