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De brevitate vitae ( lettera dal mio diario)

di Alessandra Ponticelli Conti
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Pubblicato il 01/01/2011 10:31:10

Firenze 26 marzo 2007

Ho sognato di essere seduta accanto alla finestra, in un angolo della mia casa nel quale si respiravano solo ricordi. Erano talmente tanti da togliermi l'aria; li vedevo accumulati ovunque, accatastati come mucchi di libri. Uno sull'altro, riposti in modo disordinato ma tutti riconoscibili alla prima occhiata. Costole di volumi scortecciate e qua e là strappate dalle quali era comunque possibile ancora decifrare il titolo del libro. Ricordi piccoli e grandi: alcuni dalle copertine a colori, altri senza più copertina, altri ancora in bianco e nero. Non avevo nessuna voglia di metterli in ordine perché ero convinta che non sarebbe servito a niente. Sarebbe stato solo un modo per far crollare tutto. Intimamente sentivo che la mia vita era fatta solo di ricordi, di momenti passati che, paradossalmente, avvertivo sempre più vicini man mano che si allontanavano. Ad un tratto riuscivo a mettere a fuoco un'immagine di grandi dimensioni; una sorta di affresco colorato dalle tinte una volta vivaci che il tempo e gli eventi della vita avevano sbiadito. Era come se qualcuno avesse deciso, comunque, di coprirlo con una mano di vernice trasparente per fare in modo che si conservasse negli anni. Sì, quella ero proprio io, con mio marito e il mio bambino. Un'immagine serena, nella quale guardavamo avanti pieni di speranza, perché avevamo dato vita a un sogno: nostro figlio Gaetano: Avrei voluto distogliere lo sguardo, coprirmi gli occhi o chiuderli per sempre per non vedere più. Ma non potevo. Il mio bambino, sorridente, mi diceva di continuare a osservare quella scena. Stava a me decidere. Lui non sapeva ancora che la sua vita sarebbe durata appena diciotto anni e continuava a sorridermi chiedendomi di non smettere mai di guardare. " Perché?".
" Non c'è un perché, mamma", mi diceva. Ho deciso: d'ora in avanti resterò a fissare quella scena per sempre, fino alla fine dei miei giorni, illudendomi di non sapere ciò che la vita aveva stabilito di riservarmi poi. Non mi chiederò più come possa accadere che un ragazzo muoia, improvvisamente, senza far rumore, in una giornata di aprile, dopo avere tradotto il " De brevitate vitae", ma...ecco, adesso sembra che il mio bambino si sia addormentato; cercherò di fare piano per non svegliarlo, aspettando che lentamente il sonno prenda anche me.


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