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Mari Vallisoo
Parlano e volano
Poesie scelte
(1980-2011)
Traduzione dall’estone di Mailis Põld
A cura di Paolo Ottaviani
dall’introduzione di Paolo Ottaviani
La poesia di Mari Vallisoo si offre al lettore con il soffio discreto di una parola dotata di volatile leggerezza, in tono spesso dimesso, talvolta persino timoroso. Il titolo scelto - Parlano e volano - bene sintetizza lo spirito di questo poetare. Verso dopo verso, man mano che ci si concentra nella lettura, si avverte come un fluido misterioso che si insinua nelle vene poi ci si accorge di essere stati quasi rapiti, di vivere ormai in un enigmatico altrove.
Alcune poesie
Mio amico
Cantavo, amico mio, un canto,
spezzato dal mio cuore.
Così per cinquecento anni finché
non ho capito - il mio amico è sordo.
Poi dipingevo
animali e uccelli
e il miracolo delle vite umane.
Così mille anni sono passati,
ho capito - il mio amico è orbo.
Poi sono andata da lui. Ah amico,
tu, il più invalido degli invalidi!
Dell’amore non parlava.
No. Era muto.
In un luogo sacro
Una volta, amore mio, volevo
anche portarti in un luogo sacro.
Avevamo tutto. Pure il pane fresco
con marena sotto sale.
Avevamo molte carte. Compresi
alcuni biglietti della lotteria con la vincita.
Avevamo alcuni capienti barattoli
di marmellata di more.
Avevi le scarpe con i lacci tirati forte,
il bottone-sotto-il-mento invece aperto.
Ad averlo saputo che il ponte sull’Emajõgi
proprio oggi è stato riaperto,
il secondo ponte è rotto e il terzo,
si sa, ancora non regge.
Ad averlo saputo che il traghettatore
non ci avrebbe dato la barca
se non per un quarto di felicità.
(Poi lo richiederemo!)
Ad averlo saputo che nel luogo sacro
non saremmo mai arrivati.
Ad averlo saputo, ad averlo intuito,
saremmo andati senza problemi -
senza pensare a cosa mai quei muri
avrebbero continuato a mormorare di noi.
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