L’esistenza una volta
Era qualcosa che poteva essere raccontata
Dal sassofono del musicista nero in fondo alla strada ,
Soffio di labbra lacerate che gridano dolcemente nell’ottone
Sanguinando con calma , poiché sanno che hanno tutto il tempo per salvarsi.
C’è un cappello vicino ai suoi piedi
Un salvadanaio foderato che d’inverno tiene caldo ,
Ora preme i tasti , cambia nota , cambia vita
I suoi occhi si venano d’oro e di bianco
Mi sta guardando…Ora ha visto chi sono , sa cosa sono
E cosa provo.
Tu sei in grado di ingravidare il mare
Con questi suoni ,
Con queste voci di orfani abbandonati
Sotto un rosso cielo californiano
Lui impugna il suo annaffiatoio dorato a bocca
Fecondando l’albero immobile del silenzio
Facendo crescere frutti
Dentro ai quali possiamo vedere i corpi nudi di calde donne africane
E possiamo vedere le nostre più intime concupiscenze
Questa sfiatante narrazione
Che parla dei fiori della notte
Degli addii , della morte dei poeti
Dell’orecchio di Van Gogh
Della fame nel mondo
Dei coralli , delle urla
Dell’assistere a un parto , degli occhi dei bambini
Della malattia , della fata dai capezzoli azzurri
Della fede perduta , delle scarpe colorate con lo stesso colore delle foglie in autunno
Della chemioterapia e del tramonto invernale ,
Guardato con chi si ama nella semplicità d’una tazza di cioccolata calda ,
Si conclude con una custodia che si serra
Mani scure portate al petto per l’inchino
E dita intorpidite per aver premuto troppo i tasti dell’angoscia
Che hanno permesso a questi sogni
Di fluire liberi nell’aria
Credo di doverti se non dei soldi ,
Almeno una poesia per questo.
Da Lo spirito e il corpo Boopen , 2010
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