a Carlo BoArrivò il giorno del processo ed era la Parola
con gli occhi a terra, triste per l'assassinio
della vita, stretta tra due guardie del corpo.
Senonchè di parlare le fu dato e s'alzò in piedi,
intorno crepitavano i fiati accesi, l'odio, le risate.
Ognuno in aula si sentiva offeso del poco amore
obliato e per quella luta presente che diviene
passato.
Ma Lei, punita, accusata, contorta,
metafora distorta, rendeva viva la parola morta
sulle tue labbra, tenero Compagno che dici
amore
e non accadde altro che un coito immaginato.
Ogni giorno io salvo la Parola (suo celeste
avvocato) alle rive del mondo, le respiro il mio
fiato e vedi che bel popolo di donne, di liete
imprese, d'avventure. Il passato che diviene
futuro, non è stato. Se non accade al mondo, perchè
muore?
Il giudice, feroce l'ermellino ancora vivo sopra
le sue spalle che lo mordeva con i denti aguzzi,
diede un segno esemplare. (Io - la parola - ero
un po' sconvolta.) Presi il suo posto e giudico
davvero chi uccide la Parola.
[ Tratta da
http://marzialunni.blogspot.com/2011/02/il-destino-della-parola-per-maria.html ]
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