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New York New York

Argomento: Letteratura

di Maria Pace
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Pubblicato il 02/12/2013 14:13:32



New York è la città degli eccessi con i giganteschi grattacieli, le insegne abbaglianti, gli enormi cartelloni pubblicitari e Sharon era una ragazza assai curiosa: New York e Sharon si incontrarono nella tarda mattinata di un giorno di settembre.
All'angolo della Lenox Avenue trovò il vecchio Tom che arrostiva castagne e cercò in tasca una manciata di spiccioli; la musica di uno "spiritual" proveniente da una delle tante chiese-negozio le ricordò che era domenica mattina e che da quelle parti si potevano ascoltare "gospel", i suggestivi canti religiosi degli Americani di colore.
Diede al vecchio, un uomo di colore dai capelli spruzzati di neve, settantacinque cents e ricevette un sacchetto di caldarroste.
"Hhhhh!... - fece, gustandone una - Molto buona. Molto buona."
Tom sorrise compiaciuto e lei si immise nella Lenox Avenue.
Lenox Avenue.  - pensò - Martin Luther King Boulevard... in quel particolare e popoloso quartiere la gente amava ricordarsi dei suoi figli migliori, al contrario del resto della città  dove le vie avevano solo un numero: molto pratico, certo, ma assolutamente anonimo.
Molti particolari dei dintorni cominciavano a diventarle familiari: le chiese, le case di legno e quelle di pietra. Sharon possedeva una memoria fotografica che compensava lo scarso senso dell'orientamento.
Un mercatino, uno dei tanti del quartiere, l'attirò con le sue coloratisse sciarpe, le borse vistose, scarpe e cappelli, come il miele attira le api.  
Si tuffò in quella particolare atmosfera della città dove artisti del pennello, della musica, dell'estro e della fantasia, animavano le strade e dove gruppi di vagabondi, tutti di colore, stazionavano alla fermata dei bus; alcuni di loro la salutarono ed altri la seguirono con lo sguardo quando, salita a bordo dell'M 104, un bus grigio striato di blu, lasciò il quartiere.
Più tardi, raggiunta la 52° Street, all'altezza della Amsterdam Avenue, si trovò a due  isolati  dalla Quinta Strada.
Il richiamo della Quinta Strada, la più importante della città, era irresistibile e la ragazza si michiò alla folla come l'Alice del "Paese delle Meraviglie".
In quella strada elegante si aprivano chiese, musei, gallerie d'arte, alberghi di lusso, boutique e grandi magazzini e lei si lasciò condurre da un fiume di persone in frenetico movimento e straordinariamente abili nello schivarsi.
I rinntocchi elettronici dell'orologio della chiesa di San Patrizio ricordarono al suo stomaco che era l'ora giusta per un Hot-dog; lo consumò per strada, fianco a fianco con impiegati e barboni, al suono di una tromba solista negra che tentava di sovrastare con malinconiche note il frastuono dei clakson.
La tromba tacque; risuonò il tamburo di un vecchio indiano Lakota che vestiva all'occidentale, ma che non aveva rinunciato alla penna d'aquila sul cappello.
    "... cammina, indiano. Cammina. -  cantava
      E' la tua sola salvezza per gridare il tuo smarrimento.
      Non restare sul ciglio della strada
      che i bianchi hanno tracciato per te..."

Bianchi, neri, rossi. Europei, Cinesi, Indiani, Africani:  New York è un crogiuolo di razze. Tutte tolleranti, tutte indifferenti e tutte assorbite in un solo organismo.
Il vecchio indiano. dalla calvizie nascosta sotto un cappello a larga falda, le mani nodose, la persona curva e gli abiti smessi, non pareva, in verità, del tutto integrato in quel particolare tessuto umano che sono i newyorkesi e il suo canto sembrava un grido di dolore:
    "Sventura, sventura... Ascoltate
      Noi samo umiliati
      Sventura, sventura... Ascoltate
      La terra è un boschetto e i luoghi son deserti..."

"E' un canto irochese e tu vecchio, sei un Lakota. - Sharon si accostò all'indiano -Come mai un Lakota canta L'Ode commemorativa a Giacca Rossa, che era capo Irochese? Forse per  seguire gli insegnamenti di Hiatawa, che predicava la dottrina della Grande-Pace fra le Nazioni Indiane?"
" E tu, donna bianca, come sai di Capo Hiatawa?" domandò con accento stupito e compiaciuto insieme, il vecchio indiano
"Io amo i canti della tua gente e sono triste per la tua tristezza." rispose la ragazza.
"Non essere triste per Ala Spezzata. - sorrise quello  - Io ho ancora la Grande Visione."
Sharon fissò la faccia del vecchio, stanca e color ocra, venerabile avanzo di un antico mondo perduto e provò un profondo rispetto.
"Che cos'é la Grande Visione?" domandò e l'indiano, con l'espressione di chi sta per iniziare una filastrocca, cominciò:
"La Grande Visione!... Questa vita, o donna bianca, che all'uomo sembra reale, è soltanto l'Ombra della Grande visione che si può raggiungere in purezza e in digiuno, attraverso il Sogno... Capisci, donna bianca?"
"Sì!... No! -  la ragazza scosse il capo - No, Ala Spezzata. Non capisco."
"La Grande Visione... la visione della Danza dei Morti... Non capisci, donna bianca? - Sharon scose il capo; l'altro proseguì - Al popolo Lakota restava solo un mezzo per riannodare i viincoli con la Madre-Terra che che l'uomo bianco aveva spezzato quando lo aveva cacciato dentro le riserve... solo la Danza dei Morti..."
Sharon scosse nuovamente il capo.
"La danza riporterà i guerrieri morti e con essi i bisonti fuggiti con l'arrivo dell'uomo bianco o da lui sterminati... Ecco perché Ala Spezzata canta e danza da tempo, ma... - il vecchio ebbe un sospiro sconsolato -  ma i guerrieri non sono tornati e neppure i bisonti."
"Continua a cantare e a danzare, Ala Spezzata...-  la ragazza lo incoraggiò con un sorriso - Forse un giorno Toro Seduto, Cavallo Pazzo, Giacca Rossa e Hiawata torneranno."

Più tardi, lasciata la Quinta Strada, mentre si incamminava in direzione della Amsterdam Avenue, la ragazza pensava ancora ad Ala Spezzata ed alla sua illusione.
""Quante fra queste persone - si domandò osservando la folla variegata che la sfiorava senza accorgersi della sua presenza - possiedono ancora un'illusione?"
Le grandi metropoli, pensava, stavano trasformandosi in trappole per tanta gente attirata dal miraggio di facili guadagni o di una vita migliore, che finiva, invece,  ad ingrossare le file dei senza tetto, ammucchiati come spazzatura lungo i bordi delle strade.
Un gruppo di ragazzi attrasse la sua attenzione; indossavano  jeans strappati o rattoppati.
Avevano tutti la stessa camminata, ondeggiante di qua e di là, come se avessero una spina conficcata nel di dietro e erano sepolti in giacconi dalle imbottiture eccessive; per evitarli la ragazza svolto l'angolo.
(continua)

brano tratto da:   "S.O.S.  Pianeta Terra"  edito da G.PRINCIPATO EDITORE
di Maria Pace


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