Ifigenia condotta in sacrificio,
Tra le grida acute di coloro che la piangono,
Serenamente cammina con la luce,
Il suo viso voltato verso il vento,
Come vittoria a prua di una nave,
Intatta distrugge tutto il disastro.
Parto da questa poesia di Sophia de Mello, poeta donna portoghese del Novecento, per introdurre l'antologia poetica, tutta al femminile, curata da Giuseppe Vetromile.
Le autrici antologizzate sono sedici: Lucianna Argentino (Italia), Victoria Artamonova (Russia), Gaetana Aufiero (Italia), Floriana Coppola (Italia), Ulrike Draesner (Germania), Federica Giordano (Italia), Anila Hanxhari (Albania), Giovanna Iorio (Italia), Amalia Leo (Italia), Ketti Martino (Italia), Vera Mocella (Italia), Rita Pacilio (Italia), Regina Célia Pereira da Silva (Potogallo), Monika Rinck (Germania), Anna Tumanova (Russa), Vanina Zaccaria (Italia).
Non riporto qui poesie delle autrici né stralci della bella presentazione del curatore poiché, appena apro il libro, trovo scritto: “È vietata la riproduzione, con qualsiasi mezzo, di questo libro o parte di esso senza l’autorizzazione della casa editrice.” (Riguardo a simili avvisi, per quanto leciti, esporrò il mio pensiero in altro contesto).
Pertanto uso la mia traduzione del testo di Sophia (tratta dalla raccolta “Coral”, Editorial Caminho) per introdurre il tema di questo lavoro corale in versi.
“Serenamente cammina con la luce”, “Intatta distrugge tutto il disastro”. Ebbene, in due versi, Sophia, mette in luce la grandezza della donna Ifigenia, con la quale le sedici autrici sopra citate, come il bel titolo “Ifigenia siamo noi” lascia intendere, in qualche modo si identificano. Una sintonia di voci si eleva dalle belle pagine dell'antologia ma i versi di queste donne capeggiano altre voci al femminile, non solo poetiche, che mi risuonano dentro, voci importanti e note ma anche voci sconosciute, vive nella nostra epoca o in altre, che hanno saputo indicare e percorrere, talvolta con enormi sacrifici, la strada verso l’uguaglianza dei diritti, civili e intellettuali, al di là dei generi. Penso anche ai molti uomini che le hanno accompagnate, spalleggiate, sostenute, imparando, anche da esse, a esprimere forza, vigore, tenacia, dolcezza. La storia umana ha visto numerose donne di tale fatta, sono molte le immagini che ci accompagnano e scuotono le nostre coscienze, senza limiti di età o condizione sociale; donne bambine o donne anziane, talvolta piccole e piegate nel fisico ma, in ogni caso, potenti nella volontà, autorevoli sul “campo di battaglia” della vita.
Vetromile, un uomo, ci presenta, con rara finezza selettiva, sedici donne diverse e uniche. Si leggono versi che non abbassano mai lo sguardo, sono vigili, non presuntuosi ma sinceri; chi li ha composti procede, nella diversità culturale, nazionale e cittadina, con “il viso voltato verso il vento”, “Come vittoria a prua di una nave”, verso il destino che la quotidianità loro riserva. Non ci troviamo a navigare in grandi sistemi esistenziali ma nella vita di tutti i giorni, nella fedeltà verso un intento, quello di raggiungere terra veleggiando con la poesia, talvolta esposte alle intemperie ma placando il mare, come Ifigenia, con il proprio sacrificio, piccolo o grande, che il raggiungimento di ogni meta richiede.
Penso al bel testo “What is poetry?” di Ulrike Draesner, uno dei più emozionanti, almeno per me, dell’intera selezione poetica, in cui si toccano vette sublimi di poesia a partire dall’esperienza di una donna intenta alle faccende di casa. Così come le poesie, dal gentile e tragico sapore mitologico, di Vanina Zaccaria che incontrano Ifigenia nel luogo del suo inganno e sacrificio, dove le figure maschili sono colpevoli della violenza, un dettato a cui fa eco e rimando la poesia di Federica Giordano, che dà il titolo all’antologia o al cui titolo, viceversa, si è ispirata per comporla (non so), in cui si denuncia la retorica dei gesti e si denunciano i sacrifici che ancora avvengono nell’indifferenza. Scorrendo attentamente i componimenti delle poetesse ci si imbatte in primizie poetiche salde come le due già citate o come “Le dodici pietre” di Giovanna Iorio, o le quasi preghiere-riflessioni insistenti di Lucianna Argentino, rivolte a un Tu che si spera ascolti: la donna rivela sé stessa, quella parte sconosciuta e personale che può sfuggire forse anche a un dio. E poi ancora Gaetana Aufiero con la sua “Per le tessitrici del Nepal”, in lotta per la vita, i cui corpi sono offesi. Per passare poi alla russa Victoria Artamonova che percorre lembi di terra e confini in cerca di una casa che sia pace. Floriana Coppola, col suo poema alla maternità, “Non sono che la madre”, tesse meditazioni in fluidi simbolismi. Anila Hanxhari, dai cui versi trapela la sottile rabbia femminile per costrizioni subite e ferite. Amalia Leo ci regala, invece, tra le altre, le poesie “Ritratto” e “Donna” che sono favolosi autoritratti di donna: desiderio e rivendicazione di azione, lotta, forza, consapevolezza e non temuta debolezza. Ketti Martino, con la sua “L’Io rifugio”, dichiara l’incolpevolezza della donna, annientando quel maledetto e inopportuno senso di colpa arcaico legato al frutto proibito, un invisibile tormento che può essere annullato nella luce della ragione. Vera Mocella sancisce la debolezza del tempo e nell’eternità trova il vero gioco dell’esistenza umana. Rita Pacilio, con la solennità rovente del suo “Il mare tracannato”, mette in scena la tragedia dell’esodo e del naufragio in strofe cadenzate di tre versi.
Da una poetica all’altra leggiamo questi poeti donna con la gioia e la tragedia che la poesia è capace di condurre anche nello sguardo, infatti, le scelte compositive s’intrecciano, si rassomigliano ma si diversificano nel carattere personalissimo di ogni autrice. Alcune di loro le conoscevo, altre no, così, di sorpresa in sorpresa, procedo e incontro la portoghese Regina Célia Pereira da Silva, compaesana della mia amata Sophia de Mello i cui versi hanno aperto questa mia lunga nota di lettura. Pereira da Silva ci regala poesie a cavallo della modernità e della classicità, in cui ragione e anima rimandano l’una all’altra ma alla fine è l’Amore che va liberato e seguito-perseguito per congiungere l’uomo alla verità; per quanto riguarda l’arte, essa è l’unica realtà oggettiva, i pensatori-critici generano idee molto soggettive, destinate talvolta al nulla.
La russa Anna Tumanova, afferma l’unicità di ciascuna persona umana su questa terra, con la sua poesia “La preghiera” eleva la voce (ma forse sarebbe più appropriato dire il canto) sulla terra degli uomini, non chiede di cambiare molto, chiede unità e pace per ciascuno ma nelle varie e diverse realtà sociali e personali in cui ognuno si trova a vivere, per scelta o destino che sia; non una pace astratta o una unità vaga ma incarnate nel personale stato esistenziale di ognuno: il viaggiatore possa trovare la casa del riposo notturno, il vagabondo la sua fetta di pane. Infine, eccoci a cavalcare la poesia della tedesca Monika Rinck con la sua finemente elaborata poesia che si sviluppa in versi estesi, quasi prosa; in “Sense” ci dona una sottile meditazione sulla libertà e i limiti dell’azione umana – per capirci, non potendo riportare esplicitamente i suoi versi, che peraltro scendono molto nel concreto, generalizzo in questo modo: non posso darti o fare questo o quello ma posso permetterlo o non permetterlo; in questo o quello metteteci tutto quello che volete, tipo: libertà, morte per fame, eccetera.
Concludo ringraziando il curatore Giuseppe Vetromile per questo ottimo lavoro antologico e anche l’editore per averlo pubblicato. Auspico un secondo volume.