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Dell’Essere e Dello Scrivere e Altri Sogni

di Domenico De Ferraro
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Pubblicato il 22/01/2011 16:21:49

DELL’ESSERE E DELLO SCRIVERE E ALTRI SOGNI



Una personale delusione ho covato in me per diverso tempo caratterizzando così profondamente la mia esistenza.
Non essere mai riuscito a laurearmi in lettere e filosofia.
Disciplina universitaria ove coltivavo gloriose ambizioni.
Costretto a tralasciare tale arte e studiare chimica per far contenti i miei .
Perseguendo così l’orme di mio nonno materno insegnante
di Chimica e Fisica al nostro locale liceo per oltre trent’anni .
Divenire professore , rispettato e riverito con una laurea
scientifica da mostrare al pubblico che avrebbe dato ai miei
una particolare soddisfazione , piccola borghese .
Un orgoglio familiare riflesso nella mia persona.
Ma io sempre d’indole ribelle ,iniziai molto presto a fare scaramucce
con i miei compagni di classe elementari per finire
diciottenne con il calpestare la coda del gatto della preside
far cadere il parrucchino dalla testa del professor d’italiano,
filmare su yuo tube mentre era in bagno la bidella.
Mi ritrovai cosi rimandato o bocciato per diversi volte.
Mio padre disperato mi mandò a lavorare nei campi
perché imparassi cosa significa il sudore che scende
lungo la schiena. Con i soldi guadagnati in quei lavori saltuari messi da parte ,scappai di casa. Rimasi quattro mesi tutta una estate in giro per l’Europa.
Ai miei per poco non gli prendeva un accidente.
Tutta colpa mia, mi riproverai di ritorno dall’Inghilterra, dopo che mio padre ebbe poverino il suo primo infarto e io per farlo contento
mi rimisi a studiare seriamente .Giunsi alla laurea in matura età
quando il mio povero Babbo ammalato sempre più non esalò il suo
ultimo respiro. Furono anni duri.
Per la città andavo girando come un matto ,non sapevo cosa fare.
Mia madre poveretta mi stava assai vicina io per consolarla mi misi a far concorsi
per tutta Italia, vinsi così al fine dopo tanto studio a Genova in una industria petrolchimica un posto di ricercatore.
Quando sembrava la mia vita fosse giunta a quietarsi
incontrai Carla , sei mesi di fidanzamento e lei rimase incinta
mi sposai in fretta e andai a vivere a Milano con una borsa
di studio presi posto al Politecnico come assistente universitario.
Dante nacque a Natale ed io felice come non mai, stappai
diverse bottiglie di spumante e invitai tutti i colleghi compresi
i vicini di casa ad una grande festa.
La mia vita sembrò prendere una felice seria svolta.
La pace regnava tra le mura domestiche della mia bella
casa in affitto su in collina, dove dominavo con lo sguardo l’intera città .
Non abitavo più a Milano, ero tornato alla mia piccola città in provincia d’Avellino.
Insegnavo adesso alla scuola superiore Alessandro Volta, Chimica Organica .
Insegnare ai più giovani formule e composti chimici
mi dava un senso di profonda maturità.
Mi sentivo bene in pace con me stesso, fin quando non ebbi
la sfortuna di rincontrare un mio vecchio amico di scuola
patito per la poesia e l’arte in genere.
I nostri incontri si consumarono dapprima al bar del centro la sera di ritorno da lavoro, declamavo opere e poemi scritti in segreto.
Incominciai a leggere e studiare m’ appassionai talmente alla letteratura
fu per me ridestare antichi demoni sopiti .
La frenesia dello scrivere improvvisamente s’impadronii di nuovo di me.
La notte rimanevo fino a tardi chiuso nella mia camera
a scrivere o tentare di scrivere racconti d’avventura
o le mie personali emozioni autobiografiche.
In classe il mattino m’addormentavo nella stanza dei professori.
Cosa che addirò il preside .
Non si dorme in servizio professore.
M’ammonì con aria severa diverse volte.
La sera vada a dormire presto la mattina la vogliamo fresco e pimpante.
Divenni piccolo piccolo arrossi di vergogna e quasi
non seppi giustificarmi il mio comportamento.
Volevo creare una grande opera , qualcosa di memorabile da lasciare ai posteri.
Faticai a lungo per trovare trame e generi che piacessero
a tutti, grandi e piccini. Alfine incominciai a scrivere l’unica cosa che conoscevo bene me stesso , le mie abitudini le mie piccole avventure quotidiane divenivano argomento per favole e racconti ,poesie e canzoni. Fu un duro lavoro.
Spesso mi fingevo ammalato ,per stare chiuso in casa a scrivere . Mia moglie , mia madre tutti i miei familiari, incominciarono a preoccuparsi . Per essere sicuri io non fossi veramente fuori di senno , mi fecero visitare da un noto medico psichiatra che diagnosticò di essere io di sana salute psichica rilevando solo una sostanziale depressione in corso che come un morbo oscuro s’era impossessato del mio spirito al punto da non farmi uscire da casa per giorni interi.
Furono quelli dei duri momenti della mia vita , in preda a turbolenti stati d’animo
che difficilmente riuscivo a controllare rimanevo per giorni senza parlare.
Mia moglie non mi fece mai pesare quei miei deliranti confusi stati d’animo.
Mio figlio Dante cresceva velocemente .
Io invecchiavo ogni giorno sempre più e navigare nel mare
Tenebrarurum era diventato per mè un bisogno di cui non riuscivo più a fare meno.
Scrivere la storia d’uomo qualunque anche sé in fondo si tratta
di se stessi è un esperienza difficile e delirante che ti svuota anima e corpo .
Impari a conoscere meglio i difetti le debolezze umane attraverso i personaggi
che andavo creando vere metafore filosofiche sulla natura umana.
Il vizio o la virtù di un personaggio che nasce, cresce e vive
nei propri scritti ,vivere le proprie disavventure una realtà lucida e spietata . Scrivere, significa essere quello che vuoi ,un principe, un capitano d’industria un misero operaio di periferia che stenta ad andare avanti con i pochi soldi cha guadagna al mese.
Puoi essere un eroe o un deficiente un folle o un giusto .
puoi vivere tempi e luoghi , aldilà del bene e del male.
Il mio principale personaggio del mio mastodontico e illusorio
capolavoro letterario era un uomo mite con non molti grilli per la testa un po’ mastro Geppetto del pinocchio di Collodi un po’ Don Chischiotte del Cervantes ,uno nessuno e centomila del Pirandello per rendere chiara l’idea di chi fosse il protagonista
del romanzo di mia invenzione.
La sera andavo a dormire sognando il mio libro pubblicato
in posa nelle vetrine di tutte le librerie d’Italia.
Mi vedevo invitato in famose trasmissioni televisive .
Assediato dai fans o da mille editori in cerca dei miei lavori.
La mattina mi svegliavo con tali incubi ,sudato fradicio
finivo per andare a lavoro bastonato e a testa bassa.
Il preside mi sorvegliava.
La classe con i suoi quaranta ragazzi turbolenti in quell’ ore
di lezioni divenivano un girone infernale .
Passarono così diversi anni .
Il libro non lo terminai mai, mi fermai a pagina cinquantaquattro.
Da lì fù difficile andare avanti , trovare una strada narrativa per giungere alla trecentesima pagina di mia iniziale ipotesi letteraria.
Le pagine elencavano e narravano cose orrende e turbolenti
fatti e fattacci visioni e spettri paure e altre turpe psichiche
che non vi sto qui a raccontare.
Il libro divenne in fondo l’oggetto segreto del mio vivere la cosa a cui più tenevo.
Il mio isolamento dal resto del mondo derivava dal quel fatto editoriale .
Così avvolte identificavo troppo la mia vita quotidiana con quella da me inventata .
Il falso succedeva al vero, confondendosi ,generando
dei mostri orribili calligrafici..
Dopo diversi tentativi d’abbozzare una storia originale e unica
lasciai cadere quel manoscritto pieno d’errori ortografici
sul fondo del cassetto della mia scrivania.
Lo sognavo spesso completato e pubblicato l’ elaboravo nel mio silenzio nei giorni di maestro o di padre amorevole la lucida limpida trama fantastica.
Un best seller italiano, creato dalla mia fantasia
d’uomo alle prese con il demone dello scrivere.
La frenesia dello scrivere il sondare l’animo umano
le mille facce interiore d’una realtà fenomenologia attiravano
Il mio interesse di studioso.
Lessi centinaia ,migliaia di libri in proposito .
Quella cultura introspettiva così radicata nell’interiorità dell’individuo, creavano in me una fuga dalla grigia quotidianità.
Presi a condurre bella vita, girando per musei e gallerie
passando giorni chiuso in biblioteche .
Inseguendo muse ignude per i boschi sacri sulle pendici del mio parnaso.
Maschere antropomorfiche destavano in me inquietudini
Interiori .Volevo vivere e tiravo a campare
girando tra circoli e club declamando i miei versi sibillini
al mesto pubblico, accorso entusiasta agli incontri poetici
organizzati da diverse associazioni .
I partecipanti a questi riding in genere era gente qualunque
Ragazzi , perditempo e ubriachi di ogni ceto sociale..
Giornalisti dall’aria critica, intellettuali all’avanguardia .
Le serate erano giubilare ,io recitavo canticchiando versi
di mia fattura ispirati alla storia letteraria, tradizionale locale .
Un mixer di mia invenzione ad effetto allucinante lirico spastico
che facevano addormentare di botto e poi svegliare di colpo
il lettore facendolo saltare dalla sedia e applaudire
calorosamente alla fine della lettura .
Entusiasta recitavo , versi sciolti di ringraziamento svanivo
nella sera per rifugiarmi nella mia stanza d’albergo
dove vivevo da solo separato ormai da mia moglie e mio figlio .
M’ero ridotto ad essere ,calvo e barbuto trasandato bohemien e nel proseguire quella vita avevo finito per perdere anche il posto
di lavoro ,mi ritrovai così sul lastrico e per campare
davo qualche lezioni private d’ inglese a gli studenti liceali
d’una scuola vicino alla mia pensione ove alloggiavo.
Qualche sera avvolte indossavo la giacca bianca del cameriere e servivo ai tavoli d’una trattoria Al grappolo D’uva .
Guadagnavo discretamente rincorrendo i miei progetti letterali
mi ritenevo felice ,ma in fondo a me stesso affogavo
in un lago nero di delusioni ed amarezze.
Divenivo assai triste quando ricordavo d’aver lasciato
soli mia moglie Carla e il mio piccolo adorato bambino Dante.
Provai a farmi perdonare ,volevo ritornare indietro seppellire
quel passato che m’aveva reso trasandato e vagabondo.
Ritornare in seno alla mia famiglia far pace con mia moglie
cosa che non fu più ahimè possibile, poiché lei adirata
e offesa dal mio comportamento era divenuta convivente
d’un giovane facoltoso medico dai sani principi.
Furono per mè momenti dolorosi e crudeli.
La notte non riuscivo più a dormire pervaso da ricordi
e sconfitte presi a scrivere un lungo romanzo
in versi che finito inviai ad un editore famoso di Milano.
Egli mi fece partecipare ad un noto premio nazionale
con mia gioia, il libro fu premiato come miglior scritto inedito.
Dopo avuta quella memorabile personale soddisfazione.
Mi recai sbarbato e ben vestito a casa della mia ex moglie .
Volevo riabbracciare il mio piccolo Dante non volevo più separarmi da lui.
Fu un momento toccante, lo ricordo ancora ora con le lacrime a gli occhi.
Lui giocava sulle scale nell’androne principale
del palazzo di via Morelli insieme ad altri suoi amichetti.
Stentai nel riconoscerlo a prima vista.
Quando lui era cresciuto e fattosi alto.
Poi l’istinto mi fece avvicinare a lui, l’abbracciai e piansi
in quel mentre scendeva Carla giù dalle scale , carica della
spesa fatta al supermercato mi vide si fermò emozionata
gli caddero da mano le buste di plastica.
E farfugliando chiamandomi per nome Giacomo s’avvicino
al bambino piangendo e disse:
Credevo che non ti avrei mai più rivisto .
Ti ho reso infelice Carla non sai quanto mi dispiace
voglio ritornare a vivere con te farmi perdonare di tutto il male fatto.
Ho bruciato ogni libro e ogni mio quaderno di poesia.
Voglio ritornare ad essere come prima.
Un uomo normale con moglie e figlio .
Ciò che ho passato mi ha maturato e cambiato molto .
Perdonami ti prego.
Non è più possibile Giacomo ora vivo insieme ad Angelo
gli voglio bene e anche Dante si è affezionato a lui .
Va via per favore prima che lui ritorni e andato a parcheggiare l’auto
nel garage qui vicino.
Non voglio che Dante capisca ciò che stà succedendo.
Ma io ti amo Carla tu e Dante siete la mia vita io non posso
vivere senza di voi.
Per favore Carla dammi un’altra possibilità
Ti prometto sono cambiato ,non leggerò più neppure
il giornale del mattino sé tu vuoi.
No Giacomo te lo ripeto è troppo tardi .
Tu hai voluto provare , avere le tue esperienze ,hai infranto
le regole e i doveri di marito e padre adesso e difficile
cerca di capirmi, ritornare ad essere ciò ch’eravamo prima.
Mentre la discussione s’accendeva ecco giungere alle mie spalle Angelo .
Tolga subito le mani di dosso da quella donna mi gridò
s’allontani immediatamente , ho chiamo subito i carabinieri .
Ti faccio arrestare brutto manigoldo. Se non te ne vai….
Io rimango senza parole, poi cerco d’afferrare Dante e provare a fuggire.
Ma Carla mi strappa il bambino dalle mie braccia io perdo l’equilibrio mi giro inciampo e vado a sbattere con la testa sullo spigolo della scala di marmo.
Perdo sangue tanto,mi sento svenire vedo ombre bagliori
per settimane e mesi rimango in coma.
Disteso su un umile letto d’ospedale collegato ad alcune macchine che m’aiutano a respirare e sorvegliano il mio elettroencefalogramma .
Privo quasi di vita ormai l’unico mio modo per evadere dal quella mia inferma condizione di paralisi del corpo ,non mi restò che continuare a sognare ancora.
Sognare di aver sognato la mia vita ,sognare realtà immaginarie d’inenarrabile bellezza il mio ritorno a casa , i mie giorni pigri in compagnia di Carla con stretto tra le braccia il mio piccolo Dante.
Giungere ove mai uomo s’era avventurato nel mondo metafisico
ove è possibile incontrare spiriti ed entità sopranaturali .
Riuscire a parlare con il Buon Signore per poter ritornare
di nuovo a vivere tra coloro che un giorno m’amarono .
Un impresa difficile quasi sovraumana , prego intensamente.
Poi un mattino vedo una luce illuminare la stanza ,tra l’inteso
bagliore bianco e soffuso dei volti angelici ed una mano sento stringere la mia.
Un intenso calore riscalda il corpo, un fremito di vita corre dentro di me generando elettrici impulsi vitali, apro gli occhi lentamente vedo Carla e Dante piegati sul mio corpo inerme stringermi la mano.
Provo a sentire, odo una debole vocina dire:
Forza Papà…. Mamma ti ha perdonato .
Si Giacomo dice lei commossa :
Guarisci per noi ti rivogliamo insieme per sempre.
Come prima amore mio perdonami e tutta colpa mia.
Avrei dovuto starti accanto ,abbandonarti mai .
Provo ad alzare la mano ,mi sforzo a parlare.
An…ch..io vi vo…g.lio be..ne.
Non sono sicuro che loro mi hanno sentito ,sgrano gli occhi
vorrei saltare dal letto ma mi mancano le forze
così piombo di nuovo nell’oscurità .
Cosa dite Dottore Giacomo c’è la farà ad uscire dal coma.
La prego dottore mi dia una speranza io sono la mamma.
Una madre deve sapere come stà veramente suo figlio.
Signora su non faccia così ci sono buone possibilità .
Ho visto casi ancora più gravi destarsi da questo sonno
profondo e ritornare a vivere di nuovo .
La nostra fede è la nostra speranza.
Signora vedrà tutto passa e muta il tempo e il migliore dottore che ci sia al mondo.
Povero Giacomo era così buono e piangendo la povera donna
scende le scale dell’ospedale ,imbocca l’uscita e senza
neppure voltarsi indietro sparisce tra la folla .
Mentre Giacomo solo disteso sul letto forse in compagnia
di cavalieri erranti e dulcinee da salvare dorme e continua a vivere il suo immortale immaginifico sogno poetico, infinito, dolce, eterno.








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