Pubblicato il 30/03/2008
CAPPUCCETTO ROSSO AD AGROPOLI
Circa mille anni fa viveva in una vecchia baracca presso Trentova una vecchietta tutta solitaria che aveva come unico contatto col mondo la visita della nipotina che un giorno sì ed uno nò veniva a trovarla per portarle qualcosa da mangiare. La nonna di Cappuccetto Rosso, dovete sapere, non aveva nè la pensione di invalidità, nè quella della vecchiaia e nemmeno l’accompagnamento perchè allora le ASL non erano ancora state inventate. La vecchia si muoveva poco dalla sua baracca che somigliava di più ad una capanna. Aveva infatti una sola stanza nella quale conviveva col suo cane, un vecchio randagio mezzo rognoso che non avendo niente da mangiare se ne andava la mattina presto sulla spiaggia a pescare: E siccome a quei tempi non esistevano le reti a strascico, il mare era così ricco di pesci che molti di questo si facevano pescare da soli: si gettavano sulla spiaggia ed i pescatori non dovevano fare altro che buttarli nel cestino. Il cane si era talmente abituato a questo tipo di pesca che ogni mattina pescava in tale quantità da rimanere sazio anche per due o tre giorni. Molto spesso portava anche qualche lisca al maligno gatto che però pure lui si arrangiava perchè i topo in quel tempo non mancavano nella casa della nonna di Cappuccetto Rosso. Ma il venerdì il gatto non mangiava carne e quindi il pesce fresco almeno una volta la settimana era per lui un pasto che non gli permetteva di infrangere i dettami della sua religione. I topi che allora esistevano a Trentova erano del tipo campagnolo, con la coda lunga, gli occhietti vispi e le orecchie lunghe. Quando avevano le orecchie lunghe i topi erano ricchioni, esistevano però anche dei topi con le corna: la moglie di questi topi veniva anche chiamata zoccola e se era grossa anche zoccolona. Il gatto aveva paura di competere sia con i mariti che con le mogli: - Stare lontani dai mariti cornuti e dalle mogli zoccole è la prima norma di chi vuole vivere tranquillo. Di gatti a Trentova non ce n’erano molti perchè gli abitanti del posto ogni tanto li scambiavano per conigli e se li cucinavano nel forno a microonde. Il gatto era zitello ma oramai si era così abituato a vivere da solo che non sentiva più il bisogno di fare sesso. Questo anche perchè non lo aveva fatto mai e quindi era vergine. Il vecchio cane, invece, la moglie ce l’aveva. Una vecchia cagna randagia abbandonata dalla moglie di un vigile urbano del paese che si era stancata di vederla sempre incinta in attesa di una dozzina di cagnolini che poi lei doveva sistemare tra le sue amiche facendo gli annunci su quei giornali specializzati di inserzioni gratuite. Ma anche questa poveraccia, quando si accorse che il marito era impotente e non poteva più fare sesso, dalla disperazione di dover vivere a Trentova con un marito che non serviva a niente, si buttò da un burrone nei pressi di Teresino e si suicidò. La nonna di Cappuccetto Rosso prese il cellulare e chiamò il 118 che arrivò dopo quattro giorni quando oramai la cagna era già morta da tempo. Il vecchio cane, comunque, a furia di mangiare pesce come un gatto, non abbaia più ma miagola e quando parla in casa tutti i topi scappano. Un mattino che faceva freddo, era il trentadue di febbraio dell’anno 1100 di cilindrata, e la piccola Cappuccetto Rosso stava portando il pranzo alla vecchia nonna che aveva comperato la mattina alla tavola calda in Piazza Garibaldi. Una vaschetta di alluminio con due razioni di pasta e fagioli e mezzo pollo di pollicultura allo spiedo. Come contorno una razione abbondante di patate al forno ed assieme anche un fiasco di vino doc del Cilento che aveva comperato la sera prima al Discount. Nel mentre stava facendo la strada per arrivare alla campagna, uscì da dietro un albero Peppo ‘o rattuso, detto anche Lupo Cattivo. - Senti bambina. Tu sei molto buona e se ti fermi a parlare un poco con me ti dò un bel sacchettino di Fonzies e due kinder al cioccolato. – - Brutto Lupo Cattivo, vai a farti fottere se nò ti prendo a calci in culo...- - Perchè mi tratti così! – - Perchè sei uno sporco pedofilo e se non ti togli subito dalle palle chiamo il Telefono Azzurro e domani tutti vedranno il tuo volto su Canale 5. Hai capito. Smamma!!! – - Va bene, va bene. Ma posso almeno accompagnarti dalla nonna? – - Certamente che puoi, ma non farti venire certe idee in testa perchè se dico tutta alla mamma e la mamma lo dice al babbo quello prende la rivoltella e ti viene a sparare dovunque ti trova. – Fecero assieme la strada e dopo due o tre chilometri arrivarono nella capanna della nonnina che stava a letto perchè faceva molto freddo. Avevano tutti e due le scarpe sporche perchè il giorno prima era piovuto e poi non avevano potuto prendere il pulmann perchè la SCT nel Medioevo non era ancora stata inventata. - Nonnina, perchè porti le lenti a contatto? – - Per vederci meglio! – - Bella nonnina – riprese il vecchio pedofilo – perchè ti sei messo la dentiera? – - Per mangiare meglio! – rispose la vecchietta. La nonna di Cappuccetto Rosso sapeva che Peppo era un pedofilo e quando questi le domandò: - Bella nonnina, quando anni hai? – Lei, che avevo oramai ottantadue anni e da cinquantaquattro non andava con un uomo, per approfittare della situazione, rispose: - Tengo undici anni appena e sono ancora minorenne! – Ma non appena Cappuccetto Rosso si accorse che Peppo il pedofilo si voleva fare la nonna, telefonò al 113, arrivarono le guardie, gli misero le manette e lo portarono a Vallo della Lucania dove il vecchio sporcaccione restò per trecentosettantadue anni, in una cella di rigore, in isolamento, senza vista panoramica sul mare, fino a quando non fu liberato da una terribile orda di Vandali presso i quali egli trovò occupazione come guardiano dei bambini dell’asilo fino a quando uno di questi lo investì col suo motorino Piaggio nuovo fiammante ed il vecchio pedofilo crepò e andò diritto all’inferno dove i diavoli quel giorno fecero gran festa e dalla contentezza fecero anche due ore di straordinario non retribuito. Il sindacato non protestò e Cappuccetto Rosso visse felice e contenta con la nonna, il vecchio cane ed il gatto.
Dal libro “CILENTO MACILENTO”, di Catello Nastro, ed. “Il Cilento nuovo” 2004
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