Omaggio ad Andrée Chédid (1920-2011)
PAYSAGES
Derrière le visage et le geste
Les êtres taisent leur réponse
Et la parole dite alourdie
De celles qu'on ignore ou qu'on tait
Devient trahison diventa tradimento
Je n'ose parler des hommes je sais si
Peu de moi poco di me
Mais le Paysage
Livré à mes yeux pour son reflet qui
Est aussi son mensonge glisse dans
Mes mots j'en parle sans remords
Reflet qui est moi-même et le visage
Des hommes mon unique tourment
Je parle de Désert sans quiétude
Sillonné des tourmentes du vent
Soulevé aux entrailles
Aveuglé de ses sables
Laissé aux solitudes sans toit
Jaune comme la mort
Qui parchemine
Face contre le soleil
Je parle
Des pas de l'homme si rares
En son aridité
Mais chéris comme le refrain
Jusqu'à l'autre passage
Du vent jaloux
Et de l'oiseau si rare
Qui de son ombre fuyante
Panse les blessures que donne le soleil
Et de l'arbre et de l'eau
Que l'on nomme Oasis
Du nom d'une femme aimée
Et je parle de la Mer rapace qui reprend
Les coquillages aux grèves
Les vagues aux enfants
Mer sans visage
Aux cent visages de noyés
Qu'elle enroule d'algues
Rend glauques et glissants
Comme les bêtes marines
Mer insensée telle une histoire sans fin
Détachée de l'angoisse
Pleine de contes de mort
Et je parle de vallées ouvertes
Aux pas fertiles de l'homme
Au désordre de la fleur
De cimes confinés
De montagnes de clarté
Que dévore la fauve course des sapins
Et des sapins qui savent
L'accueil des lacs
La noirceur des sols
Et les sentiers qui errent
Échos de ces visages
Qui hantent nos matins.
(Andrée Chédid)
Paesaggi
Dietro il volto, dietro il gesto
gli esseri celano la loro risposta
e la parola detta, gravata
di quelle che si ignorano o si tacciono
diventa tradimento
Non oso parlare degli uomini so così
poco di me
Ma il Paesaggio
lasciato ai miei occhi per il suo riflesso che
è anche la sua menzogna scivola nelle
mie parole, ne parlo senza rimorsi
riflesso che è me stessa e il volto
degli uomini il mio unico tormento
Parlo del Deserto senza quiete
solcato dai supplizi del vento
strappato nelle viscere
accecato dalle sue sabbie
abbandonato solo senza una dimora
giallo come la morte
che incartapecorisce
faccia volta al sole
Parlo
dei passi degli uomini così rari
nell’aridità
ma cari come ritornello
fino al prossimo passaggio
del vento geloso
E dell’uccello così raro
che della sua ombra sfuggente
fascia le ferite che il sole dona
E dell’albero e dell’acqua
che chiamiamo Oasi
dal nome di una donna amata
E parlo del Mare rapace che riprende
le conchiglie dalla spiaggia
le onde ai fanciulli
Mare senza viso
dai cento visi di annegati
che egli avvolge d’alghe
rende glauchi e viscidi
come le bestie marine
Mare insensato come storia senza fine
smacchiato d’angoscia
pieno di storie di morte
E parlo delle vallate aperte
ai passi fertili dell’uomo
al disordine dei fiori
Delle cime confinate
Di montagne, del chiarore
che la feroce corsa di abeti consuma
E degli abeti che sanno
l’accoglienza dei laghi
la nerezza del suolo
ed i sentieri erranti
Echi di quei volti
che assillano i nostri mattini.
(Traduzione di Caterina Bigazzi)
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