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Bonnie e Clyde

di Costanzo Rapone
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Pubblicato il 23/02/2011 08:59:34

BONNIE e CLYDE


Piazza del Popolo era un braciere ardente. In fondo a Via del Corso, al margine estremo della zona d’ombra che schiudeva la porta di quell’inferno, l’appuntato Capecelatro prendeva fiato e studiava il percorso. Decise infine per il portico della chiesa dal quale avrebbe raggiunto il bar Rosati e poi, lungo il cono d’ombra dell’obelisco, Marija: al centro della piazza.

Prese posto in un tavolino all’ombra ed ordinò un bicchiere d’acqua minerale con una fettina di limone, raccomandandosi che fosse ben freddo. Aveva bisogno di riordinare le idee.

Il cameriere lo guardò con disprezzo: a Roma, d’estate, con quel caldo, c’erano solo giapponesi e sfigati e Capecelatro non era giapponese.

Con il dorso della mano, si asciugò il sudore che gli imperlava la fronte. C’è chi nasce col malocchio, chi nasce fortunato e chi nasce carabiniere. Una maledizione, pensò Capecelatro, mentre si tamponava il collo con una manciata di tovaglioli di carta. Era nato carabiniere e rimaneva tale anche quando non era in servizio. Era smontato dalla notte, aveva tempo. I ragazzi sarebbero stati contenti se li fosse andati a prendere al mare: fare su e giù con la metropolitana era da poveracci, meglio la scuola.

Capecelatro approfittò della giornata libera per fare qualche domanda in giro ma Nino Carosi, “er Califfo” di Porta Portese giurava di non sapere nulla. Lavorava spesso con i nomadi, che per lui segnavano i citofoni delle case disabitate: i lavoretti semplici li facevano loro, quelli più seri, li organizzava lui. Tutta la refurtiva finiva poi nei suoi magazzini.

Con Capecelatro era d’accordo: quando c’era da fare qualche arresto, il Califfo gli dava una dritta e Capecelatro chiudeva un occhio sul suo commercio. L’importante è sapere e controllare. Esercitare una giusta pressione.

Quella del capitano era stata una telefonata strana, che gli aveva fatto cambiare idea. Due giorni prima, i colleghi del reparto scorte avevano accompagnato in caserma tale Garimberti. Dopo un silenzio iniziale, che Capecelatro non seppe spiegare, il Dottor Garimberti, (segretario particolare dell’onorevole Bianco, ci tenne a precisare) incominciò a raccontare, tutto incazzato, che gli avevano fregato la borsa.

Capecelatro lo aveva fatto accomodare, aveva lasciato che si sfogasse, aveva raccolto la denuncia, lo aveva accompagnato alla porta assicurandogli che avrebbero fatto tutto il possibile ed aveva infine messo il foglio al mucchio: una pila informe di denunce di furti e scippi che teneva parcheggiato sulla scrivania in attesa dell’arrivo dell’archivista.

Poi, quella mattina, il maresciallo a “doppia botta” Beccafico gli aveva chiesto se per caso un tale Garimberti avesse presentato denuncia di furto. Beccafico, si aggiustava la bandoliera soffermando le dita sulle barrette argentate in campo rosso che luccicavano sulle spalline. Aveva chiamato il Capitano, che era stato chiamato dal Colonnello.

Difficile capire come fosse il messaggio in origine, fatto sta che l’onorevole si era interessato ed il Capitano era stato chiaro in proposito: non era il caso di perderci tempo.

- Capecelatro, metta pure al mucchio. – Era lui il capo, si dava del tu con il capitano ed il Colonnello. E poi questi cazzo di politici! A chi vogliono dare ordini?
Capecelatro non riusciva a farsene una ragione. Due zingari rubano in un appartamento (di proprietà della moglie dell’onorevole Bianco), ci trovano l’assistente, gli fregano la borsa e l’onorevole Bianco, che è in vacanza in Sardegna, chiama il Comando Generale e scatena quel putiferio di telefonate per far sapere che non è il caso di perderci tempo?

Proprio lui! Quello del pacchetto sicurezza: campi extra – urbani per i nomadi, impronte digitali per i senza fissa dimora, esercito per l’ordine pubblico, multe alle prostitute.

Sentiamo Marija e poi al mare dai ragazzi.

Papà li hai presi i brutti? Il mondo era diviso in brutti e cattivi da un lato e buoni dall’altro. Capecelatro acchiappava i brutti prima che potessero fare del male ai buoni. All’americana: inseguimenti e sparatorie. Si fermava solo di fronte alle bombe, tutto il resto ce l’aveva pure lui, come alla televisione.

Quasi tutto, perché per arrivare al processo ci volevano anni, lo chiamavano a testimoniare e non si ricordava più nulla, l’avvocato gli faceva fare una figura da coglione e nel frattempo il reato si era prescritto. Se pure qualcuno finiva in galera, c’era sempre l’indulto che arrivava puntuale a svuotare le carceri.

Fare le leggi, giudicare e tenere i delinquenti sotto chiave non era compito suo. Quel Garimberti però… Con quell’aria da fighetto… Gli stava proprio sul cazzo! Lui e tutti quelli come lui. Che modo è questo? Rischio la vita per quattro soldi, pago le tasse e Garimberti, Bianco e tutto il suo staff (sedici stronzetti come Garimberti) girano a farsi i cazzi loro con l’auto di servizio. Perché Garimberti, aveva saputo Capecelatro, in quell’appartamento c’era andato con l’auto di servizio e per fare prima si era pure fatto precedere dalla scorta a sirene spiegate.

La sera del furto, in caserma, era venuta una ragazza: le avevano rubato un anello, di nessun valore, forse non era il caso di fare una vera e propria denuncia, e poi che probabilità c’erano di ritrovarlo?

Non è che ci mettiamo a cercare l’anello, le disse Capecelatro, ma la denuncia la faccia. Me lo descriva bene, perché non si sa mai.

- E’ una fascia d’argento con tre cristalli rossi a forma di cuore. Sono tre anni che stiamo insieme, aggiunse con un sorriso timido. -

L’indirizzo era lo stesso.

- E Garimberti lì che ci faceva? Aveva appuntamento con l’onorevole? - Capecelatro voleva capire. Garimberti era stato avido di particolari. Anzi, poco c’era mancato che non gli dicesse di farsi i cazzi suoi.

-Chi è Garimberti?- Giacca blu, camicia bianca aperta sul petto…No, lo stemmino del Rotary sul bavero non se lo ricordava (Capecelatro era un maniaco dei particolari), ma il faccione rotondo e gli occhi a palla erano i suoi

-Attilio! E’ il segretario della padrona di casa! Viene tutti i mesi a riscuotere l’affitto. Fa tutto il fico perché arriva con l’autista e poi ci prova…-

E bravo l’Onorevole… Pensava Capecelatro, mentre odio ed invidia gli montavano agli occhi. Le case a nome della moglie, le camere affittate in nero agli studenti (erano in dieci a pagare l’affitto), il segretario a riscuotere la pigione: scorta ed auto blu.

-Vuole ancora ghiaccio? Magari un’altra fettina di limone?-

Capecelatro pagò l’acqua e lasciò il doppio del conto in mancia. Senza parole, che non era tipo da farsi sfottere dal quel cretino in giacca bianca.

Al centro della piazza una macchia nera: Marija.

-Signore…Signore…Buongiorno, Buongiorno…- Non appena Capecelatro fece scudo al sole, partì in automatico la supplica falsa e gracchiante di Marija, come azionata da un termostato.

Faccia a terra, coperta di stracci, santino della madonna in mano. Marija riconobbe il tocco leggero della scarpa di Capecelatro ed alzò lo sguardo.

-Me ne vado, Maresciallo…-

-Lascia stare, non sono qui per questo. -

-Ho la residenza! Non ci potete cacciare!- Maria fece per prendere la carta d’identità: il campo zingari occupava lo stesso terreno a ridosso del Tevere da più di dieci anni. Marija aveva la residenza in Viale Tor di Quinto e riceveva regolarmente la posta.

-Lo sai che non dipende da me. Stammi bene a sentire. Hanno rubato una borsa. In un appartamento. Due dei vostri. Un maschio ed una femmina.-

Marija a terra. Capecelatro in piedi. Comandare, ubbidire. La gerarchia offriva una soluzione facile per tutto. Non da spaccarsi la testa, che a Capecelatro studiare non gli era mai riuscito. E poi la divisa era bella. Specie la grand’uniforme, quella col pennacchio. Alla festa del paese faceva una gran figura: in prima fila, avanti al parroco, subito dietro allo stendardo della confraternita delle anime sante.

Capecelatro aveva indossato la divisa ed aveva rimediato una moglie ed un posto da cui comandare (poco) ed ubbidire (tanto). Moglie e maresciallo, sopra. Carabinieri, carabinieri scelti ed ausiliari, sotto. Semplice. Quelli come Bianco e Garimberti, invece… Erano passati avanti senza fare la fila. Non c’era una regola chiara. Chi lo conosce a questo Bianco? La gente vota il partito ed ecco che il giorno dopo spuntano i manifesti dell’Onorevole Bianco che ringrazia. E poi incarichi, nomine, commissioni…Alla fine esce fuori pure Garimberti, che all’università non c’era andato neppure lui. Capecelatro ne era sicuro: quello aveva una grafia da prima elementare, non una bella firma con lo svolazzo finale da professore.

- Marija non mi fare incazzare, che da qui ti mando via per sempre. -

La minaccia fece il suo effetto, Marija in quel posto faceva pure cento euro, in una giornata buona. Si alzò e guardò Capecelatro dritto negli occhi. Aveva le sopracciglia nere unite al centro.

-Che fai? Mi vuoi leggere la mano?- Scherzò Capecelatro, improvvisamente a disagio. Non che ci credesse, ma gli occhi di Marija erano occhi che avevano visto tutto e tutto sapevano riconoscere. L’alito fetido, quegli stracci luridi, il volto segnato da rughe tristi e profonde, nere di smog. Qualsiasi cosa avesse visto e sapesse riconoscere, non era certo una vincita al lotto.

Quelle come Marija, se ne infischiavano dei Carabinieri. Insisteva a chiamarlo Maresciallo e sapeva che era solo appuntato. Conosceva pure il codice di procedura penale.

Tutto si rivelò troppo facile. Aveva chiesto e Marija, invece di fingersi svenuta o abbozzare la solita litania piena di implorazioni benedizioni ringraziamenti saluti invocazioni lamenti disgrazie sfortune e lusinghe, con l’occhio cattivo aveva subito vomitato tutto su Jamal e Selina.

- Quella ruba… - sibilò con voce rauca. Negli occhi di Marija c’era Selina bella, Selina giovane, Selina che è cosa sua, Selina che si ribella, Selina che fugge.

Marija afferrò sibilante Capecelatro per un braccio, perché quella era una troia, una schifosa, una che ruba.

Capecelatro ebbe un moto di ribrezzo e con un gesto brusco liberò il braccio. Marija sputò a terra.

Un turista giapponese chiedeva del negozio di Gucci: si inchinava e sorrideva, mostrando la brochure dell’albergo con la foto del negozio.

-Signore….Signore…Buongiorno, buongiorno…- Marija supplicava, santino in mano. Il giapponese continuava ad inchinarsi sorridendo mentre sbirciava il santino. Marija prendeva tutto: yen, dollari, rubli. Cambiava e dava il resto, Marija. Dov’è Gucci?

Capecelatro si allontanò a passi veloci. Voleva tuffarsi a mare, tornare a casa con i suoi figli, raccontare una storia di brutti e buoni.

I miei sono maschi, pensò Capecelatro con sollievo.

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-Garimberti! Cosa fa lì impalato? Vada! Si muova!Accompagni i nostri ospiti!-

Una lussureggiante cascata verde di felci, muschio e piante esotiche scendeva ondeggiante dai giardini del Pincio insinuandosi morbida tra i tavoli. Sottili zampilli d’acqua tintinnavano scintillanti di luce profumata. Le candele davano ombre e luci discrete, fatte per celare baci di innamorati e segreti industriali, suggellare patti politici ed affari confidenziali.

Bianco era un ospite abituale all’Hotel de Russie, come un tempo lo era stato Napoleone Girolamo Giuseppe Carlo Bonaparte. Così recitava la targa in marmo sulla facciata dell’albergo. Napoleone c’era morto e questo non era di buon auspicio. Quel Napoleone non aveva fatto nulla di buono, in fondo. Un personaggio minore. Bianco la immaginava la sua targa ….quasi un brivido di falsa modestia…”In questo storico albergo, l’onorevole Carlo Roberto Bianco…”

Aggiustò il sedere imponente sulla poltrona di vimini, facendo scrocchiare il telaio sulla ghiaia. Li guardò arrivare con casuale indifferenza, come si addice all’uomo di potere. Quando furono ad un passo, con misurata lentezza si alzò e stese la mano in avanti, facendo con l’altra cenno di accomodarsi. Con un fulmine dello sguardo intimò a Garimberti di indirizzare gli ospiti verso i loro posti, mentre i camerieri accostavano le sedie ed accendevano le candele attorno al centro tavola di fiori e frutta.
Perfetto.

Un cinque stelle extra lusso: questo l’albergo che sarebbe stato costruito in quel terreno abbandonato, ricettacolo di spazzatura, nomadi e sfasciacarrozze. Al centro di Roma, sul fiume Tevere, a due passi da Ponte Milvio. Il teatro della vittoria di Costantino su Massenzio, della difesa di Belisario contro i Goti di Vitige. Roba da non credere! Ma grazie a lui, Carlo Roberto Bianco, ospite abituale dell’Hotel de Russie…

Era stato necessario far circolare qualcosa… Le spese, la burocrazia…Gli americani avevano pagato senza fiatare…Gente di mondo…Capaci di fare una guerra per difendere i diritti umani e consolidare le risorse di petrolio, pagare mazzette e sostenere la ricerca sul cancro. Gente che sa bombardare e ricostruire.

Ci aveva rimesso l’ultima rata. Colpa di quell’imbecille di Garimberti che si era fatto fregare la borsa. Un giovane promettente, solo un po’ incauto. E comunque erano cazzi suoi, perché avrebbe lavorato senza paga per i prossimi due anni.

Aria frizzante al de Russie quella sera. Gran pienone. Roba da grandi occasioni. Pare ci fosse a cena un oligarca russo, un principe arabo o qualcosa del genere…Garimberti non aveva ben capito e guardava con curiosità verso l’angolo opposto del giardino, dove attorno ad un tavolino per due c’era un gran andirivieni di camerieri.

Sembrava un ragazzino…Un uomo piccolo…Decisamente non era un nano. Giacca da sera, farfalla di seta nera. Si era rotto qualcosa sulla ghiaia. Ora anche altri ospiti guardavano in quella direzione. Il ragazzino aveva fracassato un altro bicchiere e rideva sonoramente.

Il cameriere si abbassò per raccogliere i cocci e Garimberti rimase come fulminato.

-Garimberti! Mr. Foskey vorrebbe avere chiarimenti in merito alla tempistica dell’operazione: sgombero dei terreni, delibere del consiglio comunale, atto di concessione in uso, data di consegna e così via… Lei che ha seguito tutto, faccia un po’ il punto. -

Garimberti, bicchiere in mano, aguzzava gli occhi. La luce delle candele andava e veniva senza dare certezza. I capelli folti e neri, l’incarnato dorato, gli zigomi alti, il collo sottile. La ragazza, quasi sentisse addosso lo sguardo, alzò gli occhi verso di lui e Garimberti non ebbe più dubbi. Era lei! Ma allora…Il ragazzino a fianco? La ragazza si girò subito verso il compagno che alzò il bicchiere in direzione di Garimberti senza smettere di ridere.

Bianco, Foskey e tutta la delegazione della International Luxury Hotels & Resorts, guidati dallo sguardo di Garimberti, si girarono verso il ragazzo. Foskey sorrise ed alzò il bicchiere in risposta al saluto.

- Brutta troia schifosa…Ed io che pensavo godesse…-

-Come dice Garimberti?- Bianco era ansioso di capire. Chi era quel ragazzino? Che stava succedendo? Foskey è una persona nota, un americano, amico dell’ambasciatore. Quel coglione di Garimberti, un puttaniere…Va bene essere giovani…Ma certi ambienti…Chi era quel ragazzino? Quella doveva rimanere una serata tra amici, in confidenza…

-Garimberti… - sussurrò tra i denti Bianco sgomitando discretamente.

- Chi è quel ragazzino? Garimberti non faccia cazzate…Questa non è la serata giusta.-
Garimberti inseguiva le parole dette, ricostruiva i fatti, focalizzava le immagini…

-Brutta troia…-

- Good night! – Bianco parlava un inglese pessimo. L’americano lo guardò perplesso. Bianco si rese conto di avere appena detto “Buonanotte” e decise di passare al vino rosso. Riempiva generosamente i bicchieri di vino alternando gesti a sorrisi, quando vide con orrore che dal tavolo del ragazzino partiva un cameriere con un secchio di ghiaccio ed una bottiglia di champagne.

-Garimberti…- ringhiò questa volta Bianco.

-Vada immediatamente dai suoi amici e metta fine a questa pagliacciata. –

Il ragazzino pareva incontenibile: ordinava una portata dopo l’altra, assaggiava con le mani e mandava indietro.

Garimberti faceva i conti. Vestiti, orologio, gioielli, il conto dell’albergo… Il ragazzino gli aveva fulminato almeno 20.000 Euro. Nella borsa ce n’erano 60.000.

-I ‘m sorry. – Garimberti si alzò, intercettò il secchiello con lo champagne e chiamò il maitre. Cento Euro. Il maitre annuiva, capiva, una cena di lavoro, i soliti scocciatori. La security dell’albergo non basta, pensò Garimberti impugnando il telefonino.

-Claudio? Ciao sono Attilio. Lascia stare…Ho bisogno del tuo aiuto. Mi hanno rubato dei soldi…No. Non è il caso. Non la polizia. Sono al De Russie. Quelli che usi per il recupero crediti. Si. Me ne rendo conto… -

Morbida, calda, quasi una carezza.

-Jamal…- la mano di Selina si poggiò sulla sua e Jamal ebbe paura. Il cuore gli batteva in gola. Era stato picchiato, Jamal, e dopo un po’ non fa più male. Lasci fuori il freddo e lo sporco, come una crosta che non ti tocca, e non sei mai solo quando sei solo. Lo sai, ti conosci, ti vuoi bene, ti fidi. Ti diverti persino, da solo. Lasci tutti fuori, assieme al freddo ed allo sporco e non corri rischi: sei duro.

Non abbastanza: una carezza e vorresti piangere. Allora devi nasconderti. Sei duro, ricordi? Ma la sua voce è dolcezza che ti entra dentro come fossi di burro. Lei ti guarda e ti fai piccolo. Gli scivoli in grembo e non te ne accorgi.

-Siediti qui, accanto a me…- Per la prima volta da quando erano scappati dal campo, gli occhi di Selina sorrisero senza paura.

-Grazie. – sussurrò Selina e Jamal avrebbe voluto ridere, urlare, spaccare tutto. Ma con un bacio tornò la paura. Una paura dolce, questa volta, che ti accompagna per mano fino a quando sarai pronto e ti potrà lasciare.

Mastino, all’anagrafe Alfio Birindelli, aspettava paziente di fronte all’ingresso. Niente foto, niente nome. Solo una descrizione sommaria. Come cazzo si fa a lavorare a questo modo? E se avesse preso la persona sbagliata? Come quella volta che aveva spezzato due dita ad un povero diavolo che era lì per caso e non c’entrava nulla. C’aveva sentimento il Mastino: se sbagliava poi ci stava male.

Jamal era ancora nella hall, quando istintivamente rallentò il passo. Fuori dall’albergo, dall’altro lato del marciapiede, Mastino fumava e gettava l’occhio al portone d’ingresso. Jamal e Mastino, al De Russie! Come si fossero fiutati a distanza si riconobbero senza conoscersi. Jamal strinse forte la mano a Selina e la tirò da un lato. Mastino buttò a terra la sigaretta, ci girò sopra il piede e gli andò incontro deciso.

Bianco sudava. Gli affari internazionali erano più complicati del previsto. L’americano parlava raffiche di mitragliatrice. Garimberti, stanco di tradurre, conversava disinvolto in quella lingua incomprensibile e sembrava essere entrato in sintonia con Foskey.

-Here are your friends again….- disse Foskey con un sorrisetto, facendo capire che l’agitazione con cui Garimberti aveva parato il colpo in precedenza, non era passata inosservata.

Bianco incominciò a deglutire asciutto. Jamal si sedette al tavolo sorridendo a destra e sinistra. Con un gesto ampio, quasi teatrale, invitò Selina a fare lo stesso, bevve un sorso dal bicchiere di Bianco e sputò tutto sul tavolo, tossendo rumorosamente. Fischiò al maitre.

- Che schifezza!Capo! Due bottiglie di champagne! Una per noi ed uno per quello lì! Giù in fondo! – disse indicando Mastino, fermo all’ingresso del giardino. Sorrise a Selina: non preoccuparti, ci sono qui io.

Il Maitre, questa volta, fece cenno alla security e due ragazzoni in blue, auricolare, spalle e capelli a coda di cavallo, si materializzarono alle spalle di Jamal.

Uno dei due si fece avanti, appoggiò le mani sullo schienale della sedia di Jamal e sussurrò minaccioso -Vuole gentilmente seguirci ? –

Jamal guardò Mastino che ora sorrideva, sicuro di averlo in pugno.

-Pupazzone, levati dalle palle! Capo! Lo champagne! Che cazzo di hotel è questo?- Non sarebbe stata la security a buttarlo in braccio a Mastino.

Non capiscono… Non capiscono l’italiano… Se solo non strillasse. Bianco sforzava sorrisi. Gli italiani! Eh! Così imprevedibili! Folklore! Folklore locale ! Siamo un popolo di commedianti…Dio!Un incubo! Sentiva il puzzo del suo sudore. Gli americani incominciavano ad innervosirsi. Foskey parlava al telefono in inglese.

-Garimberti! Dica al suo amico… - E poi, senza ritegno, asciugandosi il sudore in fronte con il tovagliolo - Il conto! Facciamoci fare il conto. Anzi, andiamo, andiamo pure, manderò domani qualcuno… -

Jamal guardò Mastino, guardò Bianco, prese per mano Selina e si alzò anche lui, pronto ad uscire assieme a Bianco.

- Garimberti! Lei è un idiota! Mi dia quel telefono! – Bianco fece un mezzo passo per allontanarsi da Jamal che gli si nascondeva dietro. Lanciò uno sguardo d’odio prima su Garimberti, che si mordeva il labbro e si sarebbe gettato addosso a Jamal e poi su quelli della security, che sembravano avere l’auricolare in corto circuito: lo premevano sull’orecchio e guardavano lontano in un posto indefinito dal quale aspettavano istruzioni.

Capecelatro era di turno al radiomobile: sei ore in macchina, il turno di notte non passa mai. Era capo servizio e spettava lui decidere. Una piccola pausa all’Accademia di Romania, giusto il tempo di farsi due chiacchiere con il portiere di notte che era un suo amico. Bip… birulibiruli…Bip …De Russie… Perchè diavolo non avevano anche loro una centralinista dalla voce sensuale come nei telefilm americani, invece di quel vocione baritonale triste… Ci sarebbe andato più volentieri al De Russie…Il solito turista ubriaco. A malincuore Capecelatro salutò l’amico che aveva già tirato fuori una bottiglia di nocino ed una rivista pornografica.

Gli venne incontro Michele, il portiere. Volavano bottiglie, bicchieri e posate. Capecelatro si attaccò alla radio per chiamare rinforzi.

“Scimmione” . Mastino non ci stava a farsi prendere per il culo da un ragazzino. Fanculo la prudenza, fanculo la discrezione, era partito dritto in mezzo ai tavoli come un toro. Jamal attaccato alla giacca usava Bianco come scudo. Bianco, terrorizzato, trottava intorno al tavolo con Mastino dietro. Rovesciato il tavolo, Mastino ci passò sopra portandosi appresso i ragazzi della security, uno per braccio. Bianco sotto.

C’era scritto “John Montebello” sulla targhetta della giacca. I Marines di servizio al corpo di guardia dell’ambasciata erano in grand’uniforme: guanti bianchi, berretto con sottogola e spadino. Con la sua telefonata Foskey era riuscito a dirottarne un paio al de Russie. Sono senza pennacchio, pensò Capecelatro. Foskey uscì di corsa dall’hotel agitando le braccia in direzione dei Marines. Capecelatro guardò la radio …birubirubirubiruli…Poi guardò i Marines indeciso: Montebello, un paesano… Una bottiglia fracassò la vetrata di accesso al giardino, Capecelatro allora si aggiustò il cinturone, respirò a fondo e disse: “OK Joe” correndo dentro appresso ai Marines…Quando lo racconto ai ragazzi…

Un attimo dopo Mastino era faccia a terra sulla ghiaia con cento chili di muscoli sulle spalle. Montebello sembrava non avere fretta, guardava Capecelatro in attesa d’istruzioni.

-Beh …allora…grazie…- Jamal abbozzò l’uscita disinvolto.

Bianco, ancora a terra, mugolava senza fiato indicando Jamal.

-Giovane…! - Capecelatro non aveva voglia di scherzare. Jamal si arrese senza fare resistenza.

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Lo sgombero del campo nomadi non era stata una cosa piacevole. Capecelatro aveva dovuto fronteggiare mamme inferocite, bambini che tiravano sassi, vecchi che piangevano. C’erano stati momenti di tensione: un orsacchiotto di peluche era finito sotto i cingoli di una ruspa, il bambino era corso a prenderlo e poco c’era mancato che finisse anche lui tritato sotto. La folla aveva rotto il cordone di sicurezza ed una recluta, presa dal panico, aveva sparato due colpi di pistola in aria.

In caserma, il maresciallo a “doppia botta” Beccafico tagliava corto.

- Cosa cerca Capecelatro? Lo scandalo? Le prove! Dove sono le prove?-

- Beh, veramente…Ci sarebbero i soldi e poi c’è la dichiarazione del ragazzo…-

-Capecelatro non mi faccia incazzare. Non ci sono riscontri. Uno zingaro che da mesi ruba in giro per gli appartamenti di mezza Roma le dice che ha trovato i soldi in una borsa e lei ci crede? – Poi in tono conciliante… - Capecelatro, lei ha fatto un buon lavoro. Se non fosse per quell’anello, che lei ha meticolosamente descritto nella denuncia e poi riconosciuto indosso alla ragazza non avremmo potuto arrestarli. Veramente bravo… “una fascia d’argento con tre cristalli rossi a forma di cuore”. Non faccia caso a Garimberti… non ha riconosciuto il ragazzo perché al momento del furto era in un’altra stanza. Vada Capecelatro, vada. Si vada a riposare che questa è stata una giornata lunga. Legga il giornale! Guardi qui: Bonnie e Clyde. Non ho idea di chi siano questi Bonnie e Clyde ma il pezzo parla di noi, anzi, parla di lei… – Beccafico si toccò la spallina destra soddisfatto: era in arrivo la promozione a maresciallo maggiore, tre barre d’argento in campo rosso.

A casa, i ragazzi erano davanti alla televisione. Howard Jones, il tenente dei reparti speciali. Dieci trafficanti di droga fulminati a terra dopo un inseguimento ed una sparatoria mozzafiato, poliziotti e doganieri corrotti in manette, il capo delle dogane preso in casa mentre sniffa la coca assieme ad una pornostar, il ministro si dimette, il presidente in persona a reti unificate elogia Howard Jones ed i reparti speciali.

Capecelatro scalda la minestra al micronde, mangia da solo in cucina e si chiude al bagno.

-Papà li hai presi i brutti?- Capecelatro tira la catena dello sciacquone e per un momento si sente sollevato.

-Papà ti vogliono al telefono! –

-Capecelatro…Si …capisco…la ragazza zingara…lei è il suo avvocato (!?) …- Stupore. Capecelatro si allenta il nodo della cravatta. Si siede.

-Ha incontrato Garimberti al campo!…Lo abbiamo sgomberato proprio oggi…L’appalto per la costruzione dell’Hotel…Ma come fa la ragazza a sapere queste cose?…Ha ragione, è proprio questo il punto…Ci sono i riscontri…E’ disposta a testimoniare?… Bene. Mi passi di nuovo il carabiniere di guardia. Grazie, a domani. – Capecelatro ora è in piedi, sorride, ammicca ai ragazzi, tira indietro le spalle, butta in fuori il petto: ci sono i riscontri…

-Caputo! Stammi bene a sentire…Chiama il Procuratore e prendi appuntamento per domani. Avverti Beccafico e digli che abbiamo appuntamento in Procura e che poi domani gli spiego. –

Tenente Howard Jones. Titoli di coda. Capecelatro spegne la televisione.




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