TESTI delle PIRAMIDI
Sono conosciuti e convenzionalmente chiamati Testi delle Piramidi, quegli scritti geroglifici incisi sulle pareti di camere sepolcrali di alcune Piramidi risalenti alla V° ed alla VI° Dinastia. Precisamente a quella di Unas, (V° Dinastia) e dei Sovrani Pepi I°, Merenra e Pepi II° (VI° Dinastia).
Si tratta di Formule ed Incantesimi, (Rew ed he-kau), le cui concezioni, a volte anche primitive e discordanti tra loro, venivano redatte ad esclusivo beneficio del Sovrano defunto: un lasciapassare che gli permetteva di raggiungere il Sole-Ra, nel Cielo.
Secondo l’opinione di molti studiosi, tale concezione sarebbe nata dalla filosofia religiosa dei preti di Eliopoli, che fecero dell’Aldilà un Paradiso Celeste a cui il Sovrano ascendeva assumendo la forma di uccello, aspirando il fumo dell’incenso o facendosi sollevare dai venti.
In questi Testi, infatti, vi sono descritti i Sekhet-Hotep (Campi delle Offerte) e gli Hotep-Jaru (Paradiso Celeste).
Verso la fine della VI Dinastia, una rivoluzione democratica, però, riconobbe anche al defunto comune il beneficio di tale “Paradiso”.
Alle raccolte filosofiche-religiose già presenti nei Testi delle Piramidi, se ne aggiunsero molte altre: nuove formule e nuovi incantesimi che, a partire dal Primo periodo Intermedio, furono messe a punto e perfezionate.
Fino al Medio Impero, quando alla raccolta fu dato, (sempre convenzionalmente), il nome di “Testi dei sarcofagi”.
TESTI dei SARCOFAGI
Si trattava, invero, di testi redatti in geroglifici (ieratici e demotici) e di scene illustrative presenti sui sarcofagi oppure scritti su rotoli di papiro e posti all’interno di questi.
I “Testi dei Sarcofagi” conobbero varie evoluzioni rispetto ai “Testi delle Piramidi”.
Innanzitutto, in questi ultimi erano totalmente assenti le scene illustrate e in seconda analisi,
con i sarcofagi fanno la comparsa testi nuovi ed inediti, come quelli che vanno sotto il nome di:
- Libro dei Due-Cammini
- Libro della Am-Duat (l’Aldilà egizio)
- Libro delle Porte
- Libro delle Caverne
- ecc… la cui evoluzione parte dal Primo Periodo Intermedio e continuerà fino al periodo conosciuto come Epoca Tarda.
Il “Libro delle Porte”, ad esempio, risale addirittura alla XVIII Dinastia.
I “Testi dei Sarcofagi” (contenenti incantesimi e formule magiche) e il “Libro dei Due-Cammini”, (contenente un insieme di formule che aiutano il defunto a muoversi nell’Aldilà), costituiscono la fase di transizione con il “LIBRO DEI MORTI”, il più importante Testo Funerario della civiltà egizia.
LIBRO DEI MORTI
Così come convenzionalmente si era data una denominazione alle incisioni ed ai testi trovati nelle Piramidi e sui Sarcofagi, anche per queste nuove raccolte fu usato un nome convenzionale: “Libro dei Morti”
Un nome, forse, addirittura arbitrario: gli antichi Egizi, infatti, non avrebbero mai qualificato con il termine “morto” una persona umana…
Non secondo il nostro concetto: “morire” era, per quel popolo dalla complessa, straordinaria concezione filosofica, solo un “momento di transizione”. (vedere post: La complessa religiosità degli Antichi Egizi)
Per comodità, dunque, si è convenuto di dare all’insieme di questi nuovi scritti ed illustrazioni, il nome di “Libro dei Morti” e così faremo anche noi.
E’ utile, però, sapere da chi e quando, quei testi presero questa denominazione.
Fu l’egittologo tedesco Karl Richard Lepsius, quando fece una seconda traduzione del famoso papiro conosciuto come “Il Papiro di Torino”, dando alla raccolta il nome di Todtenbuch, ossia Libro dei Morti e così è rimasto fino ad oggi.
Il “Libro dei Morti” si sviluppò solo a partire dal Nuovo Impero.
Bisogna, però, fare una precisazione: non si tratta di un “Libro” e tanto meno di un “Libro Sacro”, paragonabile, ad esempio, alla Bibbia, al Corano o al Vangelo o a qualunque altro Libro Sacro. Si tratta, invece, di una Raccolta di Testi Magici e Incantesimi Funerari con inseriti Inni a Ra e ad Osiride, con la quale si voleva proteggere il defunto nel viaggio attraverso l’Aldilà.
Quelle formule, redatte su papiri, venivano pronunciate durante il rito funerario da sacerdoti funerari e i papiri, accuratamente arrotolati, venivano riposti nelle tombe in appositi cofanetti.
Il “Libro dei Morti” era anche una mappa per orientarsi nel percorso dell’Aldilà e neutralizzarne i pericoli, prima di raggiungere il Tribunale di Osiride per sottoporsi al Giudizio Finale.
Prima di parlare del più famoso “libro dei morti” degli Antichi Egizi, conosciuto, come si è detto, “Il papiro di Torino”, diamo un’occhiata alla DUAT o AMENTI: l’ALDILA’ egizio.
LA DUAT ci è presentata come un luogo di insidie e pericoli attraversata da spiriti inquieti incalzati da presenze demoniache.
Vi si accedeva attraverso il RO-Stsu, grande porta d’ingresso guardata a vista da tre demoni: Il Portiere, l’Araldo e il Guardiano, il cui compito era quello di impedirne l’accesso al Ka (spirito) del defunto.
A meno che non si conoscesse il nome di ognuno dei tre Demoni e li si pronunciasse nel modo più corretto e con la giusta intonazione di voce… dopo avere, naturalmente, riferito il proprio e il proprio ren, ossia il nome segreto..
Non bisogna meravigliarsi di questo. Ancora oggi la “giusta” intonazione della voce è necessaria nelle cerimonie religiose: vedi il muezzin islamico nella guida della preghiera corale o il rabbino ebreo nelle cerimonie religiose o il prete cristiano nella celebrazione della Messa (soprattutto Messa-cantata)
Attraversato il Ro-Stau, cominciavano le difficoltà… difficoltà di ogni genere.
Per cominciare, bisognava affrontare le Porte, almeno sette ed a volte anche dodici, sempre sorvegliate da tre demoni dall’aspetto inquietante e armati di mannaie e pugnali, prima di arrivare al Tribunale di Osiride.
Tra una Porta e l’altra, infine, vi erano insidie di ogni genere: Laghi di Fuoco, Paludi, Labirinti, Caverne, ecc… e poi: Coccodrilli, Leoni e Serpenti infernali.
Per ognuno di tali ostacoli, in verità, oltre a Divinità e Spiriti protettori, sempre pronti ad intervenire in soccorso, c’era il supporto della Magia: formule magiche da recitare sempre con la “giusta” intonazione di voce: necessaria e fondamentale se si voleva produrre l’incantesimo.
A questo servivano gli Scarabei, (di pietra o ceramica) depositati nelle tombe: ad incidervi sulle superfici formule magiche. Lo stesso scopo, naturalmente, avevano le formule incise sui rotoli di papiro.
Qui, di seguito, riportiamo alcune di quelle formule magiche:
- Formula per affrontare il serpente Apep (meglio conosciuto come Apofi):
“O Uno, che incateni ed afferri con violenza e vivi di coloro che sono indeboliti. Che io non sia immobile per te, che non penetri il tuo veleno nelle mie membra. Come tu non vuoi essere paralizzato, così non sia io paralizzato. Io sono l’Uno che presiede l’Abisso Primordiale e i miei poteri sono i poteri degli Dei. Io provengo da Atum. Io ho conoscenza.”
- Formula per non morire di sete:
“Che le Porte del Cielo siano schiuse a me e siano spalancate le Porte della Terra della Libazione di Thot e di Hapy…. Fate che io abbia potere sulle acque come Seth ebbe il comando sui seguaci il giorno del Disastro della Terra…”
- Formula per tornare tra i vivi dopo la morte
“O Unico (Osiride), splendente dalla Luna, possa io uscire tra la moltitudine tua. Possa io manifestarmi tra i Glorificati,che la Duat sia schiusa a me per compiere quel che mi piace sulla Terra tra i viventi.”
Il “Libro dei Morti”, dunque, è il termine con cui venne designato ognuno dei rotoli di papiro rinvenuti nelle tombe. Quei testi e quelle formule, però, non erano utili solo ai morti; lo erano anche ai vivi, poiché procuravano gli stessi benefici: contro le morsicature dei veleni, contro l’arsura della sete, ecc..
La formula introduttiva dell’intera raccolta, però, specifica quanto segue:
“… formule da pronunciare il giorno del funerale, giungendo alla tomba e prima di andar via…”
Spiega anche che le formule recitate sono: “… Parole Divine che sono scritte nel Libro di Thot…”
Era a Thot, inftti, Signore dei Geroglifici, della Sapienza e della Conoscenza, che gli antichi egizi attribuivano la scrittura dei testi.
Parole Divine: Medw Neter.
Parola, ossia Bastone: bastone per sostenersi.
Le Parole Divine erano Bastoni Divini da usare come sostegno, appoggio e mezzo di salvezza.
Attraverso, però, un linguaggio ed un uso della “Parola”, spesse del tutto incomprensibile per noi gente moderna.
Incomprensibile, infatti, per l’uomo moderno, che il defunto attraverso l’utilizzo di tali “Bastoni Divini”, possa “glorificarsi” e “diventare” simile a Divinità come Ra, Ptha, Osiride e perfino Sth, Signore del Male.
Il linguaggio è tanto più incomprensibile perché raramente si tratta di testi di preghiera o invocazione agli Dei, ma piuttosto di minaccia ed intimidazione. (vedi post…)
Tutto ciò, però, è possibile grazie alla Magia che, della Religione, era parte integramte e non certo subordinata.
Tutti quei testi, però, all’osservatore attento appaiono spesso alterati e corrotti. Ciò è dovuto al fatto che attraverso i secoli essi hanno subito variazioni, aggiunte, correzioni, ecc.. a causa dell’incompetenza o negligenza degli scribi copisti.
Questi, infatti, li copiavano e ricopiavano, trasferendoli dalle pareti ai papiri e viceversa, facendo spesso errori od omissioni.
Questi testi, (rotoli di papiri) generalmente erano redatti presso Templi (di Thot o di Ammon), ma spesso anche presso piccoli laboratori (a volte abusivi) con scribi-copisti non sempre all’altezza del compito.
E non si tratta, come si è già detto, di un’unica produzione, ma di raccolte varie e progressive nel tempo, provenienti da più parti e da varie epoche.
I primi esemplari furono scritti in geroglifici puri, successivamente subentrò la scrittura ieratica e infine quella demotica.
L’esempio di Libro dei Morti più conosciuto e meglio conservato è quello che va sotto il nome di” Papiro doi Torino”.
Si tratta di un esemplare perfetto sotto ogni punto di vista: grammaticale, ortografico; perfino nell’uso dei determinativi e dei colori.
E’ stato proprio su questo esemplare che gli studiosi di tutte le epoche e di tutto il mondo hanno condotto i loro studi e le loro ricerche.
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