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Come lui

di Michele Rotunno
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Pubblicato il 09/04/2011 12:38:45

Sul ripiano color noce del tavolo del soggiorno spicca solitaria una busta bianca, la guardo curioso, è indirizzata a me, rivolgo lo sguardo a mia moglie che indaffarata a togliere granellini di polvere mi risponde con un secco “leggi”. Prendo la busta, leggo il mandante, la segfreteria del liceo scientifico. Mi rivolgo di nuovo a lei, questa volta espressamente.
“Cos’è, Valerio ne ha combinata un’altra? Quel ragazzo ci farà impazzire. Di che si tratta?”
“Leggila” conferma lei agitando il pennacchio sullo schermo della tv.
“Tu l’hai già letta?” le chiedo mentre l’apro. Domanda inutile perché si nota che non è stata ancora aperta. Estraggo la lettera e vengo messo a conoscenza dalla presidenza che dovrò recarmi a scuola per conferire con il preside. Valerio si è assentato illegittimamente all’inizio dell’ultima ora di quattro giorni prima.
“Che significa che si è assentato?” chiedo a lei mentre il sangue comincia a pulsarmi in testa.
“Significa che quando è suonata la campanella ha alzato i tacchi e se n’è uscito contro ogni avvertimento del professore”
“Quindi te l’aveva già detto?”
“Sì, mi aveva accennato già qualcosa in proposito, aveva detto, però, che era stata tutta la classe a uscirsene, non solo lui”
“E perché l’avrebbero fatto?”
“Pare che mancasse un professore e invece di starsene in classe senza far niente se ne siano usciti prima”
“Quindi questa lettera l’hanno mandata a tutti i genitori?”
“Pare di no, solo a chi ha organizzato la cosa, è per via che sono ancora minorenni”
“Questo significa che lui è stato il promotore.. diciamo della protesta?”
“Si, così pare”
“Ma santo Iddio, possibile che tu sappia solo rispondere così pare e così sembra?”
“Inutile che ti scaldi, cosa vuoi che ti dica di più?”
“”Contro chi si è messo questa volta?”
“Quello di matematica, cos.., Niente..”
“Cristo santo, la matematica! Già deve portarsi un debito in Fisica e zoppica Chimica, adesso facciamo il tris!” Esclamo furente. Abbiamo due figli, Simona, la grande studia con profitto all’università e Valerio, il piccolo di sedici anni, che ci fa impazzire.
“Il terno, si dice il terno” mi risponde lei meticolosa, facendomi adirare di più.
“Già, un bel terno secco! E tu non sai dire altro che queste stupide precisazioni, invece di preoccuparti per la piega che sta prendendo questa situazione”
“Scusa, quale piega, quale situazione? È come se avesse marinato la scuola, ma che dico.. l’ultima ora. Certe cose le abbiamo fatto anche noi al liceo, o te le sei dimenticate?”
“Puttana miseria, Clara, qui ha mancatoi di rispetto a un professore, altrimenti non mi avrebbero convocato. Ed io cosa gli vado a dire al preside? Che mi dispiace? Che non succederanno più spiacevoli situazioni? Questa cos’è la quarta volta che succede quest’anno?”
“E’ solo un ragazzo adolescente, Bruno, non dico che bisogna passarci sopra ma con un po’ di pazienza, parlandoci, lo si può responsabilizzare”
“Uh, che filosofia! E ci dovrebbe farlo questo, la madre o il padre? Ma se igni volta che ci ho provato a parlargli mi hai sempre criticato!”
“Per forza. Tu non sai cosa significa parlare, alzi solo la voce…sì come stai facendo adesso con me, non te ne accorgi, credi di fare bene e invece sbagli tutto”
“E ti pareva se non arrivavamo alle critiche! Tu non hai capito nulla di quel ragazzo, credi sia un angioletto, come quando ancora poppava dal biberon, è furbo e malizioso e sa ben approfittare proprio di questi tuoi passaggi. Lui mi sgrida ma lei poi mi perdona, ecco come agisce e ogni volta che io alzo la voce, che poi è l’unica cosa che faccio, corre da te con il muso lungo e tu a coccolarlo, anzi a prendertela con me come se fossi io colpevole di chissà cosa. Invece in quei momenti non ti accorgi dell’espressione di finto vittimismo di tuo figlio”
“Perché tu alzando la voce e minacciando credi di ottenere qualcosa?”
“Quante volte devo dirti che se non ti intrometti e mi lasci agire a modo mio per una settimana vedi come te lo addrizzo io”
“Ma guardati, occhi di fuori e tutto paonazzo, somigli proprio a tuo padre!”
“Cazzo significa adesso questo? Perché lo tiri in ballo ora?”
“Già, perché tu non te ne accorgi ma in certi momenti assomigli tutto a lui. Mi dispiace dirtelo me è davvero così, diventi tale e quale a lui”
“Io non sono come lui, non sono un manesco alcolizzato. Come ti viene in mente di rinfacciarmi certe cose?”
“Ascolta Bruno, ti sei fatto crescere barba e pizzo ma questo non fa cambiare, tu diventi come lui anche se sei astemio”
“Perché tenti di ferirmi adesso? Vuoi distrarre l’attenzione dal vero problema di Valerio”
“No Bruno, è da tempo che dovevo dirtelo. Vedi, tu sai che io con tuo padre, fino all’ultimo momento in cui è vissuto, non ci affatto legato. Mi faceva paura la sua personalità, quando alzava le mani su tua madre e anche su dite e i tuoi fratelli, ma questo non mi ha impedito di amarti e di sposarti. Quabdo tu mi sussurravi, te lo ricordi vero?, che mai saresti stato come lui io ti ho sempre creduto ma con qualche riserva. Con lui non sono mai andata d’accordo, non gli ho dato mai soddisfazione, in fondo io non ero sua figlia, l’importante che stava alla larga da casa mia”
“Vuoi dire che ha tentato di molestarti in qualche modo?”
“No, cosa vai a pensare, se l’avesse fatta avrei mollato tutto in un batter d’occhio. Ho solo pregato che tu non diventassi un giorno come lui”
“Non lo sono, questo lo sai bene, e non lo sarò mai”
“Bruno, c’è un’altra cosa che voglio dirti, ma non equicocare, tu hai sempre litigato con tuo padre, per tutto, qualsiasi cosa, non vi era quasi nulla che vi accomunava, tranne il carattere, ma, in tutta sincerità, tuo padre dal lunedì mattina fino al venerdì pomeriggio non toccava una goccia di alcool, poi fino alla domenica si combinava da corsa. Che io sappia non ha mai alzato né la voce né un dito sulla famiglia in quei giorni, ha sempre lavorato come un forsennato nell’azienda guadagnandosi la nomea del “Buon Nerone”. Scontroso, taciturno, ostinato, pugno duro in ogni situazione ma anche ligio al dovere, comprensivo per le disavventure dei suoi operai, sempre puntuale con la paga, insomma diritti e doveri. E da te, Bruno, non ti ho mai sentito dire una sola parola contro di lui in tale riguardo. La cosa non ti dice nulla?”
“Cosa dovrebbe dirmi?”
“Da lui hai ereditato oltre l’azienda anche il suo modo di trattare con gli operai. Nessuno si è mai lamentato di te, i sindacalisti hanno sempre detto che magari in Italia tutti i padronoi fossero come e e i tuoi fratelli. Ti ho osservato più volte alle prese con grane di lavoro sui cantieri e in te ho visto la stessa sua determinazione, quella che tu hai sempre criticato facendola passare per disumanità familiare. Tu con lui reagivi esattamente come Valerio fa con te. Anche tu con lui sei autorevole e determinato, sempre pronto a riempirgli la testa della responsabilità che dovrebbe avere alla sua età. Ma quale responsabilità Bruno, quella che anche tu contestavi a tuo padre a sedici anni? Ricordo una volta che sei corso da me con le lacrime agli occhi per non so quale motivo ti eri scontrato con lui e ora tu critichi Valerio perché fa gli occhioni gonfi alle tue sfuriate?”
“Io non sono come lui, io… io… contestavo lo spazio che non mi veniva accreditato, la mancanza di fiducia, la libertà d’azione, ma solo dopo aver finito gli studi”
“Non è vero, tu stesso mi hai raccontato di come una volta di ha dato uno schiaffone sulla nuca facendoti sbattere i denti contro il bordo del tavolo perché non ti applicavi nello studio”
“E’ stata l’unica volta che mi ha messo le mani addosso, poi non l’ha mai più fatto”
“Però bastava un suo sguardo ammonitore accompagnato da un cupo silenzio a farti intimorire”
“Cosa…?”
“L’hai raccontato tu, non me lo sono inventato io. Bruno, io ringrazio il Signore ogni giorno per averti tenuto lontano dall’alcool, anche se in qualche circostanza, agli inizi, mi è capitato di vederti alzare il gomito, sono stata in apprensione. Ma ti giuro, sul bene che ti voglio e che voglio ai nostri figli se tu fossi minimamente diventato come lui non avrei esitato u istante a lasciarti”
Non ho osato ribattere, le ho lasciato l’ultima parola. Ciò che mi ha detto mi ha scosso. Non è stato il ricordarmi mio padre ma per quello che mi ha rivelato sui suoi timori. Senza dire nulla l’ho lasciato ai suoi granellini di polvere e mi sono rinchiuso nello studio a riflettere. Conscio ho aperto l’ultimo tiretto della scrivania, dove sono riposti alcuni raccoglitori di vecche fotografie di famiglia. Li ho aperti e rovistato tra loro. Alla fine ho trovato una foto di mio padre Valerio scattata quando aveva circa cinquanta anni, la stessa mia età di oggi, poi ne ho trovato un’altra, mia questa volta, scattata una settimana fa e provvisoriamente riposta in quel tiretto in attesa di doverla incorniciare, incomprensibile desiderio di Clara, le ho affiancate, sono entrambe della stessa dimensione 18x12. Le osservo attentamente.
La prima cosa che mi colpisce in entrambe sono gli zigomi e gli occhi, anzi lo sguardo, quasi ammonitorio, un brivido mi percuote, è lo stesso. Provo a immaginare il mio volto scevro di barba e pizzetto, un altro brivido, sembra la foto della stessa persona scattata a distanza di trenta o quaranta anni di distanza, come se il tempo si fosse fermato. Sì il tempo..il tempo…
“Bruno, cosa fai lì impalato come uno stoccafisso, vai a controllare quell’impalcatura che mi sembra malmessa. Avanti muoviti perdio, non dormire in piedi!”
Una rabbia inespressa mi monta alla testa, stringo i pugni, serro le mascelle, quasi puntando i piedi mi dirigo marciando, sotto lo sguardo divertito dei carpentieri, verso il punto da lui indicatomi. Sento i loro sguardi addosso ma nessuno osa dire mezza parola.
“E voialtri lassù che cazzo state a fare? Forza! Su con le chiappe che si fa notte”
“Maestro, sono solo le dieci di mattina!” afferma uno tra le sghignazzate generali.
“E di questo passo tu non arrivi a sera. Forza fannulloni che il mattino ha l’oro in bocca. Entro stasera tutta l’impalcatura dovrà essere sistemata, Bruno, alza i tacchi, non dormire in piedi, questo vale anche per te, dormiglione”
Osservando le foto la mente è andata oltre nel tempo. Solo ora mi accorgo che il passare degli anni ha scalfito una nebbia che credevo fitta e impenetrabile. La stessa inizia a diradarsi. Altre immagini si accavallano. Liti furibonde fra me e lui, io che me ne andavo via con il magone e lui che calava ancor di più la sua impassibile saracinesca. Lo rivedo il sabato, con i postumi delle bevute fatte la sera prima con i suoi amici. Un particolare attira la mia attenzione, o meglio l’assenza di un fondamentale particolare, non l’ho mai visto bere con i suoi amici. Solo ora mi chiedo come si comportava con loro, uno che beve in quel modo non può non essere espansivo e a sentir loro hanno sempre magnificato la sua compagnia. Allora perché in casa era così diverso?
Sospirando scrollo le spalle, riguardo le due foto. La somiglianza è impressionante, non so cosa pensare. Conservo le due foto, prima di mettermi a piangere.


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