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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Il quadro e il glicine

Romanzo

Anna Maria Boffo
Rogiosi editore

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 26/09/2014 12:00:00

 

È dal 1764 che il romanzo gotico accompagna la vita della letteratura occidentale, conoscendo periodi più o meno fortunati, dopo il precursore Walpole molti autori ci si sono dedicati. Con l’avvento del cinema poi il genere gotico  ha avuto una autentica esplosione di estimatori soprattutto per il fatto di poter finalmente vedere in carne ed ossa – e fiumi di sangue – i protagonisti di vicende perlopiù ambientate in vecchi castelli, magioni isolate e dimenticate o semplici abitazioni cittadine in cui il soprannaturale ed il misterioso hanno deciso di insediarsi per tormentare le vite di malcapitati ed ignari personaggi, generalmente baciati da qualche iniziale letizia che finisce poi, inesorabilmente, come il minaccioso ticchettare di un immancabile orologio, di trasformarsi in sventura ed amarezza. Ma la paura da sola non basta a creare un buon romanzo gotico, l’intreccio con una linea di sentimenti, spesso puri e cristallini, contrapposti al buio e all’oscurità degli elementi terrorizzanti, consente di creare la solidità del romanzo e a costruire, nel finale, il “teatro” in cui bene e male si daranno battaglia per la supremazia di uno dei due. Viste queste premesse posso affermare che la brava autrice di questo romanzo ha rispettato tutti i “parametri” che il gotico suggerisce, abbiamo, infatti, alcuni personaggi animati dalla purezza dei loro sentimenti, altri invece dalla cattiveria, e a far da cornice al tutto la casa stregata che cela un terribile segreto. In questo caso la nebbiosa campagna inglese ha ceduto il posto alla soleggiata e sorridente Napoli, cambio che permette al lettore di assaporare quel brivido che coglie quando, da una strada soleggiata e tiepida si entra in un luogo in penombra e assolutamente poco rassicurante. La vena polemica che questo genere letterario ospitò nei secoli passati sarebbe stata qui anacronistica, l’autrice, con colpo sicuro, ambienta la vicenda nell’immediato dopoguerra, dandosi agio di raccontare la sopravvivenza della città nei disagi e nelle privazioni tipiche del periodo bellico. Detto questo credo che gli elementi per descrivere questo bel romanzo ci siano tutti, non mi pare corretto dilungarmi ulteriormente sulla trama per non rovinare le continue sorprese che l’autrice ha preparato per il lettore, posso solo dire che la lettura è godibilissima e terrà l’attenzione incollata alle pagine del libro, sino a giungere, con un sospiro, all’atteso finale, sede di tutti i chiarimenti e risoluzione di tutti gli elementi che contribuiscono alla trama del romanzo. L’autrice dimostra di avere un buon talento narrativo e abilmente costruisce un romanzo abbastanza affollato di personaggi ed elementi, ma trovano tutti una loro collocazione e peso nell’economia del romanzo, cosa che non è sempre così semplice, ma qui svolta in modo che oserei definire egregio. Molte delle situazioni hanno un gusto sentimentale ed intimista ma non sfigurano nel contesto del misterioso e del soprannaturale, ma lo completano e lo rendono caro e comprensibile al lettore, il quale saprà cogliere le delicate intenzioni della Boffo a voler far risaltare la forza dei sentimenti in mezzo alle sventure più temibili, siano esse dettate dagli eventi storici o da crudeltà personale. L’amore – e la famiglia - appaiono qua come i veri protagonisti del romanzo, autentiche fonti di energia positiva capaci di dare sostegno e conforto a chi ha la fortuna, e la forza, di costruirli attorno a sé. Questo romanzo saprà far sorridere e spaventare, commuovere e stupire, con un linguaggio ed una narrazione solidi ed efficaci, condotti con mano sicura e capace. Un ottimo libro di svago ed intrattenimento. 

 


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