Pubblicato il 20/08/2008 14:24:19
Dedicata a Massimo Vaj, milanese di nascita che non detesta i romani. Nota dell'autore: anche io non detesto i milanesi ma il mio amico di Milano, invece che in cantina, lo tengo in cassaforte.
Ahò, ma la pianti che ciai da sonà? Si aspetti de secondi ‘na manciata, ‘nte se fredda mica l’insalata!
Ciai prescia?* E ando’ cori? Che sei de Milano? A no?... Sei romano?!? Ma nun ce lo sai che qui annamo piano? O almeno andavano quando povero nonno strascicava le gambe bruciate dar freddo ‘n trincea.
Mo pure noi, come l’artri coremo, sbuffamo salimo, scennemo, saltamo e biastimamo.
Se semo scordati de Roma, der Tevere lento, der sole ar tramonto che scivola piano perché nun vole aspettà ‘nantro giorno pe’ bascià sta Città.
Ma tu nun me senti e continui a sonà. Allora, lo sai mo che famo? Io spengo er motore, poi scenno, te faccio cor braccio piegato er saluto e, poi, me ne vado.
E mentre tu soni e rompi i cojoni,* me levo er cappotto e scenno giù ar fiume: me metto distesa a guardà li gabbiani, poi conto le nuvole e dico: “Anvedi che bella! Me sembra na nave che sarpa e, poi, se ne va”.
* fretta * licenza poetica
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