Pubblicato il 22/06/2008 22:00:24
Pubblichiamo una breve intervista all'autrice del bellissimo libro "Le vie dei ritorni", Bastogi Editrice Italiana, già recensito da larecherche.it su proposta dall'Agenzia letteraria Contrappunto di Torino.
DOMANDA. Chi è Luciana Caranci? Dove vive?
RISPOSTA. Già ordinaria di latino e greco nei licei e docente in corsi universitari di latino, vivo a Napoli. DOMANDA. Prima della sua raccolta di racconti “Le vie dei ritorni”, di cui abbiamo recentemente pubblicato la recensione sul sito larecherche.it, aveva già pubblicato qualcosa?
RISPOSTA. Ho diverse pubblicazioni nel campo degli studi classici, sia di carattere scientifico che scolastico.
DOMANDA. In quali ambiti spazia la sua scrittura?
RISPOSTA. Sempre nell’ambito degli studi classici, con particolare attenzione alla filosofia.
DOMANDA. Chi sono i suoi scrittori di riferimento? In “Le vie dei ritorni” cita Proust, ha avuto qualche influenza sulla sua scrittura?
RISPOSTA. Gli autori classici, i romanzieri russi e francesi, ma mi sono sempre nutrita di tutte le novità più rilevanti, di qualsiasi provenienza. Quanto a Proust, forse inconsciamente ha influenzato la mia scrittura, ma più sul piano filosofico e dell’indagine psicologica.
DOMANDA. Come nascono i suoi scritti? Ha luoghi o momenti privilegiati in cui scrive?
RISPOSTA. Scrivo ogni volta che emozioni o forti avvenimenti della vita personale e collettiva sollecitano l’immaginazione e la mia sensibilità, in genere nel silenzio della sera o delle prime ore del mattino.
DOMANDA. I racconti di “Le vie dei ritorni” come sono nati? Sono stati scritti nello steso periodo o coprono un arco di tempo più ampio?
RISPOSTA. Questi racconti sono nati come una specie di diario intimo in forma narrativa, quindi originariamente non destinati alla pubblicazione. Coprono un ampio arco di tempo.
DOMANDA. Nei racconti de “Le vie dei ritorni” parla spesso della guerra, è una esperienza che ha vissuto direttamente o attraverso racconti di altre persone?
RISPOSTA. La guerra è un’esperienza che ho vissuto direttamente, riportandone molti drammatici ricordi, ma anche una profonda conoscenza della vita che mi ha fortificata.
DOMANDA. Nel racconto “Alla radice del male” parla di un errore giudiziario, ha preso spunto da un fatto reale? Voleva essere polemica con il sistema giudiziario?
RISPOSTA. Né spunti da fatti reali né alcuna polemica nei confronti del sistema giudiziario, bensì una presa di coscienza degli effetti devastanti che l’incomunicabilità, rappresentata metaforicamente nella “prigione”, può avere sull’animo umano, quando diventa tale da trasformare una persona, agli occhi del mondo, ma certamente di un mondo “miope”, diversa da quella che in realtà è.
DOMANDA. Nel racconto di chiusura della suddetta raccolta parla di odio razziale e di campi di sterminio, le sembra che il mondo non sia progredito molto da allora?
RISPOSTA. Indubbiamente vi sono stati dei progressi, ma improvvisi rigurgiti di razzismo rivelano che il seme dell’odio contro chi viene considerato “diverso” ancora cova sotto la cenere, pronto ad esplodere non appena se ne presenti l’occasione.
DOMANDA. Prendendo due dei suoi protagonisti si sente più Giulia o Miriam Neumann, ovvero si sente più osservatrice o protagonista degli avvenimenti?
RISPOSTA. In realtà mi sento più Claire, la giornalista che a ogni costo vuole giungere alla verità, una verità con cui finisce per confrontarsi giorno dopo giorno. Ma molte le affinità con la forte e dignitosa Giulia Neumann, legata al suo Elia da un amore che va al di là della morte.
DOMANDA. Quali sono i suoi prossimi progetti editoriali?
RISPOSTA. Non parlerei di progetti editoriali, ma piuttosto di tante idee che si affollano e urgono nella mente, finché ad un tratto prendono forma nella scrittura perché non si può più trattenerle, sostenute, tuttavia, dalla speranza che siano condivise da chi legge e soprattutto ne raggiungano il cuore. E’ questa la più grande ricompensa.
DOMANDA. Ha qualcosa da dire a chi vuole intraprendere la strada della scrittura?
RISPOSTA. Di credere fino in fondo in ciò che si scrive, senza pregiudizi né condizionamenti di sorta: le parole verranno fuori da sé.
(a cura di Giuliano Brenna)
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