[ Recensione di Giannino Balbis ]
La poesia di Gianni Rescigno non tradisce mai: splendido esempio di coerenza e fedeltà, ha il timbro della voce familiare, che subito riconosci e con gioia ti disponi ad ascoltare. Come amici del cuore, i suoi versi ti vengono a trovare ogni giorno – quasi sempre verso sera, sul primo tramonto – e con amabile dolcezza raccontano, confidano, consolano, interrogano. Quando se ne vanno, ti senti più ricco, pronto ad accettare la fatica del giorno trascorso e il nero della notte che viene. Così, la più recente raccolta di Rescigno (Un sogno che sosta, Torino, Genesi, 2014) è la nuova tappa di un lungo cammino che non smarrisce mai la sua direzione ma, anzi, di tratto in tratto, si fa più sicuro e convinto.
Vi ritrovi quell’originale impasto di lirica ed epica che è il marchio dello stile. Vi ritrovi i toni fraterni e paterni – quasi sapore e aroma di pane fatto in casa – di chi ha tagliato il traguardo della saggezza (i vecchi… / anche se sorridono piangono./ Stagione di verità è la vecchiaia) eppure sa vivere ancora di attesa (sa concedersi / lunghi respiri di mare / prima del ritiro del sole). Vi ritrovi i temi conduttori: l’esistenza, sacro mistero intriso di durate e passaggi, essere e divenire (sogno che sosta); il tempo, quindi, non percepito per teorica astrazione ma nel concreto battito dell’anima e della natura (non rammento l’anno / ma il sole sì), nel suo perpetuo tendersi fra speranza (il lume della speranza) e ricordo (perché da vecchi il tempo… / svanisce e si vive di pensieri); la memoria, quindi, tenera e malinconica, scrigno di sconfinata ricchezza interiore, anche quando porti con sé il dolore di una perdita, di una partenza senza ritorno, e dirimpetto la fede in Dio, quieta assicurazione di infinito; infine, a cornice, il macrotema della poesia, confermata nella convinzione della propria alta funzione (alla tua anima / ho lasciato le mie parole; i poeti… / vegliano i mali / della terra, li trasmettono / al cielo: i poeti già da vivi… / li vedi camminare tra le stelle) come della propria intrinseca fragilità (quasi inafferrabile fiore / vola la Parola; farfalle / verso il sole/… in volo / le parole).
Come un sublime canto della sera, la poesia di Gianni Rescigno svela la pienezza e la bellezza dei tramonti.